CAPITOLO 19

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Le labbra continuavano a bruciarle come se le avesse appoggiate contro una stufa accesa. Sentiva il pizzicore di quel bacio diffondersi a macchia d'olio su tutto il viso.

Lui le aveva detto di andarsene e lei lo aveva baciato. Brava, Marlene... proprio quello che Victoria avrebbe voluto.

Scosse la testa pigiando sull'acceleratore. Erano solo le dieci di sera ma voleva fiondarsi a casa, farsi una doccia e terminare quella giornata davanti alla televisione con una gigantesca vaschetta di gelato.

Sì, voleva affogare tutti i suoi dispiaceri lì dentro.

Ho fatto qualcosa di male?

Quella domanda le rimbalzò nella mente. Le era sembrato così genuino, così fragile quando le aveva posto quel quesito. Dannazione, era stata così sciocca. Aveva agito d'impulso. Un impulso che non sapeva da quale parte del corpo era scaturito, se più dal cuore che dal cervello. Non era sicura che quella situazione fosse nata solo a causa del problema di Amos. Diciamo che quella, era stata la scusa a cui si era aggrappata.

Era già da tempo che voleva baciarlo. Da tempo che voleva sentire il sapore di quelle labbra e le sensazioni che poteva provare ad un loro contatto. Era inutile mentire a se stessa. Sapeva che la parte irrazionale di lei aveva agito d'istinto e questa fuga, era il rimasuglio della sua poca coerenza.

Se lo avesse scoperto Victoria, Dio... l'avrebbe odiata a morte. Avrebbe completamente perso la fiducia in lei, non solo, la loro amicizia sarebbe colata a picco.

Era questo che voleva? Diamine, no.

Una tremenda paura si impossessò di lei all'idea di perdere l'amicizia con la mannara. Non voleva assolutamente ferirla. Il bene che provava per lei era più forte di qualsiasi uomo che potesse interporsi tra loro.

Le lacrime sopraggiunsero con prepotenza. Ultimamente guidare in quelle condizioni diventava sempre più difficile. Si era accorta che piangere e guidare stava diventando un passatempo troppo comune per lei.

Si sentiva uno schifo, una vera merda. Era come se in qualche modo avesse tradito Victoria. Si passò la manica della maglia sugli occhi, cercando di pulirli dalle lacrime. I singhiozzi arrivarono subito dopo.

Era la peggiore situazione in cui era mai incappata in tutta la sua banale vita.

Da una parte c'era la sua unica e migliore amica, dall'altra l'uomo che le faceva battere il cuore come mai prima d'ora.

Non voleva scegliere ma doveva.

Mentre continuava a guidare nel buio del Michigan, con l'occhio notò al limitare della strada un gruppo di tre uomini che si spostavano con un certo sospetto.

Li fissò incuriosita, indossavano tute militari e occhialini dall'aria particolarmente sofisticata. Qualcosa di ultra tecnologico probabilmente. In mano ognuno di loro teneva un'arma. Per un attimo le sembrarono semplici cacciatori che facevano una notturna, poi guardando meglio si accorse delle armi particolari. Erano in tutto e per tutto simili a quelle del tizio che non era sopravvissuto in ospedale.

Trattenne il respiro e mancò poco che inchiodasse.

Quelli erano i cacciatori di mannari.

Un brivido l'attraversò come una scarica. Si impose di non rallentare ne accelerare. Doveva tornare a casa, non era compito suo intromettersi negli affari dei mannari.

Dallo specchietto retrovisore continuò a fissare quel mal assortito gruppetto. Continuavano a camminare sul bordo della strada osservando con quei strani occhiali dentro il bosco. Si chiese se fosse il caso di avvisare Amos, ora il suo numero lo aveva.

ARTIGLI - BACIO RUBATOWhere stories live. Discover now