CAPITOLO 27

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Il St. John Hospital & Medical Center era un brulicante vespaio di pazienti e medici. Come ogni giorno, l'ospedale assorbiva completamente le attenzioni dei vari operatori che si aggiravano fra le corsie con frenesia ormai abitudinaria. Non c'era giorno al St. John che non fosse pieno di mole da smaltire tra cui casi particolarmente difficili e terribili. Il personale ospedaliero, per quanto fosse in deficit numerico, svolgeva egregiamente il proprio lavoro assistendo i pazienti con amore e dedizione.

Se c'era anche solo una remota possibilità di salvarti la vita, quelli del St. John la trovavano e lottavano con mani e piedi affinché si realizzasse.

Quando Marlene arrivò al lavoro, la vita frenetica dei colleghi la travolse non appena mise piede nell'edificio. Leni le passò davanti con in mano una pila di cartelle cliniche e il primo saluto fu in realtà una richiesta d'aiuto.

«Marr, ti spiace darmi una mano a compilare questi moduli?» le domandò la collega, appoggiandoli pesantemente sulla scrivania della segreteria.

«Mi cambio e arrivo subito.»

Al St. John Hospital, anche il minuto era vitale. Non c'era tempo per pensare troppo a lungo. A dire il vero, spesso nei suoi turni Marlene dimenticava perfino di mangiare o fermarsi anche solo per un sorso d'acqua.

Lì dentro, correre era la parola d'ordine.

Si spostò frettolosamente nella zona spogliatoi e aprendo il proprio armadietto afferrò trafelata la propria divisa. Sobbalzò quando nel chiudere lo sportello si trovò appoggiato agli altri armadietti, Nick.

«Sei di fretta, Powell?» domandò il medico, con un pizzico di scortesia nella voce.

Marlene lo fissò senza comprendere quella domanda dalla risposta tanto scontata e banale. Quando entravano lì, erano tutti di fretta. Lui compreso, molto spesso. «Come sempre, Nick.»

«La tua amica sta bene?» chiese sorseggiando la tazza fumante di caffè.

«Sì, ora sì.»

«Sei rimasta a dormire da lei, presumo.» Il tono di voce di Nick era accusatorio, come se conoscesse qualche particolare che a Marlene sfuggiva.

In realtà, la fata non sapeva che il medico la seguiva da diverso tempo e che quella mattina aveva assistito al saluto tra lei ed Amos. Nick aveva una missione da compiere e non aveva alcuna intenzione a mollare la presa. I Blake non erano magnanimi con chi li deludeva.

«Certo. Son rimasta a dormire in giro.» Non precisò dove. In fondo non era affare di Nick.

L'uomo sorrise mestamente e sorseggiò ancora il caffè. Aveva in mente di far un ultimo tentativo prima di passare alle maniere forti con lei. «Hai progetti per stasera?»

«No, cioè sì. In realtà sì.» Marlene si morse il labbro. Non voleva chiedergli di accompagnarla a casa di Victoria. Eppure l'amica era stata perentoria nella sua richiesta. «Vado a casa di Victoria per una cena intima. E a dire il vero mi ha chiesto di invitarti.»

Nick rimase molto sorpreso da quella richiesta. La giovane era sempre stata molto schiva nei suoi confronti e ultimamente evadeva molto i suoi inviti. Forse merito anche del fusto che quella mattina l'aveva portata a casa.

Non si stupiva se ora lo snobbava. Quel tipo che l'aveva riaccompagnata era nettamente superiore a lui, sia di prestanza fisica che di aspetto. Non c'era partita tra i due e Nick, per quanto fosse sicuro di se, conosceva i suoi limiti.

«Certo. Mi piacerebbe tantissimo venire.» rispose di fretta, quasi temesse che la fata ritrattasse l'invito.

Marlene accennò un sorriso tirato e guardò verso la porta. «Mi vado a cambiare. Leni mi ha chiesto aiuto, sembrava urgente.» Afferrò la divisa e si spostò verso i camerini. Prima di chiudersi dentro per cambiarsi, si girò e sorrise a Nick. «Ci vediamo stasera per le otto da me? Che dici? Passi tu?»

ARTIGLI - BACIO RUBATOWhere stories live. Discover now