EPILOGO

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UN MESE DOPO

Era scalza, di fronte allo specchio e continuava ad osservarsi silenziosamente. La pelle azzurra spiccava in netto contrasto con la tunica bianca che le arrivava fino ai piedi, legata con una semplice cintola attorno alla vita.

I capelli blu erano stati raccolti a crocchia, imbellettati con delicatissimi fiori di campo, anch'essi bianchi come l'abito. La capigliatura, così finemente elaborata lasciava intravedere le orecchie a punta della fata che le conferivano quel tocco speciale di cui era sempre andata fiera ma che sempre aveva dovuto nascondere.

Si passò le mani sulle braccia, lasciandosi sfuggire un sospiro e sistemò le lunghe maniche per l'ennesima volta. Era tesa.

Nell'ultimo mese erano successe moltissime cose e quest'ultima che la attendeva, era la conclusione a tutti i suoi patimenti. D'ora in poi, sarebbe stato tutto in salita.

Distrattamente si passò una mano sul ventre, lasciandola risalire verso il seno. Il cuore le batteva come un tamburo e la tensione le aveva tolto ogni parola.

Karen le spuntò da dietro le spalle, sorridendole con dolcezza. Aveva gli occhi gonfi di pianto, a dir il vero era da quando aveva messo piede in Michigan che piangeva. «Oh, Marr... sei bellissima.» rantolò portandosi ancora una volta il fazzoletto al viso e scoppiando a piangere. Le gettò le braccia al collo, stringendola in un abbraccio carico di mille emozioni contrastanti. Nei suoi occhi leggeva una felicità immensa mista ad un tenue senso di nostalgia.

C'era voluto parecchio per far venire la sua intera famiglia lì, soprattutto dopo aver loro spiegato il motivo. I suoi genitori si erano negati con forza ma quando avevano sentito la determinazione nella voce della figlia, aveva prevalso l'amore alla ragione.

Le due sorelle si staccarono dall'abbraccio e Karen le sistemò una ciocca di capelli ribelle che le era sfuggita dalla crocchia. Si portò le mani tremanti al viso e senza distogliere lo sguardo da Marlene fece alcuni passi indietro per vederla meglio.

L'abito era di semplice cotone, molto grezzo e senza particolari rifiniture. Ed era questa genuinità a renderla così cristallina.

La madre delle due si alzò dal divanetto su cui si era dovuta sedere, a causa dell'ansia ancora aveva leggeri giramenti di capo. Quando Marlene l'aveva chiamata per annunciare l'evento si era dovuta prendere alcuni minuti per assimilare bene la notizia. Nella mente le erano affiorate milioni di paure: il terrore del viaggio, l'ansia di un posto completamente nuovo e decisamente più grande del paesino in cui erano relegati ma soprattutto l'influente presenza di mannari. Ciò nonostante, non si era tirata indietro e mai lo avrebbe fatto. Quando le sue figlie chiamavano, lei e il marito correvano.

Desdea, la madre, stropicciò il fazzoletto di stoffa tra le mani. Gliene sarebbero serviti molti altri ancora, fortunatamente lei e Karen si erano munite di un'intera scorta di kleenex, fedelmente nascosti nelle loro pochette. «È perfetta.» confermò, sentendo già le lacrime pizzicarle gli occhi. Avrebbe fatto prima a non truccarsi.

Si spostò verso il tavolino poco distante e prese la scatolina che aveva precedentemente appoggiato sopra. Se la rigirò tra le mani tremanti e, quando gliela porse, comprese che in quel passaggio si racchiudeva anche un altro genere di passaggio, una crescita, un distacco.

Quando Marlene strinse il lungo cofanetto tra le mani fu scossa da un fremito che subito le fece accapponar la pelle. Aprirlo le sembrò come scoperchiare un pentolone pieno di sentimenti. Si portò subito una mano alla bocca, lasciandosi sfuggire un singhiozzo.

«Non ti azzardare a piangere ora.» l'ammonì Karen, preoccupata che il trucco le si sfaldasse prima dell'inizio della cerimonia.

Marlene alzò gli occhi verso la madre che le rispose con un muto sorriso, annuendo. A quel punto si concesse più tempo per guardare il prezioso gioiello adagiato nel cofanetto.

ARTIGLI - BACIO RUBATOWhere stories live. Discover now