CAPITOLO 41

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Quello sguardo così profondamente supplichevole e quelle parole così cariche di aspettativa fecero vacillare il già precario equilibrio di Amos.

Marlene gli lasciò scorrere le mani nei capelli, abbassandosi sulle sue labbra. Si aspettava che lui approfittasse su due piedi di quella offerta e invece la fissava confuso, con gli occhi gialli e i canini ben visibili e allungati.

Per lei, Amos era una continua sorpresa. Dietro quella corazza dura e impenetrabile si nascondeva molto più di un giovane burbero pieno di sé. Lo dimostrava in quel momento, quando dopo la sua proposta, ancora non aveva alzato un dito su di lei. Aspettando forse che si calmasse e realizzasse di aver detto una sciocchezza. Eppure mai come quella volta, la fata era convinta di voler qualcosa.

E lei voleva Amos. Lo voleva da quando lo aveva medicato su quel lettino d'ospedale.

La presa di Marlene si rinserrò sui capelli ancora bagnati. Scese a baciargli delicatamente il collo, lasciando scorrere la lingua fino al lobo dell'orecchio. A quel punto lo prese tra le labbra, succhiandolo.

Amos fu attraversato da una scossa. Per un attimo gli venne in mente quella volta che da piccolo aveva messo un dito nella presa elettrica. La sensazione gli sembrò la medesima. Istintivamente artigliò il lenzuolo e inarcò la schiena, lasciando che il bacino si spingesse tra le sue gambe. Lei si lasciò sfuggire un gemito non appena la consistente erezione le si strofinò tra le cosce. Proprio dove l'avrebbe voluta.

Quasi con urgenza, la bocca di Marlene cercò la sua. Fu un bacio selvaggio, rude. Gli morse il labbro inferiore fino a fargli male, fino a farlo ringhiare. Cercò di approfondire il bacio ma una fitta di dolore le ricordò che il proprio era ancora ferito, anche se in via di guarigione.

Fu proprio quello spasimo a riportarla alla realtà.

Si ritrasse portandosi le dita alle labbra, turbata. Non era da lei agire così, d'impulso. Non era da lei usare le persone.

Si sentì mortificata. Per quanto lo desiderasse, non era sua intenzione approfittare di lui, trattarlo come un oggetto. Sollevò lo sguardo con un forte senso di colpa e incontrò quello di Amos. Lui le accennò un breve sorriso e allungò la mano prendendole il viso nel palmo. Con il pollice l'accarezzò riproducendo brevi movimenti circolari poi si avvicinò alle sue labbra e delicatamente le lasciò scorrere sopra la lingua. «Sei ancora in fase di guarigione... stasera dovremo andarci piano.»

Marlene fu colta da un brivido. Solo in quel momento prese coscienza di cosa stava per succedere. Non ne era spaventata ma, sarebbe stata alla sua altezza? Amos le sembrava così esperto in confronto a lei che temeva di sfigurare. «Non sei obbligato.» disse piano, in un sussurro.

«Lo so... ma lo voglio, tanto quanto lo vuoi tu.» L'attirò a se, appoggiando le proprie labbra alle sue, in un casto sfiorarsi di pelle. Un semplicissimo bacio a stampo che però scatenò un'ondata di calore tra le cosce della fata. Fu costretta a sorreggersi a lui, perché improvvisamente si sentì fremere. Amos le leccò le labbra e lasciò scorrere la bocca sulla sue guance, in maniera talmente lieve e impercettibile che quel flebile tocco le provocò la pelle d'oca. Le uscì un sospiro tremulo quando lo sentì spostarsi sul collo, poi sulla gola fino a risalir vicino all'orecchio. Quando le parlò nuovamente, lasciò che le labbra componessero le parole sulle sua pelle. Ad ogni minimo movimento una crescente smania si agitava tra le gambe di Marlene, così tanto che fu costretta a serrarle un po', sebbene in braccio a lui fosse quasi controproducente. «Prendimi, Marlene. Fai di me ciò che vuoi... usami, conquistami.»

Marlene si abbandonò contro di lui, stringendogli la canottiera con forza. Il cuore le sbatteva con frenesia nel petto. Batteva talmente forte che gli sembrava un costante rullo di tamburi. Quelle parole gli erano colate addosso come lava e avevano acceso ogni parte di lei.

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