CAPITOLO 17

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Il gruppo di mannari scattò in avanti muovendosi in branco e fiutando l'aria. La pista che stavano seguendo era debole e sembrava svanire man mano che si inoltravano nel bosco. Un leopardo spiccò un salto superando gli altri e correndo verso un punto indistinto, braccando quella traccia che solo lui riusciva a sentire. Gli altri, lo raggiunsero senza esitare, sicuri che il loro pasura li stesse conducendo verso il fulcro delle loro estenuanti ricerche.

Imboccarono un sentiero battuto, forse qualche percorso per escursionisti. La velocità degli animali aumentò non appena si accorsero che la densità dell'odore vanigliato era incrementata aleggiando tutt'attorno a loro. Erano vicini.

Amos alzò il muso verso il cielo, improvvisamente una vampata di quel fetore dolciastro lo investì. Il mannaro ringhiò balzando avanti con trepidazione. Quei bastardi non potevano essere così lontani se l'odore era così persistente e intenso.

Lanciando un'occhiata ai suoi pardi, saltò con maestria un enorme cespuglio atterrando in una piccola radura. Lo spiazzo aveva poca erba e molto terriccio umido. Al centro vi era un rudimentale falò, ormai spento.

Muovendosi nervosamente il pasura annusò tutto attorno a sé. Erano stati lì. Il loro schifoso tanfo intasava le sue narici facendolo di tanto in tanto starnutire.

Gli altri non ne sembravano così infastiditi ma lui sapeva bene che tra tutti aveva un olfatto molto più sviluppato. Una volta quelli come lui venivano definiti segugi del branco. Ora quel genere di ruolo non esisteva più ma in compenso era sicuro che Damian lo avesse annoverato tra i suoi pasura anche per quel motivo.

Nella mente di Amos lampeggiò un forte pensiero che venne immediatamente rimandato a tutti gli altri componenti del branco affianco a lui. "Dividiamoci, non sono lontani"

Subito i pardi si spostarono velocemente, formando gruppetti. Si divisero per l'area e corsero a setacciare il posto.

Amos e Logan si spostarono sulla sinistra e iniziarono a fiutare il terreno. La densità dell'odore era così forte da infastidire il pasura. Si continuarono ad allontanare mantenendo un contatto con il resto del gruppo. Forse erano sulla giusta scia.

Improvvisamente nell'aria si sentì uno scoppiettio. Dal nulla apparvero tre uomini completamente bardati di armi e con abbigliamento mimetico. Uno di questi scattò in avanti fendendo un colpo a Logan che lo accusò in pieno e rotolò in mezzo a due cespugli uggiolando di dolore. Nessuno di loro sembrava allarmato per lo scontro, anzi sembravano particolarmente preparati.

Amos si lanciò subito contro l'uomo, azzannandogli il braccio stringendo con forza. Questo gridò cercando di liberarsi mentre gli altri due estraevano altre armi. Il pasura tentò di chiamare a sé il branco ma uno degli uomini brandendo un lungo pugnale sferrò una stoccata che trapassò la spalla del pardo. Un ringhio scaturì dalla gola dell'animale, che rinserrò la presa sul braccio dell'uomo.

Il sangue gli aveva interamente sporcato il muso ma nonostante tutto, non l'avrebbe mai lasciato andare. Quei bastardi erano gli stessi che avevano ammazzato due dei suoi e ora che li aveva a tiro, non sarebbero andati via sulle loro gambe.

Facendo leva sulle zampe appoggiate contro il petto del cacciatore, tirò indietro usando tutta la forza che aveva.

Il braccio si divelse con un rumore secco e gli restò in bocca. Lo lasciò andare subito per gettarsi verso il secondo uomo. Il primo si contorceva in terra dal dolore.

Non vedeva dov'era il terzo ma con ogni probabilità se l'era data a gambe levate.

Da dietro il cespuglio si sentì un forte bruito, seguito da un sibilo. Il terzo uomo uscì zuppo di sangue e con in mano un'arma piena di uncini. Da ogni punta sgorgava uno strano liquido verde. Alla base dell'arma c'era una grossa sacca piena di sangue. Amos comprese subito che era successo qualcosa a Logan. La rabbia lo accecò e in un lampo si ritrovò ad azzannare il secondo uomo alla gamba.

Il terzo gli affondò l'arma nella schiena. Il pasura cercò subito di scrollarselo di dosso ma presto iniziò ad aver piccoli cedimenti. Gli stavano iniettando della roba. Qualsiasi cosa fosse, lo stava intossicando.

Si accasciò in avanti, tutto vorticava. La vista era appannata.

In lontananza si sentirono ringhi e ruggiti. Gli altri li avevano sentiti. Stavano arrivando.

Uno dei tre uomini sollevò il ferito a peso morto. Aveva perso molto sangue, con ogni probabilità sarebbe morto dissanguato entro breve. Tra le tante cose, questa era l'unica nota positiva di quell'attacco.

Amos si voltò di scatto artigliando l'aria mentre il terzo sfilava l'arma dalla sua schiena e insieme agli altri due scappava via. Il pasura cercò di rincorrerli ma ad ogni passo il corpo veniva scosso da tremiti, la vista continuava ad annebbiarsi fin quando non crollò in terra. Fu costretto a subire una trasformazione di emergenza. La bestia venne ricacciata dentro di sé con forza.

Si rotolò nelle foglie mentre il dolore lo stava sopraffacendo. C'era qualcosa di estremamente preoccupante in quella reazione. Stava tornando umano troppo velocemente e con troppa violenza.

Si lasciò sfuggire un grido mentre le ossa si riposizionavano e risaldavano al loro posto. Il corpo gli bruciava come in preda ad una forte febbre e contemporaneamente sentiva brividi di freddo.

Gli altri pardi arrivarono sul posto e non appena videro la scena, corsero a setacciare l'area. Se i cacciatori fossero ancora stati nelle vicinanze, li avrebbero trovati e avrebbero finito il lavoro di Amos.

Quest'ultimo invece, aveva nella mente solo Logan. Dov'era il suo pardo?

Trascinandosi allo stremo delle forze, raggiunse il cespuglio dietro cui era sparito e con crescente angoscia, scostò gli arbusti per veder meglio.

Il corpo di Logan aveva ferite profonde e ripetute su tutto il petto. C'erano i buchi dei denti di quella dannata arma che Amos non aveva mai visto prima d'ora.

Subito si spostò sull'amico e prendendolo per le spalle lo sollevò. «Logan. Logan, rispondimi.» Gli tremava la voce.

Se fosse morto tra le sue braccia, non se lo sarebbe mai perdonato. Era tutta colpa sua. Sarebbe dovuto andare avanti lui e invece, Logan lo aveva superato e ora stava pagando per la sua negligenza.

«Logan, cazzo, non ti azzardare a morire.»

Lo scosse cercando di dargli alcuni colpetti leggeri al viso, per rianimarlo. Il pardo aprì debolmente gli occhi e tossì rigettando sangue. «Ehi, bello»

Ad Amos sfuggì un sorriso misto ad angoscia. Aveva il cuore che gli martellava in petto e una fottuta paura che gli attanagliava le viscere. Lo strinse a sé. «Tranquillo, amico. Adesso ti porto a casa e ti rimetterai.» Un forte capogiro lo fece rabbrividire quando cercò di sollevarsi per portarlo in braccio al suo pick up.

La vista andava e veniva.

«Fratello, non riesco a rimarginarmi.»

Solo allora Amos si accorse che le ferite dell'amico e le sue, non accennavano minimamente a chiudersi. Che cazzo stava succedendo?

Le gambe gli cedettero e si ritrovò in ginocchio con Logan tra le braccia. Si girò di lato tossendo e quando si accorse che perdeva sangue dalla bocca, comprese che erano stati entrambi avvelenati. «Ho - ho bisogno di aiuto.» Riuscì a dire mentre le forze stavano pian piano svanendo.

Un pardo che si era ritrasformato li soccorse subito. Il branco si mobilitò immediatamente. Alcuni presero Logan, alcuni aiutarono Amos a mettersi in piedi. Quest'ultimo era stato ferito in maniera minore del primo, che respirava a scatti e sempre meno frequentemente.

«Che – che dobbiamo fare capo?» domandò il giovane pardo ad Amos.

«Portateci a casa mia. Abbiamo bisogno di un medico.»

«Non abbiamo un medico nel branco.»

«Lo so, devo fare una chiamata.»

Non era sicuro che ciò a cui stava pensando avrebbe funzionato ma doveva tentare. La sua vita e quella di Logan erano appese ad un filo.

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