Prologo

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C'è una notte
in cui i desideri vanno
a caccia di stelle

La città era illuminata dalla luna.

Il fruscio del vento tra gli alberi era l'unico rumore che si udiva tra le strade.

La pioggia ricopriva Torino di tristezza e malinconia.

Qualche persona in macchina si affrettava a tornare a casa o in un altro locale per festeggiare, ballare e ubriacarsi.

Nessuno si fermava a guardare il cielo ricoperto di nubi ricche di lacrime.

Era una notte di novembre e il freddo sfiorava la pelle, i lampi illuminavano i palazzi, i tuoni riecheggiavano per le vie.

Non c'era più nessuno: io ero l'unica spettatrice che, con occhi curiosi, osservava la sofferenza e il dolore liberati dal cielo in quella notte di tempesta.

Mi strinsi nella felpa e aspettai seduta su un muretto, posizionato fuori dalla stazione dei treni, sotto un piccolo tettuccio. Ero arrivata già da qualche ora in città ed iniziai ad innervosirmi ad aspettare mio fratello che probabilmente si era dimenticato di me. Guardai il mio telefono che, ormai, aveva la batteria scarica e sbuffai liberando una piccola nuvoletta di fumo dalla mia bocca a causa del freddo.

Per fortuna la pioggia mi fa compagnia durante la lunga attesa.

Mi dedicai all'ascolto della melodia del vento, il quale si divertiva a scompigliarmi i capelli ormai totalmente bagnati dalla pioggia.

Chiusi gli occhi lasciandomi cullare da quel dolce suono.

La tranquillità, creatasi dopo che il cielo aveva cessato di piangere, venne spezzata dall'arrivo di una lussuosissima auto. Aprí gli occhi osservando, così, una figura scendere dalla macchina e avanzare di qualche passo, fermandosi successivamente sotto la luce emanata dal lampione poco lontano da me.

In questo modo riuscì a capire che quella figura era mio fratello Claudio.

Ci guardammo negli occhi per un momento che sembró durare un'eternità: erano ormai passati 5 anni dall'ultima volta che ci eravamo visti, 5 anni veramente lunghi e duri senza di lui.

"Ronnie mi dispiace ma abbiamo vinto la partita e i ragazzi hanno voluto andare a festeggiare e..e"

"E ti sei dimenticato di me" conclusi il suo discorso con tono severo e duro ed inclinando leggermente la testa; si poteva leggere nei suoi occhi tutto il dispiacere per ciò che era successo.

Cercó di trovare le parole giuste per farsi perdonare, ma non lo lasciai continuare perché corsi verso di lui e mi buttai tra le sue forti braccia che prontamente mi strinsero forte a sé e mi sollevarono. Tutta la rabbia provata fino a poco prima divenne solo un lontano ricordo non appena lo vidi.

Rimanemmo abbracciati per diversi minuti.

Non ci importava del freddo, dell'ora o della stanchezza.

Non ci staccammo per paura che tutto ciò si rivelasse soltanto un sogno.

Non ci staccammo per paura di perderci nuovamente.

A risvegliarci fu un forte tuono che si propagó per tutta la città: a quanto pare il cielo non aveva ancora finito di sfogare la sua rabbia.

"Forse è meglio se andiamo a casa non credi?"

Annuí solamente, ma senza smettere di sorridere.

Claudio prese i borsoni che avevo lasciato vicino al muretto, su cui ero seduta fino a poco prima, e si avvicinó alla macchina seguito da me; una volta entrati nell'auto ci dirigemmo verso casa.

Ventun volte teWhere stories live. Discover now