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Taehyung

La mattina dopo è un dolorosissimo bruciore ai polsi a svegliarmi.
Apro lentamente gli occhi, stupito dalla luminosità della stanza.
Mi chiedo come facessi a dormire con tutta questa luce.

Strattono le corde, ma una fitta di dolore mi fa urlare.
Le lenzuola sotto di me sotto macchiate dal sangue che continua a scorrere dai polsi.
Mi mordo il labbro, avendo voglia di piangere.
Non ne posso più.
Ma comunque non mi arrenderò, anche a costo di soffrire.

Piagnucolo, appoggiando di nuovo la testa sul cuscino.
Chiudo gli occhi, cercando di pensare a qualcosa che mi distragga dal dolore.
Ma non ne ho bisogno, visto che la porta della camera si apre.
Ovviamente entra Jungkook.

"Oh, ma buongiorno" mi saluta, ridacchiando.
Gli lancio un'occhiataccia, che se potesse lo ammazzerebbe.
"Allora, sei finalmente disposto a cedere?" Domanda, camminando verso il letto.
Scuoto la testa.
"Ti ho detto che non mi arrenderò mai".

Sorride, sedendosi accanto a me.
"Mi spieghi cosa ti costa ascoltarmi?" Chiede, sospirando.
Rimango in silenzio.
Già, cosa mi costa ascoltarlo?
Dopotutto non devo fare nulla, anzi verrò anche a sapere il motivo per cui sono qui.

"Mi slegherai se lo farò?"
Annuisce.
"Bene, ti ascolto" mi arrendo.
Jungkook infila una mano in tasca, per poi uscirla con in pugno un coltellino.
Lo fa scattare, e la lama salta fuori.
"Dammi i polsi".
Glieli porgo, tremando leggermente.
Non ho paura, ma solo freddo.

Con un colpo secco, Jungkook taglia la corda che ricade prontamente sulle mie gambe.
Rilascio un gran sospiro di sollievo, sfiorandomi lentamente i polsi feriti.
Inspiro tra i denti, strizzando gli occhi per il dolore.

"Più tardi ti farò medicare da Jimin" dice Jungkook, guardando impassibile le mie ferite.
"Non ho bisogno di essere medicato da lui, posso farlo anche da solo. Ti ricordo che frequento l'università di medicina" sputo.
Sbuffa, alzando gli occhi al cielo.
"Oh, intendi quel posto per ricconi con la puzza sotto il naso?" Ghigna.

"Sei solo invidioso" borbotto.
Jungkook ride rumorosamente, scuotendo la testa.
"E di cosa? Non vorrei mai essere come loro".
Schiocco la lingua contro il palato, decidendo di non replicare.

"Ora vuoi ascoltarmi?" 
Faccio cenno di si, però senza guardarlo.
"Perfetto".
Si schiarisce la voce, prima di incominciare a parlare.
"Tutto ha inizio più o meno un secolo fa. I miei antenati e i tuoi andavano molto d'accordo tra di loro, condividevano tutto e vivevano persino sotto lo stesso tetto. Si può dire che fossero un'unica famiglia. Finché entrambe le due signore, Jeon e Kim, rimasero incinte. Partorirono lo stesso giorno, ma il figlio della signora Kim nacque morto".

Mi copro la bocca inorridito.
Chissà che dispiacere deve aver provato quella donna.
"Perciò ella ordinò al marito di rapire il figlio dei Jeon, per spacciarlo come proprio e mettere al suo posto il bimbo morto".
"Che cosa crudele" commento, disgustato.
Non credevo che i miei antenati fossero capaci di azioni così ripugnanti.

"È stata una cosa spregevole da fare" concorda Jungkook.
"Comunque la signora Jeon si è subito accorta dello scambio, e ovviamente ha incolpato la signora Kim. Dopo essersi ripresa il proprio figlio, ha stipulato un patto per vendicarsi. Da quel giorno in poi, ogni Kim appartiene ai Jeon, per sempre. E non serve a nulla cercare di nascondere il proprio figlio, o tentare di opporsi, i Jeon li trovano sempre".
Termina di parlare, scrutandomi attentamente.

"Questo vuol dire che i miei genitori sanno che sono un tuo prigioniero, e non fanno nulla per salvarmi?"
Jungkook annuisce.
"Proprio così".
Scuoto la testa.
"No non è vero, non può essere. Loro mi vogliono bene, non lascerebbero mai che accadesse una cosa del genere".
Mi alzo in piedi, infilandomi le mani nei capelli.

•Prisoner of Love• || KookV ||Where stories live. Discover now