Three month pregnant

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Ore 14:40 del pomeriggio.
Zayn se ne stava in sala a gonfiare, con una pompa in mano, la palla che Apple avrebbe dovuto utilizzare per i suoi quotidiani esercizi contro il mal di schiena che, ormai, iniziava a farsi sentire sempre di più. Zayn aveva proposto di non sgonfiarla ogni volta, di metterla in sgabuzzino e lasciarla lì, ma Apple si era opposta in quanto avrebbe occupato troppo spazio inutilmente. E così, da bravo ragazzo, quasi ogni giorno, prima di andare a lavoro, l'aiutava a farla diventare abbastanza grande da poterci salire sopra.

Annoiato e stanco, Zayn si mosse sul divano e fece cadere il telecomando a terra. Apple si affacciò dalla cucina mentre continuava ad asciugare una pentola e «Amore, ti si è rotto qualcosa?» chiese, alludendo alla pompa o addirittura alla palla. Il ginecologo li aveva avvisati che non si sarebbe potuta rompere perché fatta apposta, ma lei pensò subito a quello.

«Sì, i coglioni!» rispose con la delicatezza che lo contraddistingueva da sempre. Forse Apple si era innamorata di lui anche per questo.

«A parte quelli?» lo guardò e si trattenne dal ridere: aveva una faccia stremata, spingeva la bocca della pompa con noia e teneva la testa poggiata sul palmo della mano.

Zayn si guardò intorno, poi portò la sua attenzione su Apple e «No, niente, solo quelli!» continuò, controllando se il beccuccio della pompa fosse attaccato bene alla palla.

Apple sorrise e, sistemando la pentola al suo posto, raggiunse il suo compagno sedendosi proprio affianco a lui. Era felice di quella vita, insieme a Zayn. Aveva sempre pensato che sarebbe stato un compagno meraviglioso, ma ora lo stava provando sulla sua pelle e non poteva esserne più felice. Non c'era traccia di un passato tormentato, Stacie e compagnia bella non ricordavano più neanche chi fossero. Vivevano una vita tranquilla con i loro amici, i parenti di Zayn e Carly, la loro metà.

«Vai a lavorare, ci penso io alla palla. Almeno faccio un po' di ginnastica!» propose la mora, accarezzandogli i capelli.

«No, non voglio che tu faccia sforzi, lo sai!» si alzò con la schiena, Zayn. «Non fa bene né a te, né a Michael».

«Anastasia» Apple lo corresse.

«Michael!» esclamò Zayn, guardandola con la coda dell'occhio.

Apple alzò gli occhi al cielo e «Ad ogni modo, oggi pomeriggio abbiamo la visita dal ginecologo, mi accompagni tu o devo chiedere a Tricia?» gli chiese.

«Ho già detto a Davis che dovrò prendermi due orette di permesso per oggi, ti accompagno io» rispose lui, continuando a gonfiare la palla di Apple.

Era soddisfatto del suo lavoro, Zayn. Migliorava di giorno in giorno e anche Davis riteneva che fosse un tatuatore valido, perciò lo aveva alzato di livello affiancandogli uno stagista da seguire. Zayn si era sentito importante: la passione per i tatuaggi ce l'aveva sempre avuta e - nonostante a sua madre non piacessero, neanche a suo padre, se dobbiamo dirla tutta - aveva continuato a seguire il suo sogno andando contro alla sua famiglia. Che gli era rimasta vicino sempre, ma con fatica.

«Grazie, non è che ti dimentichi?» gli chiese, facendo la vaga.

Zayn si bloccò di scatto, poi si voltò verso di lei e «Come potrei mai, tesoro! Per chi mi hai preso!» alzò un sopracciglio. Tappò la palla e si alzò per sistemare la pompa nello sgabuzzino. «Mi offendono questi tuoi assurdi sospetti».

«Va beh, era per dire...» incominciò a torturarsi le mani, Apple, guardando verso il basso. «Hai sempre tante cose da fare».

«E pensi che possa dimenticarmi di mio figlio?» chiese Zayn, infilandosi la giacca. Prese le chiavi dalla credenza e, una volta controllato l'iPhone, lo infilò nella tasca posteriore del jeans.

Si avvicinò ad Apple, lasciandole un bacio delicato sulla fronte. Lei alzò lo sguardo e gli sorrise, poi si baciarono sulle labbra: «Fosse per me, rimarrei qui tutto il giorno a coccolarti. Ma il dovere mi chiama» sospirò Zayn, dandole un altro bacio.

«E comunque è Anastasia, non Michael» sorrise la ragazza, seguendolo con lo sguardo fino alla porta.

«Michael! Ciao, amore» le lanciò l'ennesimo bacio e chiuse la porta di casa.

Apple era rimasta di nuovo sola in casa, nel silenzio più totale. Sospirò e incominciò ad accarezzarsi la pancia solo dopo aver alzato di poco la maglia, come per aver un contatto diretto con quella che immaginava sarebbe stata una femminuccia. Sorrise, pensando a lei come una bimba un po' imbronciata, scura nei lineamenti e nei colori, sempre molto alla moda. E immaginava anche Zayn geloso, a mangiarsi le mani durante le sue prime uscite, le sue prime frequentazioni. Era tutto molto divertente, ma viverlo sarebbe stato diverso. E pensava anche alla sua famiglia: l'aveva abbandonata proprio nel momento del bisogno; pensava a quella di Zayn che si faceva in quattro per aiutarli.

Nel momento in cui decise di alzarsi, iniziò a squillare il suo telefono: era proprio Yaser, il padre di Zayn, che le chiedeva se avesse bisogno di qualcosa.

«No, grazie, non ti preoccupare!» sorrise. «Nel caso avessi bisogno di qualcosa, vi chiamerei».

«Va bene Mela, andrai con Zayn dal ginecologo?» le chiese con la sua voce importante e, soprattutto, impostata.

«Sì, prima di andare a lavoro mi ha confermato che ci sarà».

«Alla grande!» rise. «Ci aggiorni appena finisci la visita?»

«Sarete i primi a sapere il sesso del bambino, promesso».

«Un bacio, Mela».

-

La ginecologa fece distendere Apple sul lettino. Zayn era in piedi, proprio affianco a lei e aveva le gambe che gli tremavano. Ogni volta che si trovava in un contesto come quello, l'ansia sovrastava qualsiasi altra emozione e non permetteva a nessuno dei due di riflettere razionalmente sul da farsi.

Il moro guardava la dottoressa spalmare una roba bianca sul ventre della sua compagna e si chiedeva cosa fosse, perché assomigliava tanto a...

«Stia tranquilla, signorina. Non sentirà dolore... per ora» rise la signora, che spostò subito lo sguardo da Apple al monitor.

Quel "per ora" non era risultato molto convincente. Ma decisero di non pensarci, piuttosto Zayn strinse la mano di Apple che già piangeva, mentre la signora passava un coso (come lo aveva definito Zayn) sulla sua pancia, su quella specie di crema che le aveva spalmato prima.

Dopo un po' di giri di ricognizione, dopo alcuni chiarimenti su dubbi e perplessità, Mrs. Taylor sorrise: «Ma, signori! Qui abbiamo due gemelli!».

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