Sixth month pregnant

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Zayn non era pratico in cucina, anzi, non sapeva proprio cucinare. O meglio, non gli andava, preferiva che lo facesse Apple. Perché lei era veloce, sapeva cuocere più cibi contemporaneamente e per lui quella era pura magia. Anche sua madre lo faceva, solo, non aveva mai prestato attenzione ai particolari a cui ora faceva caso pur non volendo.

Quella sera decise che Apple non avrebbe più potuto affaticarsi, ormai il sesto mese si faceva sentire e - nonostante la palla che il ginecologo le aveva consigliato facesse miracoli - bisognava stare più attenti a qualsiasi movimento. Si mise lui ad armeggiare tra padelle e pentole. Olio che aveva fatto cadere a terra, sale ovunque tranne che sulla carne, zucchero scambiato per sale. Ma Apple stava apprezzando l'impegno del suo fidanzato, stava facendo del suo meglio nonostante la cucina stesse chiedendo umilmente pietà. L'immagine di Zayn con una parannanza addosso la faceva sorridere: non lo aveva mai visto in quelle condizioni, così predisposto all'arricchimento culturale culinario.

«Amore, devi metterci il sale, sennò non sapranno di niente!» commentò Apple, poggiando la testa sul dorso della sua mano.

Zayn si girò di scatto a guardarla per poi concentrarsi nuovamente sulle sue patate fritte: «Eh, hai detto poco! Quanto ne metto?» chiese, cercando il sale nella credenza.

«Quello è lo zucchero, amore. Il sale è la boccetta col tappo blu» gliela indicò nonostante non potesse vederla. «Una manciata basterà. Controlla che la carne non bruci».

Zayn prese del sale e, dopo averne raccolto una manciata come aveva detto Apple, lo gettò sulle patate nella scodella. Poi si concentrò sulla carne: la girò un paio di volte per far sì che da entrambi i lati fosse cotta al punto giusto. Dopodiché tornò a concentrarsi sugli spinaci e li girò, soddisfatto del lavoro che stava facendo.

«Hai messo l'olio nella pentola prima di far cuocere la carne, amore?» gli domandò Apple, sospirando.

Zayn sgranò gli occhi e fece mente locale, poi «Sì, fatto!» annuì convinto.

«No, perché abbiamo bruciato due fettine. Devi imparare a togliere via prima le cose e non all'ultimo quando la situazione non è più sostenibile».

Zayn guardò la pancia di Apple, poi poggiò il suo sguardo su quello della sua compagna: «Hai proprio ragione, amore. Ma tanto, ormai...».

-

Zayn poggiò la testa affianco la pancia di Apple ed iniziò ad accarezzarla lentamente, osservandola in ogni suo dettaglio. Non vedeva l'ora di conoscere quelli che sarebbero stati i suoi bimbi, voleva abbracciarli, dargli da mangiare, coccolarli, tenerli in braccio. Era come se non potesse più aspettare.

«Mike, Ania, mi sentite?» iniziò a sussurrare contro la pancia di Apple. «La mamma sta riposando, tra un po' andremo a fare una passeggiata al parco, vi va?» sorrise, ricominciando a toccarla. «No, ehi! Se parlate tutti e due insieme non capisco, uno alla volta. Se è sì, battete un colpo».

Zayn pensò a quanto fosse stupido in quel momento, quindi scosse la testa tra sé e sé, ma, mentre si stava per allontanare, avvertì un colpetto provenire dalla pancia di Apple. Tanto che lei si svegliò e, smaniandosi, iniziò a stiracchiarsi.

«H-hai sentito?» domandò Zayn, sorridendo fiero.

Apple si tirò su con la schiena, poi «Cosa? Perché ti sei emozionato?» chiese accarezzandogli una guancia.

«Uno di loro ha scalciato, non lo avevo mai sentito prima» sorrise, guardando la pancia.

Apple pensò di non aver mai visto immagine più bella di quella fino a quel momento. Quasi non si commosse anche lei.

-

La passeggiata era andata benissimo: Carly aveva corso un po', si era stancata ed ora giaceva quasi morta sul tappeto della sala. L'aria era piacevole quel giorno, non faceva neanche troppo freddo, perciò ne avevano approfittato per stare un po' da soli in un luogo che non fosse casa. Tricia aveva preparato loro la cena: qualche polpetta, una lasagna per cinque persone perché se Apple avesse mangiato tanto, avrebbe fatto bene ai bambini. E di quella opportunità ne giovava anche Zayn che, cogliendo l'attimo, ne approfittava per alzare un po' di più la forchetta.
Apple non doveva neanche mettersi ai fornelli, perciò non le sembrava verso di potersi riposare sul divano mentre Harry giocava con la PlayStation di Zayn.

«Che stupido! Se fossi saltato prima, non sarei morto da coglione!» sbatté le mani sulle sue gambe, attirando l'attenzione di Carly che alzò lo sguardo per un attimo, controllò che tutto andasse secondo i piani e riprese a sonnecchiare.

«Sul serio ti stai arrabbiando per Crash Bandicoot?» ghignò Apple. «Io non vi capisco...»

Harry si girò verso di lei con sguardo minaccioso, poi «Non è Crash, donna, è la vita!» rispose, riprendendo a giocare. «Quando casca nel vuoto perché tu ovviamente sbagli mira, già ti sta insegnando qualcosa. Ad esempio che devi ragionare prima di fare cazzate».

«E per capire queste cose non basta l'esperienza? Serve un bandicoot che zompetta da una parte all'altra del mondo?»

Harry scosse la testa, sconfitto dall'ennesimo livello complicato che non sapeva superare: «Farò finta di non aver sentito» argomentò. «Questo non è un bandicoot... questo è il bandicoot!»

Apple decise di non replicare, Harry era così preso dal gioco che avrebbe continuato a bestemmiarci dietro finché non avrebbe vinto una partita che fosse una. Intanto si accarezzava la pancia, sistemandosi con la mano libera il cuscino dietro la testa. Ogni tanto beveva un po' d'acqua, il ginecologo le aveva detto che sicuramente le avrebbe fatto bene per la pelle che, ovviamente, durante la gravidanza avrebbe potuto seccarsi. Poi mangiava qualche mollica di pane, alcuni stuzzichini doveva evitarli.

«Che mi dici di Louis?» chiese lei, di punto in bianco.

Harry drizzò la schiena e «Sta bene» rispose secco, continuando a giocare come se nulla fosse.

La mora alzò gli occhi al cielo: «Non ti sto chiedendo di essere sincero con me, ma con te stesso, Styles».

Lui sospirò rumorosamente e si grattò la nuca, imbarazzato. Non era un argomento facile da affrontare, provare dei sentimenti per qualcuno... beh, per lui era difficile. Difficile ammettere di provarli, difficile esternarli. Non sapeva cosa pensare, da che parte iniziare.

«Sono sempre sincero con me stesso, solo, questo mondo non è pronto per noi e parlarne sarebbe inutile».

«No, non se potrebbe aiutarti a liberarti di un peso» Apple alzò le spalle, sorridendogli.

«Tra noi va tutto bene, andiamo molto d'accordo e ogni tanto si ferma da me. Dobbiamo capire ancora tante cose l'uno dell'altro e serve tempo, semplicemente» il riccio puntò i suoi occhi verdi su di lei. «Ci vorrà del tempo, in generale, per tutto».

«L'importante è che siate felici, no?»

Harry sorrise e le sue fossette gli solcarono il volto: «A modo nostro lo siamo» rispose, riprendendo a giocare.

Ne momento in cui Apple stava rispondendo, Zayn entrò in casa e - la prima cosa che fece, dopo aver tolto la giacca - fu quella di correre dalla sua compagna e baciarle la pancia, salutando i suoi figli. Poi baciò lei e, subito dopo, si concentrò su Harry.

«Amico, in cucina è tutto pronto, vi ho riscaldato la lasagna e le polpette, Carly ha già fatto i suoi bisognini perché - nonostante avete fatto un giro al parco - l'ho portata fuori anch'io, hanno suonato alla porta ma erano facce losche e non ho aperto. Per il resto, fai come se fossi a casa tua e serviti pure!» Harry allargò le braccia, indicandogli che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa.

Zayn lo guardò scioccato, poi «In realtà questa è casa mia» biascicò, indicandosi.

«Sì, come vuoi» annuì Harry. «Vi lascio, ho un appuntamento stasera» baciò entrambi e andò via, sbattendo la porta alle sue spalle.

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Come sempre, GRAZIE.

G

White Russian and Geography LessonsWhere stories live. Discover now