Le Tredici Case stavano allineate una dopo l'altra sulla riva del Fiume di Perle, a partire da Phwanting Street (dove si trovava la casa di Wei) giù giù fino a un fiumiciattolo di cui Yu non ricordava il nome.

Le chiamavano Case ma in realtà erano grappoli di palazzi di due o tre piani, recintati e abbelliti da meravigliosi giardini. Ogni Casa era la sede di una diversa compagnia venuta fino a Canton dall'Occidente per commerciare con l'Impero Celeste.

Su ogni Casa sventolava una bandiera colorata. Erano diverse dalle Otto Bandiere dei clan manciù, tutte draghi e fiori colorati, ma per i diavoli stranieri erano molto importanti.

Dalla porta di casa, Yu le vedeva sventolare nel vento del pomeriggio.

Per il resto non notava niente di strano.

— Stai guardando dalla parte sbagliata — spiegò Wei.

E indicò la strada sulla destra che tagliava Phwanting Street in perpendicolare.

Molta gente si stava accalcando all'imboccatura della via e in lontananza si sentivano grida e il suono profondo dei gong.

Yu e Wei si scambiarono un cenno poi corsero da quella parte, si fecero largo nella calca fino ad arrivare in prima fila.

Lungo la strada avanzava lenta una processione di soldati. Per metà erano guardie imperiali e per metà stranieri con stivali lucidi e giacche coi bottoni dorati.

Dietro di loro, su una portantina, avanzava l'hoppo, il funzionario imperiale che regolava il commercio. Era senz'altro l'uomo più ricco e importante di Canton, un manciù con la pelle giallastra e le unghie delle mani lunghissime, protette da astucci ingioiellati.

Dietro la portantina dell'hoppo veniva un drappello di mercanti stranieri, quattro o cinque, anche loro con stivali al ginocchio e giacche pesanti con strane code che gli piovevano sul sedere. Vestiti così dovevano morire di caldo.

Poi altri soldati.

— Ma cosa... — mormorò Yu.

— Credo — disse Wei — che la colpa di tutto questo sia loro.

Circondati da un drappello di guardie, veniva infine un gruppo di prigionieri.

Avanzavano lentamente e indossavano tutti la canga: una pesante tavola quadrata di legno massiccio, in cui veniva infilata la testa del condannato, che così non poteva dormire né portarsi le mani alla faccia per mangiare.

I volti dei prigionieri erano contratti in smorfie orribili. Sulle guance e la fronte erano incisi i tatuaggi penali, per far sapere a tutti quali crimini avevano commesso.

Solo che Yu non sapeva leggere gli ideogrammi.

— Chi sono? — domandò.

A risponderle fu una donna che si godeva anche lei lo spettacolo.

— Pirati — rispose.

— Pirati?

— Una nave inglese si stava avvicinando all'isola di Whampoa — spiegò la donna. — Aveva la stiva piena di verghe d'argento, e i pirati l'hanno attaccata. Ma gli è andata male, da Whampoa si sono accorti della battaglia e hanno mandato rinforzi. Li hanno catturati.

— E ora?

— Li uccideranno.

Yu e Wei si affrettarono a seguire la processione che superò le prime due Case e si fermò nel piazzale davanti alla terza, che era una delle più grandi.

Sopra la maestosa porta d'ingresso sventolava una bandiera azzurra con disegnata sopra una croce bianca e rossa.

Al centro del piazzale si sistemarono l'hoppo e i mercanti stranieri, con i soldati in cerchio per proteggerli, e dall'altra parte si misero i prigionieri con la canga circondati da altri soldati.

La più grandeWhere stories live. Discover now