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Cinque sono gli elementi della natura: il primo è l'acqua, che tende verso il basso, è legata al nord e alla luna, al sangue e alla collera.

Il secondo è il fuoco che invece vola in alto, parla di sud e di sole, luce e piacere.

Il terzo elemento è il legno che si piega e raddrizza, guarda a est e ha per simbolo una stella, per amico il vento.

Il quarto è il metallo, che è obbediente e cambia forma, indica l'ovest e l'autunno, ispira il sentimento della pena.

Infine c'è la terra, il quinto elemento, che è al centro di tutto e tutto bilancia.

Adesso intorno a Yu gli elementi turbinavano in un vortice tragico e meraviglioso. Legno prendeva fuoco, affondava in acqua, metallo si bagnava in sangue, collera uccideva con gioia.

Una squadriglia della Flotta Rossa fuggì verso ovest tirandosi dietro due squadriglie nemiche. Quando arrivarono vicino all'isola di Lanma, un esercito di pirati nascosto nella giungla uscì allo scoperto e spiccò il volo, stormo d'uomini nero nel cielo, piombò sulle giunche nemiche con la spada tra i denti, per distruggere e uccidere.

Yu vide vele infuocate, rombo di cannoni, soldati che sparavano colpi di fucile contro pirati arrampicati sugli alberi di maestra.

Le due flotte, la Rossa e quella imperiale, si erano fuse insieme in un intrico di corpi e navi, Yu intanto correva sull'acqua, spinta dalle onde, la spada sguainata, guardava e guardava.

Cercava una giunca con tre vele e lo scafo dipinto di nero e oro e occhi sulla prua. La nave di Wei.

Ma trovarla era impossibile, troppe navi, troppo simili, pescherecci di Hong Kong, lorcha, giunche venute dai grandi fiumi del nord, scafi incastrati nella lotta, nuvole di fumo che oscuravano ogni cosa.

C'erano quasi cinquecento navi sparpagliate in uno spazio di decine di li. Yu non riusciva più a vedere la Vendetta, e non aveva trovato la nave dei suoi figli, come poteva sperare di scorgere quella del nemico?

Intanto i suoi pirati combattevano, morivano, lei non poteva perdere tempo prezioso.

Lasciò che l'onda la portasse in alto e strizzò gli occhi nel sole.

Poi la luce venne cancellata da un'ombra immensa che avanzò su di lei come una valanga.

Era una giunca, la più grande che Yu avesse mai visto. Era costruita alla maniera di Fuchuan, con la forma di una foglia sull'acqua, ricurva e altissima a poppa e prua.

Sul muso era dipinto un drago sputafuoco in vividi colori rosso e oro, aveva cannoni che spuntavano dagli occhi e dalla bocca spalancata. La poppa era adorna di bandiere e stendardi.

La nave ammiraglia, pensò Yu.

D'istinto balzò dall'acqua fino all'albero maestro, lassù in alto. I soldati della giunca erano intenti a caricare cannoni, e sul castello di poppa si teneva un piccolo consiglio di guerra, con un gruppo di ufficiali riunito intorno al principe Cao.

Yu non aveva mai visto il suo nemico prima d'ora, ma non dubitò un istante che fosse proprio lui. Era un uomo maturo, di forse cinquant'anni, vestito con un'armatura scintillante: il pettorale e gli spallacci erano formati da centinaia di scaglie di metallo cucite insieme, e lo facevano assomigliare a un drago.

Cao portava un elmo con un alto pennacchio dorato che gli lasciava scoperto il volto, liscio e imberbe come quello di una donna, e stava appoggiato al fodero di una sciabola taglia-cavalli, chiamata così perché, impugnata a due mani da un guerriero abbastanza forte, poteva fermare un cavaliere al galoppo.

La più grandeWhere stories live. Discover now