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Yu non riusciva a muoversi.

Forse era per via del veleno che ancora la paralizzava, o magari era a causa della catena che la avvolgeva dal collo ai piedi.

Ecco come si sente Gigante di Pietra ogni giorno della sua vita, pensò.

Aveva gli occhi aperti ma non riusciva a vedere niente. C'era molto buio. Una stanza in penombra. O forse (decise, per via degli sballottamenti che avvertiva dappertutto) una portantina.

Se era una portantina allora non si trovava più nella locanda di Madame Ching. Dove la stavano portando? Chi l'aveva rapita?

Ripeté mentalmente l'elenco dei suoi nemici: altri pirati, mercanti di Canton, i diavoli stranieri.

Ma la trappola che avevano architettato era ben organizzata e troppo complessa per loro. C'erano stati molti elementi da mettere insieme: la lettera trasmessa a una delle sue piratesse attraverso un funzionario imperiale; le domande di Madame Ching per farle abbassare la guardia; il veleno. Soprattutto: Li Wei.

Era l'unico che conosceva il passato di Yu, perciò in qualche modo doveva essere coinvolto.

Ed ecco quindi chi sono i miei avversari, pensò.

I misteriosi nemici che volevano distruggere la scuola dell'Aria e dell'Acqua. Persone influenti con mezzi quasi illimitati a disposizione. Gente così potente da uccidere un maestro come Peng e ridurre in fin di vita Farfalla Notturna (un uomo che, nonostante i suoi sforzi, Yu non era mai riuscita a sconfiggere in duello).

Quante volte gli ho chiesto di vendicare Peng insieme, ricordò Yu. Ha sempre risposto che non ero ancora pronta, non era il momento giusto.

A furia di aspettare, i loro avversari avevano agito per primi. E lei si trovava in gravissimo pericolo.

Una lama di luce piovve da qualche parte dietro di lei, illuminando la parete di legno della portantina. Una voce disse: — Si è svegliata, signore.

— Così presto? — rispose un'altra voce, acuta, da bambino. — Deve avere una resistenza davvero straordinaria. Ma questo la farà dormire di nuovo.

Una mano le schiacciò un fazzoletto davanti alla faccia. Era umido e aveva lo stesso puzzo mefitico dell'incenso che l'aveva stordita. Yu provò a lottare, ma era immobilizzata e non poté fare niente. Alla fine respirò e si addormentò di nuovo.

Quando riaprì gli occhi era in una cella. Pavimento, pareti e soffitto di pietra. Nessuna finestra, solo una porta sul fondo che almeno lasciava entrare un po' di luce dai bordi.

Non era più legata con la catena, in compenso le avevano messo sulle spalle una canga di ferro pesante forse trenta jin, quadrata, con un buco al centro in cui era stata fatta passare la testa di Yu.

L'attrezzo era formato da due pezzi separati, tenuti insieme da una fila di grossi chiavistelli. Yu provò a toccarli, ma la canga era larga quanto l'apertura delle sue braccia, riusciva ad afferrarne i bordi con le mani e niente di più. Significava che per mangiare avrebbe avuto bisogno di aiuto: da sola non riusciva a portarsi il cibo alla bocca.

Provò ad alzarsi, non ci riuscì. Le gambe erano intorpidite e molli, le braccia le formicolavano. La canga le indolenziva il collo e le spalle.

In quelle condizioni non era in grado di saltare né di combattere. Chiunque l'avesse rinchiusa, conosceva il wushu dell'Aria e dell'Acqua, e sapeva come affrontarlo. Come sconfiggerne la leggerezza col veleno e il peso brutale del ferro.

Si tastò il corpo: le avevano tolto il pettorale di cuoio, la cintura con spada e pugnale, le scarpe in cui aveva nascosto le punte da lancio. Era disarmata. Ovviamente. Avevano fatto un buon lavoro.

La più grandeTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon