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Da quando Yu aveva schivato la frusta di Bai Bai, lei e il locandiere avevano raggiunto una tregua. Il loro silenzioso accordo si basava su una sola regola: lasciarsi in pace.

Fingevano di non vedersi, si rivolgevano la parola solo quando era strettamente necessario.

Yu sapeva che, potendo, il locandiere l'avrebbe scacciata. Ma lei era brava nel suo lavoro, molti clienti avevano preso a volerle bene, e la vecchia Jia negli ultimi tre anni non era ringiovanita: senza un aiuto non ce la faceva più a mandare avanti la cucina.

— Un giorno troverò una nuova cuoca — brontolava Bai Bai — e allora quelle due...

Yu lo lasciava parlare. Che si sfogasse pure, se lo faceva stare meglio.

Comunque da quella fatidica sera la ragazza aveva cominciato a lavorare di più in cucina, e molto meno in sala.

Una notte, verso la quarta veglia quando ormai era ora di chiudere tutto, il locandiere si precipitò in cucina di gran furia. La sua ombra era una macchia scura sulla porta.

— È appena arrivata una ciurma di marinai — annunciò. — Venti persone, vogliono mangiare e bere.

— A quest'ora? — brontolò la vecchia Jia. — Pensavo che le lanterne si stessero per spegnere...

— Non me ne frega niente delle lanterne. Sono venti, hanno lingotti d'argento e collane di monete. Sembrano ricchi come principi...

— Sì, principi — bofonchiò ancora la vecchia. — Al massimo saranno dei pirati.

— Ho detto che non me ne frega niente. Loro pagano e io gli porto da mangiare. Sbrigatevi. E mettete a scaldare quattro o cinque brocche di vino.

Yu sospirò: era stanca morta, si era allenata tutto il pomeriggio (da sola, non aveva più sentito Wei dopo quella brutta discussione allo yamen), e il turno della cena era stato impegnativo. Con Jia avevano già cominciato a rigovernare, invece dovettero riaccendere i fuochi. Era avanzata un po' di zuppa di pinna di squalo, la specialità della casa. Avevano anche della lingua di maiale in salsa d'interiora, e dei granchi al vapore.

— Cos'è questa roba? — protestò Bai Bai quando venne a ritirare il vassoio. — Ho detto che hanno fame! Sono venti, grandi e grossi, questo assaggio non gli basta nemmeno per scaldarsi le mascelle.

Yu allora mise a bollire del riso, frisse delle polpette di pesce e altre con carne di maiale e zenzero. Aggiunse acqua alla pentola dove avevano cotto la salsa d'interiora, per farne un brodo, e ci mise a bollire gli spaghetti.

— Hanno sete, hanno sete! — strillò Bai Bai.

Yu scaldò il vino e lo filtrò, lo versò nelle brocche.

Dato che il locandiere non poteva portar tutto da solo, lo seguì a qualche passo di distanza con un altro vassoio.

Dalla sala arrivavano intanto grida e risate: i nuovi venuti avevano occupato tre tavoli e sembravano parecchio allegri.

Yu, che pure aveva una certa esperienza di tipi loschi, pensò di non aver mai visto una tale risma di furfanti. Avevano l'aria così selvaggia che c'era da chiedersi da dove venissero belve simili, e chi le avesse liberate in una città.

Ce n'era uno, un vero gigante, che come vestito indossava solo una lunga catena di ferro, di quelle grosse e pesanti che servivano per reggere l'ancora delle navi. Gli avvolgeva tutto il corpo, braccia e gambe e torace, come le spire di un immenso serpente.

Yu vide poi un giovane con la testa rasata e interamente dipinta di blu (forse per nascondere i tatuaggi penali da avanzo di galera) e un altro ancora, un nano, che aveva legato alla schiena due grossi martelli alti quanto lui.

La più grandeTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang