Capitolo 37

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La mente di Harry collezionava dettagli di Draco come pietre preziose più che semplici ricordi.

Nella sua testa c'era lui in ogni momento, in ogni angolo di Grimmauld Place in cui avevano fatto sesso Harry avrebbe trovato modo di accucciarsi e affondare la testa nelle ginocchia, piangere fino a smettere di respirare e pregare intensamente perchè il giorno in cui avrebbe potuto rivederlo arrivasse presto.

Eppure, se ripensava alle circostanze che gliel'avevano portato via, continuava a chiedersi dove avesse sbagliato, incapace di individuare la falla, lo spiraglio attraverso il quale uno schiantesimo avesse accidentalmente scagliato contro una colonna di marmo del Ministero Vilde Yaxley, la sorella del Mangiamorte, uccidendola e trasformando la manifestazione pacifica che aveva organizzato con l'aiuto dei Weasley in una tragedia.

In seguito, quella disgrazia parve dimostrarsi solo la prima di una lunga serie.

Le aggressioni ai Mangiamorte erano aumentate nei mesi successivi in modo esponenziale: era come se il tentativo di sensibilizzazione che stava portando avanti tanto disperatamente fosse servito più da incentivo, come se la resa pubblica di quelle aggressioni avesse risvegliato una mania di giustizia nella comunità magica.
Molto di quel trambusto era avvenuto a causa sua, della sua imprudenza.
Col senno di poi ritenne che sarebbe stato più saggio interpellare Hermione prima di dare per scontato che dimostrarsi tanto intimo con Draco Malfoy fosse una buona idea.
Ciò che aveva ottenuto invece era che i giornali sputassero addosso al ragazzo, accusandolo di aver sedotto il Bambino Sopravvissuto con un filtro o un incantesimo per costringerlo a perseguire i suoi scopi e riportare i maghi oscuri al potere.

Più il tempo passava, più faceva freddo fuori casa.
Draco iniziò ad abbassare il capo mentre camminava per le strade di Londra, poi a sussultare ad ogni incrocio, poi a tremare spaventato ad ogni passo finchè non si barricò a Grimmauld Place, trovando sicure solo le braccia di Harry.

Il moro era mortificato dal senso di colpa, accarezzava i capelli liscissimi e sottili del biondo con il mento appoggiato sulla sua testa mentre lui piangeva contro il suo petto e cercava inutilmente di rassicurarlo quando lui stesso iniziava a non credere più in niente.

Per quanto smentisse, per quanto lottasse, il Ministero non gli dava alcun credito, perchè era più comodo che il popolo si sfogasse contro coloro che già erano stati etichettati come i mostri.
Non cambiava mai, non era la prima volta che Harry si ritrovava in una situazione del genere, ma se prima aveva sopportato, con Sirius fuggitivo, con il ritorno di Voldemort, adesso che Draco rischiava la vita solo mettendo piede fuori di casa, il Grifondoro non intendeva smettere di combattere o lasciare che fossero altri a farlo per lui.
Ora che Draco Malfoy era tutto ciò che per lui avesse un significato, avrebbe lottato fino allo stremo delle forze per lui.
Ma non potevano farlo insieme, era troppo pericoloso.
Infatti quella che Ron aveva suggerito all'improvviso già una volta, si dimostrò essere l'idea più sensata: scappare.

Ci fu una notte di Settembre in cui il cielo era squarciato da costanti rombi di tuono, apriva sulla terra una pioggia torrenziale smossa da un vento impetuoso.
Nella cucina della Tana, illuminata da fioche candele, una ventina di persone coperte da fradici mantelli da viaggio scuri discutevano animatamente attorno al vecchio tavolo di legno scheggiato in più punti.

"Non possiamo stare nella foresta per tempo indefinito, Dolohov!"

Sosteneva bruscamente una voce, quella di Theodore Nott e Ron Weasley si accodò a sostegno.

"Vi serviranno delle provviste, Nott ha ragione."

Antonin Dolohov drizzò la schiena e puntò i suoi occhi iniettati di sangue su ognuno dei presenti.

Nightfall Whisper //DrarryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora