Capitolo 37

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Oggi, Los Angeles




Michele stava guardando con odio l'infermiera che aveva difronte maledicendo il giorno in cui aveva scelto di fare quella stramaledetta specializzazione all'estero. Era felice all'inizio, anche quando aveva scoperto che sarebbe andato a New York. Aveva voglia di imparare all'estero, ma mai avrebbe immaginato di ritrovarsi in quella situazione del cazzo.

Non solo a New York gli avevano detto che erano in troppi e non lo potevano prende, cosa che aveva anche accettato visto che gli bastava fare esperienza in un posto, ma lo avevano mandato a Los Angeles dove era stato messo a far numero in pronto soccorso. Si, in pronto soccorso a non fare un cazzo.

Per non parlare del fatto che li lo trattavano come un bambino che non sapeva fare niente e l'infermiera che aveva difronte non era da meno. Aveva una voglia matta di spaccare tutto.

L'unica cosa che lo faceva sfogare molto di più era il fatto di poter imprecare senza essere capito dai presenti.

Il moro stava per mandare a fanculo la donna che aveva difronte, aveva detto che "vaffanculo" significava "ho capito" in italiano, quando altri infermieri entrarono di corsa con qualcuno su una barella e urlando cose che Michele non riusciva a capire. Vedendo però la donna che stava parlando con lui correre dietro la barella la seguì entrando poi nella camera dove era stato posato il ferito. Michele lo osservò attentamente: ragazzo dai capelli biondissimi, poteva avere grosso modo la sua età. La cosa che lo colpì più di tutte fu vedere tanto sangue uscire dal fianco destro del ragazzo e la cosa era accentuata dal maglioncino bianco che il biondo indossava. Michele non perse altro tempo e raggiunse l'altra infermiera iniziando a tagliare il maglione al ragazzo che aveva gli occhi chiusi per liberare la ferita e quindi capire meglio la situazione.

Ferita da taglio fu la sua prima diagnosi e iniziò subito a medicarla, soprattutto a togliere il sangue per non infettarla, mentre l'infermiera faceva domande in inglese al ragazzo che rispondeva con voce bassa segno che era ancora cosciente per loro fortuna.

Una volta finita di medicare la ferita Michele prese ago e filo che gli stava porgendo un altro infermiere e dopo una veloce anestesia iniziò a ricucire la ferita mentre avvertiva su di se gli occhi spalancati del ragazzo che stava medicando.

La fortuna di essere un chirurgo era anche quella di non far tremare la propria mano mentre eseguiva lavori complicati e sotto tenzione e per questo riuscì tranquillamente a ricucire la ferita velocemente sotto lo sguardo attento degli altri infermieri li presenti che prima di quel giorno non gli avevano mai visto fare una cosa del genere. Una volta finito con ago e filo mise un bel cerotto sui punti per poi fasciare il torace del ragazzo.

Fu solo dopo quelle operazioni che alzò il suo sguardo per incrociarlo con quello ambra del bellissimo ragazzo che aveva difronte e che lo sguardava curioso.

-ottimo lavoro- gli disse l'infermiera e Michele annuì senza dire altro e prendendo la cartella che la donna gli stava porgendo per controllare cosa c'era scritto anche se non riusciva a leggere tutto quello che era scritto. Quindi il ragazzo guardò quel foglio giusto per far credere alla donna di aver capito tutto per poi ridarlo alla stessa che uscì dalla stanza lasciandolo da solo con il biondo.

I due però non rimasero molto tempo da soli visto che poco dopo la porta venne nuovamente aperta e due ragazzi entrarono al suo ingresso sotto lo sguardo confuso.

-scusate non si può stare qui- tentò di dire Michele ma per via del suo tono basso visto l'insicurezza delle sue parole in inglese il ragazzo non venne sentito.

-stai bene?- chiese il rosso preoccupato e con lo sguardo che sarebbe stato in grado di uccidere chiunque. Michele a quello sguardo si spaventò e decise di mettersi tra il rosso e il suo paziente sotto lo sguardo confuso di entrambi.

-non potete stare qui, porca puttana- ripeté Michele.

-sono suo fratello- gli fece notare il rosso con calma e curioso di capire cosa fosse l'ultima frase che aveva detto l'infermiere. Michele si tranquillizzò ma poi lanciò un'occhiata all'altra persona che era entrata nella stanza e che non aveva ancora detto niente.

-sono uno- disse allora Michele indicando il castano e il rosso per farsi capire.

-ma...- cercò di protestare il rosso ma venne interrotto dal castano.

-esco io, non servo. Poi mi racconti tutto- e uscì dalla camera mentre il rosso sbuffava e guardava il medico -come sta?- chiese poi mentre Michele sbiancava: come spiegava tutto adesso in inglese? Cassian gli aveva fatto un bel corso accelerato di inglese ma era servito a poco visto che non avevano avuto tanto tempo.

-ehm, non grave. Deve stare a riposo. I punti li toglieremo tra una settimana- riuscì a dire poi Michele. Aveva curato quella ferita personalmente quindi sapeva di averla presa in tempo, un altro po' e sarebbe uscito troppo sangue.

-okay- disse il rosso che non sembrava tanto convinto della cosa ma gli premeva parlare con il biondo quindi non continuò a tartassare l'infermiere, infermiere che rimase comunque in camera ma solo e soltanto per sistemare, e sterilizzare, gli strumenti che aveva utilizzato per la ferita.

-come stai?-

-bene e felice che non sia toccato a nostro fratello- sussurrò il biondo lanciando una veloce occhiata verso il moro che lo aveva curato che però non sembrava star ascoltando la loro conversazione.

-ma te lo sei preso tu? Dov'è adesso? Dovrei arrestarlo- borbottò il rosso incrociando le braccia al petto.

-non lo so, se ne è scappato dopo avermi accoltellato e io ho chiamato te- sussurrò il biondo sospirando e portando una mano sulla perita ormai ricucita e ringraziando chiunque che quella pugnalata di Maurice fosse stata per lui e non per Cassian.

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