15. The Plain A

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Mattheo

Giorno 7
Domenica 10 novembre 1996 ore 12:42

Ormai è passata un'ora.
Un'ora da quando l'ho vista cadere.

Tra le urla terrorizzate di tutti io sono riuscito a vedere un sorriso che le si dipingeva in viso.
Come se fosse felice.
Come se fosse serena.
Come se da lì a poco sarebbe ritornata a casa.

Chissà a cosa pensava.

In infermeria non fanno entrare nessuno.
Hanno detto che ci vorrà del tempo ma che è tutto fuori pericolo, per il momento.

In quei secondi di terrore non sono riuscito a muovermi.
C'era un'immagine impressa che pensava a tenermi a bada.

Sono ancora seduto nelle panchine dello spogliatoio maschile.
Indosso solo un asciugamano in vita e l'aria intrisa di freddo ha pensato ad asciugarmi la pelle che fremeva sotto ogni boccata d'aria.

Penso.
Penso e basta.
Penso fino a quando il mio cervello ne avrà abbastanza.
Penso fino a farmi esplodere la mente.

Come una tortura lenta voluta dal sottoscritto.
Il male mentale a volte mi conduce a voler sentire anche del male fisico.

È tutto nella mia testa e quel "tutto" non lascia spazio ad altro.

Una sigaretta è trattenuta ferramente tra le mie labbra contratte.

Non è accesa.
Entrambe aspettiamo il momento in cui uno lo farà.
Ogni volta che fumo mi immedesimo in una delle mie Chesterfields, dico mie anche se in verità io le abbia rubate una volta nel cassetto di Alexia.

Il fuoco le consuma.
L'unico rimasuglio sono le ceneri che vengono spazzate via da un soffio di vento.
Entrambi consumati.
Entrambi sciupati.
Entrambi inutilizzabili.

Ho freddo ma non troppo da spingermi a coprimi.

Sono appeso tra i miei pensieri quando sento la porta dello spogliatoio aprirsi di colpo con violenza.

Mi alzo di scatto.

Subito noto le ultime due persone che vorrei vedere in questo momento.

Nott e Malfoy.
Una combo invincibile sin dai primi anni di Hogwarts.

«Dove sei, brutto stronzo?» a parlare è quel biondo platinato con più prodotti chimici in testa che in un laboratorio di chimica.

Subito noto le loro facce arrabbiate.
Più che dei ragazzi di 16 anni sembrano due chihuahua bagnati che abbaiano.

«Sono qui» rispondo alla loro domanda.

Già sento una rabbia pervaderci e la cosa non va affatto bene.

Accendo la sigaretta e il calore della fiamma dell'accendino placa per qualche secondo i brividi che mi percorrevano il corpo mezzo nudo.

I loro passi riecheggiano per tutto lo spogliatoio vuoto.

Finalmente mi si palesano davanti con le loro facce arrabbiate.

«Cosa volete, brutti stronzi?» domando come una tranquillità sovrannaturale dovuta alla nicotina che sto espirando.

«Ti rendi conto che è per colpa tua sé Alexia è caduta?» mi urla addosso Theodore.

Faccio un tiro prima di rispondergli con tutta la calma del mondo «è fuori pericolo».

«E se fosse morta?» continua imperterrito.

Sbuffo.
Sentirlo parlare dovrebbe essere inserito nella top 10 delle peggiori torture che esistano in tutto il mondo.

Sonder // Mattheo RiddleWhere stories live. Discover now