41. Carpe Diem

464 22 2
                                    

Alexia

Giorno 25
Giovedì 28 novembre 1996 ore 16:44

Il tempo sembra aspettare che Theodore schianti quel palmo sul mio viso.
Ed è proprio in quegli istanti che penso e ripenso.

Me lo merito davvero? L'ho ferito al tal punto da darmi uno schiaffo? Sono io la merda, l'ho trattato male fin dal primo giorno e non c'è mai stata una volta in cui lui sapesse che qualunque cosa sarebbe accaduta avrebbe potuto contare su di me, su di noi.

Perché sì, non ero pronta ad affrontare una relazione e al posto di illuderlo potevo tranquillamente dirglielo.
Lui mi voleva davvero bene e invece io l'ho sempre trattato come un essere secondario.

Mi merito quello schiaffo per qualunque cosa. L'ho deluso e sono delusa, specialmente da me stesa perché sono il peggio di quello che potevo diventerà e di quello che ero.

I suoi occhi verdi erano felici quando i miei si posano e tutto sembrava fiorire ma qualsiasi cosa facessi, era terribilmente sbagliata.
Lo ferivo e lo illudevo e non se lo sarebbe mai meritato.

Avevo dato speranza ad un nostro "noi" senza farmi un esame di coscienza per capire se eravamo pronti.
Theodore aveva bisogno di un sostegno dopo la morte di sua a madre e di suo fratello non ancora nato e invece ho pensato che solo io potessi avere dei problemi.
Quanto sono stata stupida, pensando che mi avrebbe potuto aiutare senza nemmeno venire a conoscenza dei demoni che mi porto appresso.

La percezione del mondo cambia minimamente quando capisci tutti i tuoi errori, vorresti rimediare ma sai che nel futuro ricadrai nelle stesse buche.

I miei occhi si serrano come per paura di quello che già so che accadrà.
Già posso sentire il dolore pungente della forza con cui sembra aver caricato il braccio.

Attendo quello che reputo la mia punizione. Aspetto e quando nella mia testa scoccato 5 secondi, non mi capacito del motivo per cui io non abbia sentito niente.

Decido di aprire un occhio e distruggere il buio che sembrava così confortante.
L'ansia che brontolava nel mio stomaco sembra scomparire pian piano mentre lascia dietro di sé una scia di tremori incontrollabili e di brividi quasi pungenti.

Vedo la mano di Theodore ferma a mezz'aria a pochi centimetri dal mio volto.
I miei occhi scattano sul suo viso contornato da un'espressione di puro dolore.
Le sue sopracciglia castane sono corrucciate mentre noto l'evidente sforzo che prova nel distogliere il suo polso dalla presa di Mattheo.

I suoi occhi scuri sono puro fuoco e non appena le sue pupille saettano sulle mie per controllare come stessi, vedo un'ira incontrollabile accedere il suo animo apatico e costringerlo a smuoversi dal suo stato passivo.

Vedo un istinto non indifferente attraversargli le iridi come due lame affilate, un istinto pericoloso ma non per la sua incolumità.

Non c'è più la cognizione del tempo e sembra che tutto si sia fermato a partire da me e dal mio cuore che batte così forte da non sentirlo più nel petto.

Vedo la sua vera natura dietro quel muro di ombre che si era innalzato parecchio tempo fa.

«Mattheo» sospiro fievolmente notando la sua evidente voglia di vedere il sangue di Theodore macchiarlo di rosso.

Non è più in sé e quella rabbia che si porta appreso è solo una pietra che lo sta distruggendo gradualmente.
Certe volte mi domando quale sia la sua vera natura. È davvero il mostro che vuole sembrare di essere? O è solo un'illusione?

«Mattheo non fargli male» la mia è una supplica velata dalla paura di quello che accadrà.

È imprevedibile. Irascibile. Senza rimorsi. Lui si fa trascinare dalle sue idee malate e non riesce a gestire l'istinto animalesco.

Sonder // Mattheo RiddleWhere stories live. Discover now