48. Flame Paradise

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Alexia

Giorno 26
Giovedì 29 novembre 1996 ore 01:03

La stanza inizia a diventare un unico cumulo di fuoco. I miei polmoni inalano solo fumo cancerogeno e non posso far altro che accontentarmi di ciò.

Annaspo e nel mentre la mia vista si appanna ogni secondo di più.
In questo momento penso di star attraversando la fase di accettazione. Almeno che un angelo non venga a salvarmi penso che questi siano gli ultimi momenti che vivrò viva e vegeta.

Sento una potente rabbia verso coloro che identificavo come genitori. Qual era la necessità di tenermi per 16 anni, all'oscuro della verità?
Il fatto che loro non siano i miei genitori biologici non voleva dire che non li avrei amati.

Pensando a tutti gli sforzi che ho fatto per tornare ad essere felice, per continuare a sorridere, ora vorrei cancellare tutto, togliere il freno che mi costringeva a non andare mai oltre il limite.

Cancellerei tutto e farei qualsiasi cosa che avesse detto l'istinto. Anche se l'istinto pregava di togliersi di dosso quelle mani che toccano ciò che non avrebbero dovuto toccare.

In questo momento mi sento così sola e triste che penso al fatto come la morte mi possa colpire fino a un certo punto.
Fuori c'è Pansy. Da quello che ho capito ha già perso abbastanza.

La morte devasta coloro che rimangono. La morte è un qualcosa di così astratto che nemmeno puoi capire. Cosa ci sarebbe stato dopo? Sarei caduta in un sonno profondo? Ci sarebbe stato un paradiso? O avrei continuato a vagare nel mondo sotto gli occhi di tutti?

Vedere le gente soffrire per te e pensare che non sta facendo male.
I miei occhi si chiudono spontaneamente ma non mi è comunque semplice riaprirli. Non voglio nemmeno farlo.

Mi sento stanca e il calore mi sta devastando. Attorcigliandosi alla gola e restringendo una presa attorno ai miei polmoni che mi lascia senza fiato.
Tutto attorno a me è diventato una palla arancione e infuocata che non fa altro che mangiare qualsiasi cosa si ritrovi vicino.

Sono seduta vicino al comodino e in mano sto tenendo quella dannata pagina di diario. Vorrei buttarla tra le fiamme ma tenere tra le mani quel pezzo del mio passato mi fa sentire potente, quasi come se adesso avessi la balia di quello che è successo.
Come se adesso potessi controllare Marisol e i suoi istinti dannosi.

Lei era una parte nociva di me che ho estrapolato via nel vano tentativo di salvarmi.
La mia anima pesava più della sua esistenza.
In quel momento ho provato sulla mia pelle cosa volessero dire le persona quando si accenna "l'istinto di sopravvivenza".

Procurarmi dolore era all'ordine del giorno ma ero consapevole che non avrei mai provato pace nel togliermi completamente il diritto di vivere.

Era una forma malata in cui mi costringevo a soffrire per cercare di distrarmi dai tagli sanguinanti della mia anima. Non volevo guarire, volevo solo stare peggio perché sapevo che me lo meritavo.

Eppure pensavo di non avere il diritto di stare male.
E così, un altro giorno passava e un altro ancora. La mia vita è stato un peso fino a un certo punto, poi i giorni hanno iniziato ad andare avanti e allora avevo capito che la terra non aveva smesso di ruotare per me.

Io dovevo stare al passo con lei e non era lei a farlo con me.

Eppure dopo aver abbandonato Marisol sentivo un vuoto in più. Mancava un pezzo dal momento che avevo tagliato la mia anima.

È proprio in questi momenti che cerchi fare tutto quello di cui l'indomani potresti pentirti ma d'altronde, non so nemmeno se per me ci sarà un domani.

Sonder // Mattheo RiddleWhere stories live. Discover now