29. Searching the Star

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Mattheo

Giorno 15
Lunedì 18 novembre 1996 ore 05:11

«Avevi detto che non ci avresti più parlato!» strilla la rossa mentre io sto fumando una sigaretta.

Vorrei solo rilassarmi ma non me lo permette.

«Stai zitta. Non è colpa mia se mi perseguita»

«Ho visto come la guardavi»

«E come la guardavo?» la provoco.

La conversazione si sta infuocando troppo e devo spegnere la sigaretta per poter discutere.

Mi alzo dal letto arrabbiato e mi metto davanti a lei.

Non risponde.
Posso avvertire la paura che le impedisce di farlo.

«Come la guardavo?» domando nuovamente con un tono di voce più duro.

Odio quando la gente non mi risponde.
Odio quando la gente deve parlarmi quando mi fumo la mia sigaretta mattutina.
In questo momento sto odiando tutti gli esseri viventi di questo mondo.

«Come se... » non trova le parole.

Lo sapevo.
Sorrido.

«Non guardo nessuno diversamente da come guardo te o le altre, specialmente una ragazzina come lei»

«La provochi» risponde di rimando.

Ancora non ha capito con chi parla.

«E lei mi risponde, puro divertimento e basta»

Eppure è sempre lì.
Sempre presente anche quando non c'è.

«La guardi con occhi diversi»

Quella frase basta per mandarmi fuori di testa.
La stessa rabbia che cerco di sfogare sul sacco in questo momento sta prendendo il mio corpo e lo sta rendendo suo schiavo.

Le afferro i polsi con una presa talmente salda che le sue espressioni di dolore riescono a farmi capire quanto effettivamente le stia facendo male.

«Smettila di sparare cazzate»

Gli occhi sono sempre stati un mio punto debole.
Non posso decidere cosa vogliono far vedere.
Sono sempre stati come uno specchio che riflette la mia anima, sono sempre stati la parte più pura del mio essere.

Sanno perfettamente cosa provo e a volte lo vogliono mostrare al mondo.
Odio i miei occhi perché sono identici a quelli di mia madre.

«Mi fai male» la sua voce viene soffocata dalla mia mente.

Non riesco a sentire nulla se non suoni ovattati anche se i miei pensieri riescono a comunque a rimbombare dentro essa.

Passa qualche secondo e sono di nuovo rinchiuso in una stanza buia con urla che invadono le mie orecchie e un bambino che prega di diventare sordo affinché tutti quegli urli smettano di tormentarlo anche la notte.

Prega di diventare cieco affinché quella luce verde smetta di illuminare il buio.

Prega che un giorno anche la sua anima gli venga tolta dal corpo affinché non possa più provare tutti quei sentimenti.

«Mi fai male, cazzo!»

Non sento più niente se non la sua voce melodiosa.
Sono disperso in un turbine di caos e sentimenti di cui l'unica ancora di salvezza è dispersa in quello stesso buio in cui non trovo più luce.

Il passato è un mostro.
La differenza è che non sono io a comandare lui ma è lui a comandare me.

Un tempo mi salvavo leggendo ma sopratutto scrivendo, desideravo diventare un giornalista ma il primo lavoro a cui ardevo era lo scrittore.

Sonder // Mattheo RiddleWhere stories live. Discover now