Addii e problemi

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Soundtrack
"Aerials" - System Of A Down

* * *

Le due e mezza di notte, di quel freddo cinque di Febbraio, ed Athena uscì dalla villa in punta di piedi, proprio come aveva detto avrebbe fatto a suo tempo, senza far rumore.
Carica delle sue cose stipate nei borsoni, con il cuore distrutto e l'anima altrettanto a pezzi, richiuse dolcemente la porta dell'ingresso dietro le proprie spalle non appena l'ebbe varcata.

Mise tutto nella macchina presa a noleggio al suo arrivo, di cui doveva ancora aggiornare il pagamento e prolungarne l'affitto, e partì piano facendo il meno rumore possibile; varcò il cancello di legno, col tempo aveva scoperto che fosse dotato di una cellula di rilevamento che lo faceva aprire in automatico non appena qualcuno vi si fermava davanti, e ricordò di essersi vergognata in quell'occasione.

Aveva infatti esposto ad un Jinkai ridente la sua perplessita circa il fatto che ogni volta, quel cancello si apriva da solo per farla entrare, e lui le aveva riso in faccia.
"Sei assurda, Athena-san. É ovvio si apra da solo, visto che é progettato apposta."
Le aveva detto, facendola appunto vergognare come una sciocca per non averci pensato.

La strada si stendeva davanti a sé vuota, ad Asakusa il traffico notturno non era usuale come nel cuore di Tokyo, nessun impedimento quindi al viaggio che compiva in quella città, l'ennesimo in pochi mesi che vi aveva trascorso.

I lampioni rischiaravano il suo viso tirato quando vi passava sotto a velocità moderata, non era saggio guidare spericolatamente nelle condizioni emotive in cui si trovava, e poi che fretta poteva mai avere?
Quella di chiudersi in un altro anonimo albergo?

Il cuore tremò al pensiero che non avrebbe trovato in nessun altro luogo il calore che le infondeva la casa di Jinkai e le persone che la abitavano, ma lo scacciò dalla mente dicendosi che alla fine, sapeva che sarebbe finita così, no?
Lo aveva sempre saputo che, una vita intera al fianco di Jinkai, era solo un'utopia, no?

Eppure no, per un breve attimo di vita ci aveva creduto, sperato, e lo aveva desiderato da morire.
Ma evidentemente era nata per soffrire, la sua vita non contemplava l'ipotesi di donarle qualcosa di positivo e, anche se lo faceva ed una felicità capitava quasi per sbaglio, le veniva portata via in fretta senza darle nemmeno il tempo di godersela.

Jinkai era stato la sua felicità capitata per sbaglio, lui e tutto ciò che gli gravitava attorno e tutto ciò che si portava dietro in quanto essere umano, e non aveva avuto il tempo necessario per goderselo appieno, fino in fondo, e potergli dire che alla fine di tutto, anche lei lo aveva amato.

Ma ormai cosa importava?
Per cosa struggersi?
Per cosa sopravvivere?
Athena davanti a sé vedeva solo oneri e indagini da compiere in onore della sua coscienza, ed anche il desiderio di vendetta su chi le aveva causato un anno di carcere era svanito come fumo lasciandole un vuoto assoluto dentro.

Parecchio tempo dopo la sua partenza dalla villa, si fermò nel primo albergo che incontrò lungo la sua strada; l'insegna al neon azzurrina recava la scritta "motel", ed anche se un motel non era proprio ciò che cercava, conoscendo quelli americani malandati e sporchi, si disse che era troppo stanca per proseguire e tanto valeva fermarsi.
Se poi fosse stato proprio una stalla di motel, il giorno dopo poteva benissimo andarsene e cercare qualcosa di meglio.

Il motel dava proprio sulla strada principale, separata da questa solo da un piazzale ben custodito per le auto; si ergeva in lunghezza ed aveva tutta una serie di porte di color verde chiaro lungo una passerella coperta da una tettoia altrettanto verde, alla fine della passerella piastrellata in terracotta vi era un'altra porta con accanto una piccola insegna al neon che recava la scritta "ufficio".
Athena vi si recò dopo aver spento il motore e tolto le chiavi dall'auto.

Yakuza AffairsWhere stories live. Discover now