Boston

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Soundtrack
"Lonely Day" - System Of A Down

* * *

Il taxi sfrecciava veloce sulle strade di Boston bagnate della consueta pioggia invernale; rigagnoli lasciati dalle grosse goccie sul finestrino scorrevano via obliqui sotto la forza della velocità del mezzo, il cielo era scuro, grossi nuvoloni grigi e a tratti neri, in lontananza alcuni lampi illuminavano per la frazione di un secondo quel manto plumbeo ed Athena desiderò solo sprofondare in un abisso e non uscirne più.

Dopo undici ore di volo si sentiva a pezzi sia dentro che fuori, ma la stanchezza fisica era nulla in confronto a quella dell'anima, giacché ancora una volta si trovava a fare i conti con qualcosa di doloroso ed annientante, ancora una volta si trovava a dover sopportare dure prove sul suo cammino.

Sarebbero finite prima o poi tutte quelle calamità?
Avrebbe trovato prima o poi la felicità che cercava?
Sapeva di dover essere forte, sua madre aveva bisogno proprio della sua forza e del suo sostegno, ma non ce la faceva più; prima la morte di suo padre, poi la distruzione della sua squadra ad opera di chissà chi e la barbara aggressione subita da Ursula, il carcere, il matrimonio di Jinkai ed ora quello, era davvero troppo.

Sospirò pensando che Takeshi l'avrebbe raggiunta solo in serata, giacché il suo volo da Tokyo era partito più tardi rispetto al proprio; in quel momento più che mai comprese quanto avesse bisogno della sua rassicurante presenza familiare, e per un attimo sorrise pensando che sarebbe stato davvero strano averlo a casa propria, dove Taker aveva dato il benestare affinché usasse la sua stanza.

Invece, per quanto riguardava il suo viaggio, doveva ammettere che gli affiliati di Jinkai si erano comportati impeccabilmente con lei; rispettosi e gentili, si erano proposti di esserle d'aiuto per qualsiasi necessità avesse avuto con sua madre o per altri motivi, ed Athena sapeva che doveva questo esclusivamente al suo Yakuza.

Era stato tremendamente doloroso separarsi da lui, come se avesse ricevuto una pugnalata dritto al cuore; all'uscita del gate in aeroporto, si erano fermati a fissarsi negli occhi in silenzio, seri, con profonde emozioni nella pancia e la speranza di rivedersi presto, poi lui l'aveva baciata dolcemente stringendola forte, finché quel bacio si era trasformato in disperato commiato.

Athena aveva percorso il sentiero per i controlli volgendogli spesso occhiate addolorate, lo aveva visto immobile nello stesso punto con lo sguardo fisso su di lei e le mani sprofondate nelle tasche del cappotto, finché non aveva dovuto imboccare le scale che portavano al gate, portandosi come suo ultimo ricordo un sorriso bellissimo ma amaro.

E già le mancava come l'aria, anzi, le era mancato appena imboccate le scale.
"Dove trovo la forza per affrontare tutto questo?"
Si chiese fissando fuori dal finestrino del taxi, e si accorse che stavano per arrivare ai cancelli della clinica che già si intravedevano in lontananza attraverso la cortina di pioggia scrosciante.

Mezz'ora dopo si accingeva al capezzale della madre, nella sua stanza di degenza privata, perché da quando Jinkai pagava la retta, forse aveva anche preteso che le venisse usato un trattamento speciale.

Entrò nella stanza dal forte odore di medicinali e sussultò quando la vide; stesa nel suo lettino bianco con lo schienale leggermente rialzato, al suo fianco un macchinario che emetteva un fastidioso rumore acustico ogni cinque secondi e tubicini infilati nelle braccia, nonché un grosso tubo infilato nella trachea.

Si avvicinò lentamente fino a fermarsi accanto al letto e notare il pallore sulla sua pelle quasi interamente raggrinzita; macchioline scure spruzzavano le sue braccia ed il viso e le sue vene erano talmente evidenti da formare un reticolo tortuoso, la pelle era secca e piena di grinze, i capelli stavano ingrigendosi rapidamente e diventando sempre più radi, di fatto sua madre sembrava un'anziana mentre aveva solo superato da poco i cinquant'anni.

Yakuza AffairsWhere stories live. Discover now