Lie

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Una settimana prima dalla cattura di Yoongi.

Una mela rotoló sul pavimento freddo, un ragazzo dai biondi capelli camminò lentamente inseguendola.
Quando essa cessò di camminare per il lungo e oscuro corridoio il ragazzo si piegò afferrandola tra le sue piccole dita. Sospirò guardandola.

Il suo volto era apatico, non vi erano alcun tipo di emozioni. Si sentiva intrappolato, si sentiva smarrito.
Erano anni che chiedeva aiuto, ma esso non arrivava mai.

Si sentiva in trappola, sì era decisamente in trappola.

Il biondo guardò la lucente mela rossa camminando lentamente verso la sala da pranzo, si accomodò sulla bianca sedia in legno e fissò il quadro che aveva dinanzi a lui, vi erano dipinti degli alberi e un vasto cielo. Il ragazzo avvertiva la libertà in quel dipinto, una libertà che egli non aveva.

Addentó la mela e dopo minuti di silenzio si alzò andando in bagno.
Riempì la vasca completamente d'acqua e vestito vi si immerse.
Restò immobile nel liquido trasparente osservando il nulla desiderando di svanire.

Aveva bisogno di aiuto, ma esso non arrivava mai.

Era un mostro.
Era un fallito.
Era uno scarto della società.
Doveva morire eppure perché nessuno lo uccideva?
Perché lo fermavano dalle sue imprese suicide?
Il mondo era così strano.
Park Jimin desiderava con tutto il suo cuore tornare a sorridere.
Desiderava essere il ragazzo di un tempo.
Desiderava essere un umano.

Avvicinò un palmo dinanzi al proprio viso e lentamente l'acqua si sollevò.
Era un mostro. Soltanto un mostro.
Non meritava di vivere.

Immerse la testa nell'acqua e rimase sotto per dieci minuti senza che nulla gli accadesse.
Lui stesso era l'acqua.
Così come era fuoco, aria e terra.

Il giorno della cattura di Yoongi.

Park Jimin quella mattina decise di uscire di casa. Non avendo amici non usciva mai, l'unica persona con cui parlava era sua madre che non riusciva a comprendere il suo male, sua madre che non voleva mettere fine alle sofferenze del ragazzo. Lei non lo capiva e non l'avrebbe mai fatto.

Svoltó l'angolo per rendersi invisibile, non amava essere visto dalla folla. Odiava avvertire gli sguardi degli estranei su di lui.
Camminò a lungo quella mattina nascosto dalla società, ma la sua camminata fu interrotta da una melodia triste e sofferente che proveniva da un negozio di musica.
Decise di entrarci per ascoltare meglio quella melodia che poteva benissimo essere il sottofondo della sua vita.

Seduto ad un pianoforte vide un ragazzo con una felpa nera ed il cappuccio alzato. Tornato visibile al mondo decise di restare nascosto dietro un angolo ad ascoltare.
Lo ascoltò a lungo mentre una lacrima solitaria scese lungo il suo viso di porcellana poi guardando il pianoforte involontariamente lo fece bruciare.

Park Jimin sgranò gli occhi a quel suo gesto involontario scaturito dalla sua forte emozione. Impanicato guardò il ragazzo che si era alzato di scatto ed aveva iniziato a provare ad estinguere le fiamme con vari movimenti di mani. Era un mostro anche lui? Pensò Park Jimim. La clientela urlò correndo via dal negozio terrorizzata.
Il ragazzo biondo non sapeva cosa fare, era la prima volta che gli capitava una cosa simile.

Notò che il ragazzo che suonava ormai lo stava fissando. Il suo cuore accelerò maggiormente.
Lo udì urlare «EHI, VIENI A RISOLVERE QUESTO CASINO!»
Cosa poteva fare Jimin? Aveva troppa paura per muovere un singolo muscolo.
Piangendo diventò invisibile, sentì qualcosa cascare e notò tra le fiamme il corpo del pianista steso per terra, svenuto.

Era colpa sua. Presto quel ragazzo sarebbe morto.
Poteva salvarlo, ma il suo corpo si rifiutava di muoversi.

Poco dopo nel negozio di musica fece irruzione una squadra armata. Avevano una divisa strana, Jimin gli osservò con gli occhi sgranati e nonostante fosse invisibile corse al riparo.

Quando le fiamme si placarono il ragazzo avvertì una voce.
«Meno male è vivo. È una cavia preziosa, non dobbiamo lasciarcela sfuggire. Min Yoongi conosciuto anche come il dio del fuoco. Immobilizzatelo, mettetegli qualcosa contro la sua mutazione così starà buono finché non arriviamo a destinazione. Soldato 046 assicurati che Jeon sia immobilizzato, se perde il controllo durante il ritorno potremmo essere in grossi guai.» la voce era di una donna, si intravedevano ciocche bionde.

Cosa stava succedendo al mondo? Jimin osservò la scena ansimando dal terrore. Il ragazzo fu legato in maniere disumane, fu bendato e successivamente un liquido verde gli fu iniettato del collo.

Jimin provò a scappare, aveva troppa paura, nel correre però inciampó facendo cadere una pila di dischi, la squadra armata sollevò lo sguardo, la donna disse «C'è un mutante invisibile in questa stanza, ne sono certa. Pronti a sparare. Uccidiamolo. È sicuramente inutile per le nostre ricerche.»

Lui era inutile.
Inutile.
Fallito.
Un mostro.
Inutile.

Era davvero inutile Park Jimin?

Una rabbia improvvisa assalì il ragazzo che per evitare i colpi di armi da fuoco che venivano sparati da ogni angolazione tramutò il proprio corpo in acqua affinché i colpi lo attraversassero, facendo ció tornó visibile.

La donna bionda rimase colpita nel vedere quello spettacolo.
«Abbiamo l'acqua e il fuoco nella stessa stanza. FERMI NON SPARATEGLI! CATTURATELO!»

Jimin udendo quelle parole creò uno scudo facendo crescere dal pavimento di pietra degli arrampicati.
«Ma che mostro è?»

Mostro.
Lui era un mostro.

Rilassó le braccia portandole lungo i fianchi abbassando poi la testa mentre delle lacrime iniziarono a scendergli lentamente.

Gli arrampicanti si ritirarono nel suolo svanendo lasciando solo un pavimento distrutto e in quel momento lo immobilizzarono.

Park Jimin non oppose resistenza.
Si sentiva vuoto.

Liberami da questo inferno.

Non riesco a fuggire da questa sofferenza.

Per favore salva il me stesso che è stato punito.

«Ti farò una serie di domande. Voglio che tu risponda con sincerità.» quella dannata voce femminile.
«Come ti chiami?»
«Park Jimin...» il ragazzo stava sussurrando.
«Quanti anni hai?»
«Diciannove.»
«Bene Jimin...cosa fai nella vita?»

«Niente.» Jimin guardò interessato il legno scuro del tavolo.
«Hai mai fatto del male a qualcuno?»
«Vale me stesso?» domandò il ragazzo.
La donna lo guardó spiazzata e poi annuì.
«Sì.» rispose Park Jimin.
«Hai controllo delle tue abilità?»
Jimin chiuse gli occhi.
«Sì.»
«Hai una famiglia?»
«Ho solo mia madre.»
La donna sorrise alzandosi dalla sedia «Bene, dimenticala. Adesso qui troverai una nuova famiglia.»

«Non ho bisogno di nessuno... voglio stare solo e morire.» 

Mutants || BTS ||Onde histórias criam vida. Descubra agora