Capitolo 44

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Jungkook sorridente tornò a casa quella sera, orgoglioso del suo operato scolastico, fece il suo ingresso nella modesta casa che condivideva con i suoi genitori mostrando un enorme sorriso. La madre vedendolo così gioioso si avvicinò a lui accarezzandogli i capelli scuri «Amore, sei tornato. Come mai tutta questa gioia?» il corvino sorrise abbracciando forte la mamma «Sono andato benissimo a scuola, ho avuto il massimo! Mi hanno riempito di complimenti!»
La donna fiera di suo figlio lo riempí di attenzioni, invitandolo successivamente a cenare con lei e il padre che lo attendeva seduto a tavola, stanco dopo una faticosa giornata di lavoro.

Seokjin quella sera stava passeggiando con le mani in tasca, non aveva alcuna destinazione precisa, per caso si ritrovò dinanzi ad una piccola casa dall'aspetto accogliente, scorse la luce accesa in quella che doveva essere la cucina, quando intravide una famiglia allegra sul suo volto si formò un sorriso spontaneo, sincero ma allo stesso tempo malinconico. Il ragazzo avrebbe tanto voluto una famiglia normale; sua madre era morta uccisa da un mutante, mentre suo padre era freddo e distaccato, sempre concentrato sul suo lavoro e sul suo progetto di sterminio dei mutanti, a Seokjin tutto questo pareva un secondo olocausto.
Emise un lungo sospiro avanzando poi per la sua strada senza meta precisa.

Nel suo vagare nel nulla, Seokjin incrociò per la strada un ragazzo che stava scappando da qualcosa, era alto e di bella presenza, ma pareva terrorizzato, teneva le mani premute sulle orecchie. Rimase spiazzato da tale visione, poi udì delle sirene in lontananza e decise di precipitarsi da esse, in un men che non si dica Seokjin giunse in uno spiazzale in cui vi erano molte auto della polizia, su una macchina vi era di petto un ragazzo bruno sicuramente più piccolo di lui, stava piangendo disperatamente mentre due grosse ali si completavano sempre di più lungo la sua schiena, le piume erano nere come il petrolio, il bruno stava urlando il nome di qualcuno, lo chiamava fratello e implorava di aiutarlo. Seokjin capì subito che quel ragazzo fosse un mutante e che la sua maledizione si stava manifestando per la prima volta. Gli fece tanta pena, ma non mosse alcun muscolo per andare in suo aiuto, anche perché non poteva far nulla.
Dopo un po' di tempo in cui Seokjin era immerso nei suoi pensieri, al ragazzo fu tagliata nettamente un'ala con annesso urlo pieno di dolore, questo fece tornare Seokjin alla realtà avvertendo anche qualcosa rompersi nel suo petto a quella vista, poi come svegliatosi da un lungo sonno scosse il capo mormorando un nome: «Taehyung?»

Hoseok corse prendendosi una lancia di diamanti dritta nel petto.

La fenice si mostrò al mondo urlando ed emettendo un calore immenso.

Taehyung con le ali bianche rideva mentre correva nel prato seguito da un uccello infuocato.

Jimin si immerse completamente nella vasca della sua casa.

Namjoon osservò con occhi grandi un veleno verde.

Hoseok ingoiò tre pillole guardando il nulla di quella vuota stanza bianca.

Yoongi lanciò una chitarra contro un pianoforte marrone distruggendolo.

La fenice cantò dolcemente.

Taehyung piantò un coltello affilato dritto nel petto del padre.

Namjoon fece un pieno di benzina.

Yoongi si unì passionalmente con Jungkook.

Jimin stava stretto nel petto di Hoseok, che nel mentre gli accarezzava dolcemente i capelli.

Seokjin...

Jungkook si ritrovò solo in una stanza seduto su una fredda sedia, aveva dei fili su tutto il corpo collegati ad un grande macchinario ed una camicia di forza.

«Adesso ti farò una serie di domande. Ti chiedo di rispondere sinceramente.»
Jungkook spaventato si guardò attorno non capendo se la voce provenisse dalla sua mente o meno.

«Puoi per favore dirci il tuo nome?»
La voce proveniva da un altoparlante, era femminile.
Il ragazzo era esausto, si sentiva pesante, a stento riusciva a tenere gli occhi aperti, quella era stata per lui una giornata davvero fuori dal comune.
«J-J-Jeon Jungkook...»

«Bene Jungkook, quanti anni hai?»
«Diciassette.»
«Cosa fai nella vita?»
«Per ora sono uno studente.»
«Hai mai fatto del male a qualcuno?»
«No.»

Bugiardo.

«Ti sono mai successe cose...anomali?»

«...» il tono della voce del ragazzo era calato, svenne prima che la donna potesse porgli l'ultima domanda

"Sai cosa sono i mutanti?"

Io sono un dio.
Il dio del fuoco.
Niente e nessuno potrà estinguermi.
Però ho ugualmente bisogno di lei.
Ho bisogno della fenice.

Yoongi si svegliò in una stanza bianca e molto illuminata, era legato ad un letto e aveva una camicia di forza, sì sentì spaesato, impaurito.
Provò a bruciare ciò che lo teneva prigioniero, ma non ci riuscì.
Una donna entrò nella stanza sorridendo con una cartellina in mano.
«Ciao Yoongi, ben sveglio. Mi spiace dirti che sarà tutto inutile. Potrai provare all'infinito a bruciare ciò che ti circonda, ma non ci riuscirai mai.»
L'alta donna bionda aprì la cartellina e tirò fuori un foglio.
«Min Yoongi. Ventuno anni. Pirocinesi ed esplosioni. Hai ucciso la tua famiglia e commesso altri omicidi. Sei ricercato sia per questo sia perché a notte fonda ti sei intrufolato in un negozio di musica» fece una breve pausa sistemandosi gli occhiali «E adesso ti sei macchiato anche di aver incendiato un pianoforte.»
«Non sono stato io ad incendiare il pianoforte...» sussurrò il ragazzo «Glielo giuro, non sono stato io, non lo farei mai...»
«Io non ho finito di leggere ragazzo.» rispose la donna con freddezza alzando gli occhi sul mutante legato.
Yoongi si ammutolì chiudendo gli occhi e poi dopo alcuni secondi di totale silenzio udì un urlo che lo fece sobbalzare.


Liberami da questo inferno.

Non riesco a fuggire da questa sofferenza.

Per favore salva il me stesso che è stato punito.

«Ti farò una serie di domande. Voglio che tu risponda con sincerità.» quella dannata voce femminile.
«Come ti chiami?»
«Park Jimin...» il ragazzo stava sussurrando.
«Quanti anni hai?»
«Diciannove.»
«Bene Jimin...cosa fai nella vita?»
«Niente.» Jimin guardò interessato il legno scuro del tavolo.

«Hai mai fatto del male a qualcuno?»
«Vale me stesso?» domandò il ragazzo.
La donna lo guardó spiazzata e poi annuì.
«Sì.» rispose Park Jimin.
«Hai controllo delle tue abilità?»
Jimin chiuse gli occhi.
«Sì.»
«Hai una famiglia?»
«Ho solo mia madre.»
La donna sorrise alzandosi dalla sedia «Bene, dimenticala. Adesso qui troverai una nuova famiglia.»
«Non ho bisogno di nessuno... voglio stare solo e morire.»

Jungkook spalancó gli occhi impaurito, ricordava come ultimo avvenimento di aver visto Taehyung incappucciato, ma al momento questo pareva essere l'ultimo dei suoi problemi. Il tornando stava arrivando. Scosse energicamente il corpo addormentato di Yoongi dicendo ripetutamente «Sta arrivando, sta arrivando. È davvero la fine, cazzo è la fine!» Yoongi mugoló svegliandosi più confuso che mai, ma anche irritato per quel brusco risveglio «Jungkook che diamine succede ultimamente?» il corvino si mise seduto sul bacino del suo amato, lo afferrò dal colletto e disse «Zitto e baciami ora, è un addio questo.»
Le loro labbra si unirono.
Una farfalla sbattè le sue ali.

Sul mondo discese l'Apocalisse.

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