Capitolo XX

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< Freddie! FREDDIE! Non correre, piccolo! > urlò Louis, correndo istintivamente dietro a suo figlio. Era bastato un secondo di distrazione da parte del liscio e Niall stava già correndo lungo la spiaggia di Los Angeles con un sorriso immenso sul volto.

Quale giorno prima, Louis aveva portato Freddie a LA per fargli trascorre un po' di tempo con Josh, il migliore suo amico che aveva conosciuto all'asilo. Tuttavia, Josh si era sentito male il giorno prima e l'incontro era saltato subito, lasciando padre e figlio a godersi da soli le attrazioni e la spiaggia di Los Angeles, che, insieme, avevano visto mille volte.

Il passo di Freddie aumentò notevolmente quando vide suo padre rincorrerlo e velocemente il piccolo si diresse verso la riva del mare. La schiuma bagnò i suoi sandali e la sabbia bagnata schizzò lui suoi pantaloncini color beige, sporcandoli, ma Freddie non si fermò: finalmente poteva rivedere il mare e, se suo padre gliel'avesse permesso, avrebbe fatto anche il bagno in esso. Purtroppo però, Freddie non ebbe nemmeno il tempo di chiederglielo perché, per colpa di una rocca nascosta sotto la sabbia, il bimbo inciampò, finendo a capofitto nell'acqua.

< Freddie! > Fortunatamente per il piccolo, Louis lo tirò fuori dal mare, battendogli subito e più volte la mano sulla schiena.

Il bambino tossì fuori quel goccio d'acqua che aveva bevuto per sbaglio e sbattè più volte gli occhi, guardando il padre con occhi sgranati e spaventati prima di scoppiare a piangere.

< Ho paura! > urlò Freddie, agitando mani e piedi contro il busto del padre, che allungò le braccia per evitare di essere colpito. < N-non voglio stare qui! >

< Dai, tesoro.. > disse Louis con la voce dolce e impostata che era solito usare quando si trovava con Freddie. < Hai solo bevuto un po' d'acqua ma l'hai sputata subito, no? Ti ha aiutato papà a farlo. >

Freddie ignorò il padre e continuò a piangere, stringendosi al suo collo per poter nascondere la faccia nella sua camicia. Anche se il biondino aveva trascorso la maggior parte della sua vita a Los Angeles, precisamente a giocare sulle coste della città, un incidente simile non gli era mai capitato.

< Freddie.. > Tomlinson accarezzò dolcemente la schiena del figlio e tornò a riva, andando a sedersi sulla sponda, dove l'acqua arrivava bassa e tranquilla, lasciando qualche alga o paguro sulla spiaggia calda. < È stato un incidente, amore. Gli incidenti capitano..  > I suoi pantaloni neri erano completamente zuppi, come metà camicia e come le vans prodotte da Louis Vuitton, che aveva pagato un occhio della testa. Ma a Louis non importava affatto, e non perché era uno degli uomini più ricchi d'America - Beh, forse anche per quello -, non gliene importava perché in quel momento ogni fibra del suo corpo era concentrata per far calmare il suo bambino e per farlo sentire a suo agio. < Come quando giochi con le macchine. >

< I-il mare fa la bua.. > mormorò il biondino, asciugandosi gli occhi lacrimosi con il dorso della manina.

< Se il mare facesse davvero la bua, non pensi che papà sentirebbe male? > chiese il liscio, passando una mano tra i capelli biondicci e bagnati del figlio.

< E ti fa male..? >

Louis scosse la testa lentamente e mise le mani nell'acqua fresca della baia di Santa Monica, facendo un sorriso al figlio. < Nemmeno un po', piccolo. >

Freddie sorride davanti a quella "prova di coraggio" del padre e portò le manine ai capelli del padre, divertendosi a scompigliarli. Quello era un piccolo gioco che il piccolo adorava e che solo lui poteva fare.

< Oh, vieni qua, piccola peste! > Louis prese suo figlio per i fianchi e lo alzò al cielo, prima di farlo scendere e riempire le sue guance di baci affettivi, felice che Dio gli avesse dato un bambino così bello. Perché per Tomlinson, Freddie era tutto e niente poteva venire prima di lui. E, tutte le volte che doveva riportarlo a casa della sua ex, al liscio si spezzava il cuore poiché sapeva che Freddie non era felice al fianco di quella donna terribile che, purtroppo, aveva vinto la custodia del figlio. "Sono già passati nove giorni" pensò Louis, continuando a riempire di baci il volto del figlio che, imbarazzato, si stava dimenando. "Domani dovrò già riportarlo da Briana e potrò rivederlo solo tra un mese..."

Dopo vari tentativi, Freddie riuscì a sfuggire dalle braccia del padre e cadde sulla sabbia morbida della spiaggia, tirandosi su subito. < Facciamo un castello?! > chiese Freddie con un sorriso sulle labbra, voltandosi verso Louis. < Lo fai con me, papà? >

"Ci vuole così poco per tirargli su il morale" Louis annuì e continuò a sorridere. < Va' a prendere i giochi, piccolo. Faremo un castello gigante! >

Freddie rise leggermente, contagiato da tutto quell'entusiasmo, e corse verso le tre guardie del corpo che Louis continuava sempre a portarsi dietro. A Freddie non era permesso conoscere i loro nomi, suo padre non voleva che li sapesse, ma il piccolo non si era mai rifiutato di sorridergli calorosamente e di parlare con loro.

"Certo che ha fatto un bel tuffo.." pensò Louis, facendo un sorriso leggero e sensuale come solo lui sapeva fare ad una ragazza che passò davanti a lui. "Per fortuna non si è fatto male."

< Signore? >

Tomlinson distolse lo sguardo dal culo sodo e rotondo della donna per portarlo su volto scuro della sua guarda del corpo, togliendosi subito dopo gli occhi da sole dal volto. < Che c'è? >

< Genevieve Parker, una donna delle pulizie che lavora in casa sua, vi ha appena contattato sul vostro secondo numero. > disse l'uomo, mostrando a Tomlinson la schermata del cellulare che, per l'appunto, segnava la chiamata ancora attiva della ragazza. < Dice che necessita della sua presenza perché questa è un urgenza. >

"Saranno i soliti problemi casalinghi" pensò sbuffando Tomlinson, riabbassando subito gli occhiali sul volto. "Quante volte le avrò detto di non chiamare!" < Sono con mio figlio, Harvey. > tagliò corto Louis, riportando lo sguardo sul mare. Quando il lisci era con suo figlio, non tollerava di dover assecondare le "puttanate" altrui.

< Sì, Signore. > disse l'uomo, afferrando il concetto di Tomlinson, ma non fece in tempo a riattaccare che la voce di Genevieve uscì forte e chiara dal cellulare.

< HARRY! > urlò. < S-Signor Tomlinson, riguarda Harry! >

L'attenzione di Louis venne catturata da quel nome e, in un secondo, il liscio afferrò il cellulare dalle mani dell'uomo, portandoselo all'orecchio. < Che succede? > chiese subito Tomlinson, alzandosi da terra. < Harry ha qualche problema? >
Anche se Tomlinson non sopportava venire interrotto quando stava con Freddie, fu Louis stesso a dirsi che quella poteva considerarla un'eccezione: Harry gli era costato un occhio della testa, doveva almeno assicurarsi che durasse un po'.

La prima cosa che Louis sentì, furono i vagiti e i singhiozzi della ragazza e, solo successivamente, la sua voce. < M-mi dispiace... > mormorò la ragazza tra le lacrime. < I-io non volevo..! >

< Papà! >

Louis abbassò lo sguardo non appena sentì la camicia che gli veniva tira, per ritrovarsi il suo bel bambino con un mano un secchiello pieno di sabbia.

< Amore, aspetta un attimo. > lo fermò Louis, prima che Freddie potesse solo aprire la bocca. Il liscio allontanò il cellulare dall'orecchio e portò tutta l'attenzione al figlio. < Papà deve finire una cosa adesso, tu intanto inizia, okay? >

Freddie rimase in silenzio per qualche secondo prima di annuire e allontanarsi, sedendosi in un punto dove la sabbia non era né troppo secca né troppo bagnata. "Certe volte sembra mamma..." pensò il biondo, iniziando a scavare il fossato del castello. "Ma papà è meglio"

< Genevieve, sei ancora in linea? > chiese Louis, non appena riportò il cellulare all'orecchio.

< S-sì. >

< Allora parla chiaro, voglio sapere quel che è successo. > disse con voce dura il liscio, inconsapevole della tragedia greca che sarebbe venuta fuori da lì a poco.

I'll Save You - Larry Stylinson || SOSPESAWhere stories live. Discover now