Capitolo XXIX

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«Va tutto bene, Harry?»

Il sottomesso annuì, ancora stordito e sconcertato, prima di riportare la sua attenzione traballante sullo schermo della televisione - una tv così grande che gli metteva inquietudine solo a guardarla. Non aveva la minima idea di che film stavano guardando lui e il suo padrone, seduti uno sopra l'altro sul divano e con delle pizze da asporto, poiché ogni sua fibra era impegnata a metabolizzare il nuovo ambiente che lo circondava.

"Questa casa è così grande.." «S-sì, Daddy.» Harry si strinse nella coperta calda che Tomlinson gli aveva dato prima di farlo sedere sopra di lui e si rannicchiò contro il suo petto come un piccolo cagnolino abbandonato. "Finirò per perdermi e.. cavolo, l'altra casa era molto più bella." «N-Non preoccuparti.»

Grazie all "atto vandalico" - come l'avevano definito i poliziotti che avevano parlato con Tomlinson - lui e il suo padrone si erano dovuti trasferire un'altra delle sue case, una villa che si sporgeva sulla costa e che, attraverso una scaletta, portava ad una piccola spiaggia che moriva subito nel mare. Era bella ed enorme, e questo Harry non poteva negarlo, ma quell'improvviso trasferimento non gliel'aveva fatta apprezzare fino in fondo: trovava quelle mura bianche troppo soffocanti, quelle stanze troppo squadrate e regolari e... forse sarebbe più riassuntivo dire che quell'ambiente perfetto per Tomlinson era fin troppo soffocante per il riccio.
Ma a Harry andava bene.
Doveva andare bene e non avrebbe fatto niente per esprimere il suo disagio al suo padrone, poiché non doveva avere scelte o iniziative sui suoi progetti - o almeno era questo quello che pensava.

"P-però.. in questa casa dovrei essere al s-sicuro.." pensò il sottomesso, affondando la guancia contro il petto di Tomlinson prima di posare i suoi occhioni tristi nel vuoto. Sorrise quasi, tra la tristezza e i pensieri di quel momento, quando le braccia del suo padrone si strinsero dolcemente contro il suo corpo, come per offrirgli tutto in conforto che voleva. Quella vicinanza insolita e quasi shockante era nata a causa degli avvenimenti successi precedentemente, facendo provare al riccio un senso di vuoto dentro di sé che solo con un abbraccio o una carezza riusciva a colmare. Come se provasse un bisogno nel essere coccolato,
Una piccolezza che purtroppo non aveva mai avuto negli anni che aveva vissuto nella casa. O nella topaia, come la definiva il suo padrone. Lì, l'unica dolcezza che avesse mai ricevuto era stato un veloce complimento da parte di uno dei tutori, che l'aveva definito come "un bel corpo da scopare". Niente di più.
Da Sam, invece...
Harry scosse la testa e si rannicchiò contro le coperte, cercando di ignorare i ricordi; cercando di ignorare il ricordo di quegli occhi marroni che lo fissavano silenziosi.
E no
No
No
Non voleva ricordare, non voleva pensarci. Non voleva niente di tutto quello! Voleva solo-

«Che diavolo ti prende, Harry?» chiese il suo dominatore, con voce dura ma piena di confusione, nel sentirlo smuovere con ansima e agitazione sopra di lui. Le sue mani, forti e grandi, andarono a posarsi sui fianchi del minore, come per fermarlo, ma si ritirarono non appena i suoi occhi azzurri incontrarono quelli verdi, tristi e... pieni di terrore del suo sottomesso. E fu lì, che Louis capì che qualcosa non andava. Certo, con tutto quel che aveva fatto passare a Harry e con quel fottuto "atto vandalico" non poteva pensare che il suo piccolo sottomesso non ne restasse sconvolto.
Sconvolto, esatto
Non terrorizzato, con le pupille così dilatate che l'iride vi andava quasi a sparire.
No, decisamente c'era qualcos'altro sotto che spaventava Harry e Louis era disposto a tutto pur di scoprire cosa. «Che cos'hai, tesoro?»

«N-niente, Daddy.» rispose prontamente Harry, distogliendo lo sguardo dagli occhi perforanti del liscio. «Sono... Sono solo stanco.»

«No, Harry. Non è solo stanchezza questa e non osare mentirmi» ribatté Tomlinson, afferrando il suo volto con una mano per costringerlo a guardarlo negli occhi. «Penso che tu abbia capito cosa ti succede se ti azzardi a mentirmi, no?»

Harry deglutì pesantemente, cercando di nascondere le lacrime e il terrore che lo stava attanagliando, ma non osò spostare lo sguardo da quello del suo padrone. Avrebbe dovuto parlare con Louis di quel che aveva visto? Sì, decisamente. Ma l'avrebbe fatto? No. E non perché voleva del bene a Sam - quell'uomo l'aveva violentato per anni e solo adesso che Harru aveva aperto gli occhi e visto chiaramente tutte quelle violenze subite, sapeva che non avrebbe mai potuto provare per lui nessuna idea di bene. - ma perché qualcosa dentro di lui gli impediva di parlarne.
Come se un masso di cinquanta chili fosse stato posato sulla sua gola, così che non potesse parlare. Tuttavia, Harry non aveva intenzione di tenere quel masso contro la sua gola per tutta la vita..

«Questo è un ordine, Harry.» chiarì Tomlinson, quando il suo sottomesso non osò aprire bocca riguardo i problemi che lo affliggevano. Aveva quasi ucciso il suo collega d'affari per molto meno ed avrebbe rivoltato il mondo pur di capire perché ci fosse quel terrore e quel disagio nei suoi occhi. «Voglio sapere cosa ti prende e lo voglio sapere adesso.»

«I-io..» la voce del sottomesso uscì fioca e tremolante dalle sue labbra e non poté fare a meno di trattenersi quando i primi singhiozzi comparvero insieme alle lacrime. Aveva paura, tanta paura, che Sam potesse tornare per lui
Che potesse ferirli di nuovo
Che potesse fare del male al suo dominatore
E che-
«S-Scusami, D-daddy.» singhiozzò Harry, scuotendo la testa prima di asciugarsi le lacrime con le maniche della maglia che stava indossando. Doveva parlare di quel che era successo, doveva tirare fuori ogni problema, doveva raccontare tutto al suo padrone.. doveva o Sam sarebbe tornato, per fargli del male. Per ferire entrambi.
E Harry non voleva permettere che accadesse. Tuttavia...
«Ho.. ho s-solo paura. T-tanta paura! P-per tutto quello c-che è successo e-e.. e-e perché-»
"D-devo dirglielo!"

«Perché, tesoro?» sussurrò preoccupato il suo dominatore, accarezzando dolcemente il suo volto per calmarlo. Non voleva vederlo piangere così, per colpa di una paura probabilmente infondata.

«P-perché..» singhiozzò Harry, nascondendosi dal suo sguardo per poter piangere liberamente. Doveva dirlo. Doveva liberarsi di quel pericolo.
Di quella paura.
Di tutta quella pressione. «l-lui era l-lì, Daddy! M-mi g-guardava, n-nascosto tra i-i cespugli e-e... s-scusami!»

Il gelo cadde sulle spalle di Louis non appena sentì quelle parole. Erano uno scherzo? No, quelle lacrime non potevano essere false e quei singhiozzi non potevano essere simulati. Quello era un puro pianto di terrore. «Lui chi, Harry?»

«S-sam! L-lui era lì!»

// Smut -2

I'll Save You - Larry Stylinson || SOSPESAWhere stories live. Discover now