42. Di nuovo lui

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"Mamma, papà!" esclamò il ragazzo una volta varcata la soglia di uno degli appartamenti di centro città più stupefacenti nel quale mi avessero mai accolta, sembrava tanto una di quelle abitazioni futuristiche delle riviste di designe e già mi sentivo in imbarazzo pensando che noi avevamo ospitato Vernon a casa nostra, i due luoghi non erano minimamente paragonabili "Nessuno risponde" disse scoraggiato e subito sparì lasciandomi da sola davanti alla porta d'ingresso.

Erm... che si fa ora?

«È come se stessi diventando ricca inalando quest'aria» riflettei a bassa voce, e più i mie occhi si guardavano intorno, più diventavo curiosa di scoprire ogni centimetro di quella casa.

"Assurdo!" esclamò il biondo tornando da me "In casa non c'è nessuno, eppure mi avevano detto che ci avrebbero aspettati per poter pranzare insieme" si lamentò portando una mano fra i capelli.

"Stai tranquillo-"

"Sono tranquillo!" mi strillò in faccia frustrato, ma si ricompose subito dopo vedendomi soffocare una risata "Chiamo mia madre e l'avviso del nostro arrivo" mi informò e poi sparì un'altra volta lasciandomi sola.

Continuai a guardarmi in giro e i miei occhi ricaddero sulle mie scarpe. All'ingresso c'era una specie di mobiletto e notai che Vernon aveva lasciato le sue proprio sopra di esso, probabilmente in quella casa bisognava togliersi le scarpe prima di entrare e così procedetti con la loro rimozione rimanendo scalza.

"y/n, vieni qui" mi incitò Vernon tornando da me e lo seguii verso l'interno dell'appartamento curiosa.

"Hai chiamato tua madre?" gli domandai mentre i miei occhi schizzavano da una parte all'altra impertinenti.

"Mi ha detto che sono usciti entrambi per lavoro, torneranno questa sera" sbuffò ma il sorriso tornò sul suo volto in meno di un secondo "Ti piace casa? Ho notato che la stai osservando come ossessionata" scoppiò a ridere.

"È bella" dissi diventando un termosifone per quanto scottavo.

"Mi fa piacere ti piaccia, vieni che ti mostro la tua stanza intanto" mi sorrise salendo le scale di quell'attico immenso "Lì c'è anche il bagno" indicò un'altra porta, ma io ero troppo impegnata ad ammirare la camera che aveva detto sarebbe stata la mia per ben cinque giorni, non vedevo l'ora di dormire su quel letto per testare la sua comodità, sicuramente sarebbe stato all'altezza.

"È bellissim-"

"Sì, d'accordo... che ne dici se andiamo in giro fra un po'?" propose avviandosi verso la porta.

Annuii non aspettandomi una proposta così improvvisa "C-certo"

"Perfetto, ti lascio il tempo di sistemare la tua valigia e poi usciamo per pranzo" mi rivolse un ultimo sorriso e finalmente fui sola, quindi libera di buttarmi su quel famoso letto.

«È bellissimo» inspirai a piedi polmoni l'odore delle lenzuola e affondai la faccia nel materasso non volendo disfare il letto per provare anche il cuscino. Successivamente mi alzai in piedi e iniziai a scattare diverse fotografie alla stanza, perfino l'interno degli armadi e se Vernon avesse aperto la porta mi avrebbe colta in fragrante mentre paparazzavo qualsiasi oggetto presente nella camera «Non vedo l'ora di inviare tutte queste fotografie alle mie amiche, finalmente posso vantarmi anche io come quelle snob che postano qualsiasi storia Instagram, ovunque vadano» ghignai malefica mettendomi in posa davanti alla finestra e facendo partire l'autoscatto mi scattai diverse foto.

Una volta ultimate le riprese da diva inviai un messaggio ai miei genitori avvisandoli che ero arrivata sana e salva a New York, ma quando feci lo stesso con Taehyung non mi rispose subito come invece mi aspettavo.
Il messaggio non sembrava nemmeno essere stato recapitato...

«Forse gli è morto il telefono» dissi sistemando alcuni vestiti sul letto in modo da potermi cambiare «O forse è impegnato» continuai «Ma sono sicura mi chiamerà appena vedrà il messaggio» sorrisi tra me e me.

°•°•°•°

Uscimmo di casa che ormai era ora di pranzo a New York e quindi ci affrettammo a dirigerci in una tipica rosticceria per gustare un autentico hamburger. Vernon andava pazzo per quel locale e dopo aver sperimentato la cosa potei dargli ragione perché il cibo era delizioso e servivano anche diverse varietà di hamburger, persino quelli fatti di verdure anziché carne.

Il mio amico fremeva dalla voglia di portarmi a visitare Time Square, aveva parlato di quella piazza per tutto il viaggio in aereo, almeno finché non mi addormentai....

Così, prendendo un taxi, ci avvicinammo il più possibile alla zona appena citata. Quando giungemmo a destinazione avvertii un euforia farsi strada dentro di me, ero al settimo cielo perché mi trovavo in uno dei luoghi più famosi del mondo.

Ammirai le varie pubblicità e insegne che adornavano il famoso incrocio. Quelli erano gli stessi cartelloni su cui venivano affisse le facce di tante star famose, faceva un certo effetto.

Ero pronta per farmi scattare altre mille fotografie e postarle su ogni social esistente? Certo che sì.

"Vernon, scusami-"

Provai a chiedere una mano al mio amico, ma sembrava alquanto agitato in quel momento.

"Sì, dimmi" mi rivolse un'occhiata furtiva mentre continuava a guardarsi in tondo "Tu vedi una pubblicità di Beyoncé da qualche parte?" mi domandò.

Lo guardai confusa e cercai con lo sguardo ciò che mi aveva chiesto anche se era impossibile vista la quantità smisurata di persone che c'era intorno a noi, ero quasi sicura di aver visto anche un tipo senza pantaloni.

"Quella?" domandai al biondo puntando il dito verso un'insegna che subito dopo scomparì lasciando spazio ad una pubblicità di profumi.

"Cosa?"

"Quella! Lì prima c'era Beyoncé!" esclamai e l'immagine della cantante apparve un'altra volta.

Vernon sobbalzò esaltato "Doveva proprio scegliere un'insegna a scatti? Guarda, è pieno di cartelloni fissi qui" parlò sbuffando ma non sembrava si stesse davvero rivolgendo a me.

"Ma cosa stai dicendo-"

"Vieni" mi strattonò con sé finché non arrivammo proprio sotto quella famosa insegna "Aspettami qui, d'accordo?" disse serio.

"Vernon, non credo di capire"

"Tra poco torno qui da te, aspettami e non muoverti per nessun motivo al mondo da questo punto" mi raccomandò e piano piano la sua figura si fece sempre più lontana.

Mi aveva mollata in mezzo alla piazza?

Strinsi più forse la tracolla della borsa che indossavo impaurita di essere rimasta senza nessuno circondata da tutta quella gente.

Sobbalzai quando sentii una persona venirmi addosso per sbaglio e mi caddero gli occhiali da sole dalle mani finendo per terra.

«Accidenti» borbottai piegandomi per raccoglierli, ma qualcuno mi batté sul tempo prendendoli per me.

"Stai attenta, non sembrano essersi rotti comunque" disse quella persona.

E non riuscii a pensare ad altro che non fosse stato quel tono di voce così famigliare, inoltre, a New York, qualcuno mi aveva appena parlato in coreano ed era troppo singolare come particolare per non essere notato.

Alzai lo sguardo verso il suo volto.

Era proprio lui.

Era proprio lui

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𝑴𝑰𝑲𝑹𝑶𝑲𝑶𝑺𝑴𝑶𝑺 | kim taehyung • readerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora