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La mattina dopo una sbronza, non inizia mai bene: testa pesante, capogiri e quando sei fortunato, solo un senso di vomito che durerà per tutto l'arco dell'intera giornata; accompagnando la tua debolezza, le tue occhiaie e le paranoie.

E a proposito di paranoie: sono a lavoro ormai da due ore e Jack sembra tranquillo, per niente a disagio, come invece lo sono io. Ogni qual volta mi guarda o mi tocca i fianchi per passare da una parte all'altra del bancone, sento di voler sparire nel nulla. Continua a comportarsi come se nulla fosse successo, come se quel bacio, non fosse accaduto.

Mi è sfiorata l'ipotesi – o forse era vana speranza – che potrebbe non ricordare, ma sono piuttosto sicura che l'alcol bevuto ieri sera, non avrebbe mai potuto recarci una tale sbornia da avere dei vuoti di memoria.

Per quanto riguarda me, mi sento costantemente a disagio, anche solo a sfiorargli il braccio mentre afferro delle bottiglie o dei bicchieri. Inoltre, sono debole, e l'odore degli alcolici mi mette la nausea.

«Non avremmo dovuto bere così tanto.»

La voce di Jake, mi arriva chiara e limpida mentre sorride alla ragazza che ora, al bancone, sta aspettando d'esser servita. E' così concentrato a guardarle lo scollo della maglietta, che quasi penso non stia effettivamente parlando con me.

«Oh, ecco perché sembrate dei bradipi stasera.» Si intromette Charles affiancandomi, «se fosse concesso a un dipendente, di prender decisioni per un suo medesimo, vi licenzierei all'istante per non avermi invitato al vostro festino hot. Davvero impensabile per me, che beviate senza la mia essenziale presenza.»

Alzo gli occhi al cielo prendendo una cannuccia e la metto all'interno del cocktail pronto, che poi adagio sul vassoio del cameriere.

«Mi scoppia la testa, Charles.»

Lui ride schioccandomi un bacio veloce sulla guancia.

«L'importante comunque dopo una sbornia, è ricordare tutto.» Jake attira la mia attenzione e blocco i miei movimenti.

Non ho la più pallida idea di cosa dire. Ma non mi rimane che restare in silenzio, quando sorride lievemente e serve la cliente che gli sorride di rimando, ammiccando.

«Vado a sistemare delle cose in magazzino», farfuglio avvisando i due ragazzi, «ci pensate voi qua?»

Guardo Charles che annuisce e comincio ad allontanarmi portando le mani nei capelli per sistemare la coda alta. La mi reale intenzione, non è affatto dirigermi in magazzino, ma piuttosto prendere una boccata d'aria nel retro del locale.

Quella situazione con Jake, così come già ne ero consapevole ieri sera quando ho lasciato che mi baciasse, mi mette parecchio a disagio e mi fa sembrare quel posto di lavoro, improvvisamente stretto e scomodo. Non provo nulla per lui e come ho già detto è solo attrazione fisica e anche se così non fosse, farei di tutto pur di preservare la nostra amicizia. Non cercherei mai di trasformare questo rapporto in qualcos'altro.

La porta al mio fianco, per mia sfortuna, si apre e rivela proprio il ragazzo in questione. Mi guarda perplesso, senza accenno di sorriso. E' serio, come quelle poche volte che l'ho visto infastidito o indeciso se dire qualcosa o meno. E, di solito poi, ogni volta che l'ha detta, ha alterato qualcosa.

Ed ora, è uno di quei momenti.

«Non dobbiamo per forza parlarne.»

Ascolta le mie parole e aggrotta le sopracciglia nel frattempo che resto appoggiata con le spalle al muro.

E' di fronte a me, con le mani dentro le tasche dei jeans.

«Perché lo credi?»

«Perché è stato l'alcol a farci avvicinare in quel modo, Jake.»

𝘿𝙚𝙫𝙞𝙡'𝙨 𝙂𝙡𝙤𝙬 || hsWhere stories live. Discover now