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Hailey

Questa mattina, il cielo è cupo, pieno di nuvole cariche d'acqua che aspettano solo il via dal vento, per potersi riversare sulla terra.

Sotto di loro, cammino con il cappuccio della mia felpa bianca sulla testa e le mani dentro alle tasche del cappotto nero. Fa freddo, ed il soffiare del vento, mi scompiglia i capelli, mi accarezza la pelle e mi fa respirare a pieni polmoni. Mi dirigo verso l'unico posto che conosco, per starmene completamente sola, dove nessuno mi ronza intorno.

E' proprio lungo il tragitto che penso alla festa di ieri sera, alla quale ho partecipato per togliermi dei dubbi, ma dalla quale ne sono tornata con trecentomila domande in più, nella mia testa piena di pioggia e nebbia; una tempesta che neanche quella che si prepara a venir giù, può mettersi a confronto.

Harry Styles, ha solo aumentato la mia curiosità e confermato il dubbio che anche lui, come me, pensa di avermi già incontrata.

Però per tutta la notte, in molteplici tazze di caffè, non sono riuscita a trovare riferimenti.

Giungo alla mia meta e tutto è come al solito e lui è sempre fuori con lo sguardo perso nel vuoto che chissà, se mai io ci provassi, magari potrei di nuovo riempirlo, così come lui riempirebbe il mio. E' seduto sulla carrozzina, le gambe inermi, i capelli biondi scompigliati dal vento che gli lasciano ben libero il viso sfigurato. Ha una giacca pesante di lana, dei pantaloni di tuta e delle ciabatte grigie. Una copertina di un celeste spento, come lui, è adagiata sulle sue cosce ed è impassibile ai compagni che gli passano davanti, lentamente, e lo salutano.

Alle sue spalle, c'è l'edificio grigio, in pietra antiquata. I fiori, nonostante il temporale che si appresta ad arrivare, rendono quel giardino così bello e colorato che ora, tornassi indietro di qualche età e di qualche luogo, tornerei a raccoglierli per lui come un tempo. Appoggiata al solito tronco d'albero, distante metri, lo osservo ricordandolo nei suoi momenti migliori, ma ogni volta, dura poco, poiché il suo viso sfigurato, mi riporta a pensieri passati, che non mi fanno controllare la rabbia e serro la mascella.

Non cerco di avvicinarmi come ormai faccio da qualche anno, perché se anche lo facessi, la sua mente malata ormai non mi riconoscerebbe più e quello so potrebbe farmi più male di quanto io non ne senta già.

Sono anni che non mi avvicino a lui, ma lui s'avvicina sempre a me, in sogno. Lo vedo rincorrermi nel prato, lo vedo farmi le trecce, lo vedo farmi gli scherzetti, nascondermi gli oggetti per farmi impazzire. Lo vedo sempre sorridere, con la pelle liscia, spuntellata da un pò di barba scura e quei capelli, lunghi fino al collo, biondi come i miei.

Alza per qualche secondo gli occhi e mi sento di svenire, quando sembra stia guardando proprio me. Ma so, in realtà che non è affatto così. Infine, un'infermiera, giovane e delicata gli si avvicina e gli accarezza prima le braccia, poi la guancia, così come vorrei fare io; poi lo riporta dentro l'edificio.

***

«Com'è andata la festa di ieri?»

Jake è accanto a me, ed alza la voce per farsi sentire nel frattempo che la musica è alta e abbiamo ormai cominciato a lavorare da qualche ora. La serata è più movimentata del solito e la gente balla vicino ai loro tavoli. I sabati sera, sono fatti solo di musica alta, e gente ubriaca al novantanove percento.

Penso per qualche lampo di secondo alla sua domanda, e in realtà non so neanch'io com'è andata quella festa.

«Direi bene, a parte il fatto che Paul è sparito con una donna e non s'è più fatto vedere.»

«Tipico di Paul», dice alzando gli occhi al cielo, «e come sei tornata a casa?»

«In taxi.»

«Avresti potuto chiamarmi.»

𝘿𝙚𝙫𝙞𝙡'𝙨 𝙂𝙡𝙤𝙬 || hsWhere stories live. Discover now