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Hailey

Mi siedo sfinita accanto il sacco da box e mi beo dei raggi solari che riscaldano ulteriormente il mio corpo, mentre un leggero venticello, che sento quasi impercettibile sulle spalle nude, mi scompone i pensieri.

Non riesco a porre fine alla valanga di dubbi e paure che mi affollano e mi aggravano le emozioni. Ciò che V, non mi ha rivelato al cellulare, mi ha messo parecchia agitazione e avrei voluto ricevere immediatamente spiegazioni.

Perché mi ha detto di entrare dentro la clinica, cos'ha il mio lui che io non so?

Il rumore della porta vecchia e arrugginita del tetto, mi porta a cancellare ogni schema mentale.

«Che fine hai fatto?» Candice cammina decisa, con il sorriso stampato in viso, «non ti vedo da quando c'è stato... l'incidente.»

«Casa, lavoro. Solite cose.»

«Stai bene?»

Poggio i palmi delle mani a terra per sostenere il mio peso mentre la guardo.

«Tutto bene. Tu?»

«Uhm, sì.»

Prendo la bottiglia d'acqua e ne bevo una piccola quantità, vacillando nell'indecisione del chiederle immediatamente di farmi entrare alla clinica; oppure di aspettare ancora e proporre quell'idea pian piano.

La vedo scrutarmi per bene in viso tentando di estrapolare informazioni più dettagliate, rispetto a quel semplice tutto bene. Avrà decisamente notato il mio tono tormentato.

«O-okay, se ho fatto qualcosa che ti ha infastidito in qualche modo, scusami, mi dispiace.»

«Non hai fatto niente, Candice» alzo gli occhi al cielo, «smettila di pensare di esser sempre tu il problema.»

«Be' la gente non me lo rende facile.»

Si siede al mio fianco incrociando le gambe e giocherellando con i lacci della sua scarpa.

«Non puoi scusarti per qualcosa che non hai fatto.»

Alza le spalle e sorride «bel difetto eh?»

«Non è un difetto.»

«Hai mai pensato che forse hai sbagliato mestiere?»

Alzo un sopracciglio e la guardo perplessa.

«Cioè forse invece di fare la bartender, avresti dovuto fare la psicologa.»

Sorrido e scuoto la testa e nel frattempo che la vedo ridere, mi torna in mente solo ciò che ha detto V.

«Vorrei venire alla clinica con te, un giorno.»

Smette immediatamente di ridere e allunga il collo incredula.

«Cosa? Tu? Alla clinica?!»

Annuisco scrollando le spalle con ovvietà. Come se fosse normale che qualcuno ti chieda all'improvviso e senza apparente motivo, di voler entrare in una clinica psichiatrica come se stessi proponendo di fare una passeggiata al parco.

«Perché vorresti entrare là?»

«Perché no?»

«Cioè, avevo capito che eri strana e hai detto più volte che le discoteche o i posti comunque affollati non ti piacciono. Ma addirittura preferire andare in una clinica psichiatrica...» batte ripetutamente le ciglia totalmente indignata, «perdonami, ma non stai bene.»

Alzo gli occhi al cielo.

«Candice, è per una visita. Ovvio no?»

Abbassa le spalle, «certo, giusto.» Volge lo sguardo alle sue scarpe, ma poi mi fissa di nuovo, «ma perché andarci con me?»

𝘿𝙚𝙫𝙞𝙡'𝙨 𝙂𝙡𝙤𝙬 || hsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora