ᶠᴼᴿᵀᵞ ᴼᴺᴱ ❙ ᴿᴱᶜᴵᴾᴱˢ †

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"Dedicato alla tristezza
nascosta che custodisci
gelosamente
dentro di te"

†     †     †

Talvolta la gentilezza
comune
nella vita dei di più
era un ricordo nuovo e
deprimente

-𝒜. 𝑀.

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𝐴𝑙𝑎𝑠𝑘𝑎'𝑠 𝑝𝑜𝑖𝑛𝑡 𝑜𝑓 𝑣𝑖𝑒𝑤

Trangugiai l'ennesimo frullato proteico che mi aveva preparato Steven. Ero stufa e sapevano di chimico, ma lui faceva leva sulla mia alimentazione, soprattutto dopo che gli avevo confessato quale fosse stato il mio atteggiamento nei confronti del cibo per tutti quegli anni. Erano passate due settimane da quando ero arrivata al Dark Obscure, ero sottoposta a sforzi fisici che mettevano a dura prova anche la mia forza mentale ma ero arrivata alla conclusione che fossero diventati la mia unica valvola di sfogo.

«Fa schifo» protestai ingoiando l'ultimo sorso e mi leccai il labbro superiore con la lingua per pulirlo dal baffo verde. Steve stava ancora sbattendo il suo, si era appena accostato accanto a me dopo aver fatto una corsa «ti fa bene, devi mangiare» mi diede una pacca sulla spalla visibilmente affannato e mi sedetti sulla panca passandomi una mano tra i capelli sudati.

«Non devi farmi da mammina» lo canzonai fissandolo di sottecchi, alzò le sopracciglia scrollando le spalle e si passò un'asciugamano sulla fronte, «cerco solo di facilitarti il periodo di allenamento, visto che fai il quadruplo di quello che una recluta normale farebbe in un mese. Oltretutto il carico che porti tu è di una rilevanza maggiore. Se non mangi, non avrai le energie neppure per pensare».

«Forse non dovevate portarmi qui e basta, no?» sussurrai con una nota di rancore e appena lo dissi mi pentii sperando che non mi avesse sentita, ma si frizzò sul posto abbassando lo sguardo su di me. Scese alla mia altezza inclinando la testa di lato: «non l'ho voluto io. Purtroppo io faccio parte di questo meccanismo e non saprei cosa farne della mia vita altrimenti. Nessuno di noi l'ha voluto. Ci sei nata in questa vita, tua madre te l'ha solo nascosto. Mi dispiace che sia successo così in fretta e che tu non abbia avuto neppure il tempo di metabolizzare».

Me lo diceva sempre, e non ce l'avevo con nessuno in realtà. Ero arrabbiata con il mondo e quindi mi arrabbiavo con chi mi stava intorno; attaccavo chi cercava di tendermi la mano perché mi sembrava impossibile che la cosa che aveva reso così ingiusto il mio destino fosse la stessa che cercasse di rimediare a quel guaio tramite altre persone.

Volevo una vita normale, l'avevo sempre voluta. Volevo sentirmi normale, stare tranquilla e saper apprezzare la vita per quella che era, non cercare automaticamente un significato che andasse ben oltre a ciò che gli occhi riuscissero a intravedere. Le persone potevano considerarlo un dono, ma mi consumava il cervello.

𝐃𝐀𝐑𝐊 𝐎𝐁𝐒𝐂𝐔𝐑𝐄 | [h.s]Where stories live. Discover now