❲ ᴘʀᴏʟᴏɢᴜᴇ ❳

902 25 2
                                    

❙ Four years ago ❙

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.


Four years ago

† † †

𝐴𝑙𝑎𝑠𝑘𝑎'𝑠 𝑝𝑜𝑖𝑛𝑡 𝑜𝑓 𝑣𝑖𝑒𝑤

La mia cassa toracica era un tamburo nel petto, il mio cuore uno strumento stonato e assordante che accecava i pensieri, le lacrime accecavano la vista, ma ero troppo forte per poter piangere ancora, troppo stanca, tutto troppo.

Mi lavavo l'anima col pianto che non riuscivo ad esternare e bruciava perché era acida. Per un bel po' mi ero convinta che mi fossi ripulita dal peccato, che anzi, fossi stata ripulita, ma il perdono, per quanto sacro, pulisce solo il senso di colpa, non le responsabilità o le azioni.

Il cielo era scuro, ma avevo sempre vissuto nel buio e quello mi pareva azzurro accecante; e forse piangeva anche lui per me, tuonava al posto mio perché ero stanca di piangere. Le gocce che cadevano sul finestrino dell'auto erano rumorose, e le odiavo, perché volevo silenzio e il battito del mio cuore era incessante, ma in quel momento era tutto melodia, ché il silenzio era la cosa più assordante.

Ma che m'avrebbe dovuto dire, cosa poteva rimediare? Il perdono l'aveva ricevuto, la grazia gli era stata fatta, e il senso di colpa m'aveva detto che non se n'era mai andato, figuriamoci le conseguenze, le azioni, o le responsabilità sue. Ciò che faceva rabbia? Le conseguenze delle sue azioni erano la vita mia infangata di peccato.

Avrei voluto gridare, prendergli la faccia calda tra le mani fredde e urlargli in bocca per dargli il mio dolore e la mia frustrazione e farlo penare al posto mio. Ma ero innamorata, era l'amore mio e sapevo che sebbene il dolore mio fosse causa sua, lo avrebbe sentito parte di sé. Sempre.

Ero furiosa, fino alle punte dei capelli, sguazzavo nella disperazione dovuta a ciò che da poco ero venuta a sapere, e avrei voluto dimenticare, dimenticare ogni bacio, ogni carezza, ogni promessa, ogni sguardo, ogni sorriso e ogni desiderio a lui legati, ché se l'avessi dimenticato, o se non fosse mai esistito, la mia vita non sarebbe questa, la mia esistenza meno penosa, che aveva cercato di rendere accettabile solo in parte per il senso di colpa di avermela rovinata.
Sapevo che m'amava, nella mia angoscia il suo amore era l'unica cosa che sentivo ardere dentro,

ma non era abbastanza, non più.

«Siamo arrivati» si azzardò a dire dopo aver parcheggiato fuori casa di mia madre, che era una delle cose meno familiari al mondo.
Cercava di regolare il suo respiro, mentre io al contrario cercavo di sentirlo il più possibile, di ricordarmene: di ricordarlo sulla pelle, sulle labbra, fra i capelli...

Chiusi gli occhi per qualche secondo per imprimere il più possibile tra le narici quell'odore, il suo. In un altro momento, conoscendo già il mio destino, sarei scoppiata in lacrime, ma come ho detto non ne avevo più la voglia. Mi detti forza e aprii la portiera sbattendomela alle spalle, come a voler lasciare nella macchina non solo lui ma tutto ciò che gli riguardava: la mia stessa vita ne era dipesa sin dall'inizio, quindi ci avrei lasciato pure me stessa, o almeno, ciò che ne rimaneva o quello che ne sarebbe rimasto.

𝐃𝐀𝐑𝐊 𝐎𝐁𝐒𝐂𝐔𝐑𝐄 | [h.s]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora