8. IL QUADRO

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Il ticchettio della pioggia sul tetto scandiva i minuti. La mia attenzione, però era tutta per il grande quadro che sovrastava il caminetto, come se volesse attirare lo sguardo su di sé, come se stesse gridando. Era suo, nessun dubbio. Un dipinto fatto da Algol, il suo tratto delicato e rude era inconfondibile. Rappresentava una ragazza dalla pelle così bianca da ricordare la neve fresca. Se ne stava sdraiata sul letto, un lenzuolo rosso che avvolgeva il suo corpo nudo, stringendolo quasi con la passione di un amante. Una mano le ricadeva sul pavimento di pietra, l'altra era sul petto, le dita socchiuse, che lasciavano spuntare tra di loro un roseo capezzolo. Il volto della fanciulla era girato verso lo spettatore, gli occhi socchiusi con lunghe ciglia nere, labbra rosse nell'atto di sospirare, i capelli neri che le coprivano una guancia. C'era qualcosa nella sua posizione di scomposto e provocatorio, qualcosa che contrastava con la sua apparente innocenza. Quando sollevai leggermente lo sguardo mi scontrai con due occhi rossi che la fissavano dallo sfondo nero. Il Lilu, l'incubus. Fui percorsa da un brivido gelido e non solo per gli abiti bagnati. Algol, era lui, doveva essere lui. Cercai di scacciare quella sensazione di turbamento. Anch'io amavo disegnare, ma succedeva ogni volta la stessa cosa. La mano si muoveva sempre a tracciare il suo viso. Per quanto mi sforzassi non riuscivo a non farlo.

-Non c'è nulla di meglio della passione sul volto di una donna-

Sobbalzai, presa alla sprovvista sia dalla presenza di Algol, sia dalle sue parole.

-Si può simulare tutto, sai? La gioia, il dolore, l'amore.. perfino l'odio... ma la passione, quella vera, non la si può fingere- sentii i suoi passi avvicinarsi, facendo scricchiolare il pavimento -La passione non la si può imitare... e non c'è nulla di più bello che vedere la passione che deforma un viso femminile-

Sentii la pelle ardere ed evitai di guardarlo, nonostante fossi ben consapevole che lui fosse lì, a neppure un passo da me. Non dovevo dimenticare che lui era il sole e bruciava. Ricordai la leggenda della sprovveduta Semele che, guardato Zeus nella sua vera forma di dio, divenne cenere. Mai guardare gli dei, si finisce male.

-Che dici?- m'incalzò lui -Non pensi che la passione per una donna sia tutto? Rende bella perfino la più brutta-

-Io pensavo che fosse il sorriso a rendere belle- replicai, nervosamente.

-Oh, questo lo dicono le donne prive di passione- sentii qualcosa che mi veniva posato sulle spalle, con molta delicatezza. Una giacca. Algol era capace di delicatezza? No, non credevo, era una creatura nata per agire, per combattere, per desiderare fino alla morte, era un demone che spingeva tutto all'eccesso. No, forse sbagliavo. Riportai lo sguardo al quadro. Ci voleva una certa delicatezza per dipingere un simile capolavoro. -Ti piace?- mi sussurrò. Quasi sobbalzai rendendomi conto che aveva avvicinato le sue labbra al mio orecchio.

-Nessuno ti potrebbe dire di no... è bello- fui costretta ad ammettere.

-No, non è solo bello, è un vero capolavoro- rispose, senza un briciolo di modestia. Beh, la modestia non si addiceva a lui.

Aveva ragione. Quella giovane che si tormentava nel sogno trasmetteva qualcosa che non avrei saputo dire, era più viva di gran parte delle persone che conoscevo. Passione, sì quella era passione. -Perché non l'hai portato a scuola? Miss Lyann ne sarebbe felicissima- dissi, pur conoscendo già la risposta.

-Non potrei mai... è troppo conturbante, non pensi?-

Mi limitai a stringermi nelle spalle. Aveva indubbiamente ragione, ma perché aumentare un ego già smisurato?

-Sai cosa sogna?- domandò, la voce bassa, roca. Una voce che prometteva cose proibite, che sussurrava bugie, che tentava, sapendo di non poter essere ignorata. Un demone, Algol era un demone, non dovevo dimenticarlo. Eppure era così facile lasciarsi avvolgere da quel suono che stordita ed evocava languide notte passate sotto un manto di stelle.

Baciami, poi ti spiego (a Cinderella story)Where stories live. Discover now