57. PREOCCUPAZIONE

145 10 6
                                    

Percorsi su e giù la sala d'aspetto dell'ospedale, inquieta come mai la ero stata in tutta la mia vita. Erano passate due ore e nessuno mi aveva ancora detto nulla. Avevo avvertito Penny, le avevo detto di non preoccuparsi, che ci sarei stata io ad aspettare notizie. Mia madre era tornata a palazzo solo dopo aver chiarito con tutti che io ero una principessa e come tale dovevo essere trattata. Un capogiro mi costrinse a fermarmi. Appoggiai una mano al muro per sostenermi. Quando eravamo arrivati in ospedale avevo scoperto che Algol aveva come gruppo sanguigno lo 0 negativo, proprio come me. Un gruppo sanguigno molto raro, motivo per il quale avevo deciso di dargli il mio. Un pezzo di me che scorreva nelle sue vene. Beh, un bel miglioramento per la sottoscritta, capace di svenire per un prelievo del sangue.

Inspirai a fondo. La mente che volava lontano. Mi sentivo estranea a tutto in quel momento. Alla corte dove ero una persona importante, ma sola. Al liceo, dove non ero mai stata me stessa. A quello stesso ospedale, in cui mi sentivo abbandonata.

-Signorina Walker?-

Mi voltai e incontrai il volto rugoso di un medico dai capelli brizzolati. –Come sta?- chiesi solo.

-L'operazione è andata bene, ma la prognosi resta riservata- dichiarò, lapidario. Perché quelle parole mi sembravano così dure? Come proiettili sparati contro di me.

-Posso vederlo?- domandai. Avevo bisogno di accertarmi che respirasse, che fosse ancora vivo.

Il medico parve esitare, poi sospirò stancamente. –Va bene, ma probabilmente dormirà-

-Non lo disturberò- promisi. Beh, era una menzogna, perché volevo svegliarlo, volevo accertarmi che i suoi bellissimi occhi non avessero perso tutta la loro meravigliosa luce.

Lo seguii lungo il corridoio, il battito del mio cuore che teneva il tempo. Le mani erano sudate e la testa mi girava. Quando arrivammo sulla soglia il medico si fece da parte e io entrai. Lo vidi subito, sul letto vicino all'ingresso, l'unico a essere occupato. Mi avvicinai, quasi in punta di piedi, come se temessi di disturbarlo. Presi posto su una sedia di plastica.

-Algol, ti prego, Algol- sussurrai, al suo corpo immobile. Era strano vedere il suo viso così inanimato. Gli accarezzai i capelli scuri, spettinati come sempre. Le lacrime offuscarono il mio sguardo e rendendo i suoi lineamenti sfocati. I lividi gli percorrevano il volto come dei cupi disegni. Non potevo fare a meno di seguirli e sentire il mio petto squartarsi. Il dolore non mi permetteva quasi di respirare.

Balzai in piedi, nervosa. Non riuscivo a guardarlo, non ridotto così. Lo sguardo scivolò nella stanza e vidi che c'era uno zainetto nero. Il suo. Mi avvicinai e vidi che era aperto. Afferrai la cerniera per chiuderlo, ma i miei polpastrelli sfiorarono qualcosa. Aggrottai la fronte. Un foglio. Lo estrassi e vidi che in realtà era una lettera. Deglutii e il mio sguardo accarezzò la carta, alla ricerca di qualcosa. Quando vidi il mio nome l'aria mi mancò. Era per me quindi quella lettera? Non potei fare a meno di lanciare uno sguardo ad Algol. Era così indifeso e fragile in quel letto. Due aggettivi che un tempo non avrei mai collegato a lui. Cos'avrei scoperto lì dentro? Cosa non aveva il coraggio di dirmi a parole? Era una lettera d'addio, forse? Scacciai questo pensiero. Non era possibile. L'unica cosa che potevo fare era leggerla.

NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao!

A seguire la lettera di Algol.

Baciami, poi ti spiego (a Cinderella story)Where stories live. Discover now