9. LA GARA

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Quando arrivai a casa mi resi conto che nessuno si era accorto della mia assenza. La cosa mi rese stranamente triste. Perché mi sentivo così infelice? Non aveva senso, ormai dovevo essermi abituata a essere ignorata. Scacciai i brutti pensieri e mi diressi verso le scale, dovevo...

-Sherry!- chiamò una voce. Mi fermai, appoggiandomi stancamente al corrimano.

-Sì?- risposi. La mia voce che tremava. Speravo che non uscisse nel corridoio e si accorgesse in che stato mi trovavo.

-Perché la cena non è ancora pronta?- chiese Megan, dall'altra stanza.

La cena, si ricordavano di me per la cena!

-Arrivo subito!- e ora come potevo fare? Ero tutta bagnata. Sbuffai e corsi in soffitta. Mi spogliai, saltellando su una gamba e avvicinandomi all'armadio. Evitai per un soffio di cadere e scontrarmi con il pavimento. Alla fine mi ritrovai nuda e un po' zoppa -avevo sbattuto contro l'anta. Mi serviva qualcosa di veloce da indossare. Infine optai per un vestito di jeans vecchio e sbiadito.

Anne era già seduta a tavola. –Allora, Sherry, non si mangia?- chiese, gelida. Mi ritrovai a pensare che Anne indossava un abito fatto d'insolenza e invidia. Brillava di un verde splendente. -Ho fame- protestò ancora.

Mi sforzai di sorridere. Il sorriso uccide più di mille spade. –Ammetto di essere un po' in ritardo, ma era finito il detersivo e sono dovuta andare a prenderlo- le risposi, immaginandola mentre la obbligavo a mangiare fino a stramazzare al suolo.

-Sherry! Tu hai solamente il compito di badare alla casa- disse Megan, entrando in quel momento. Ondeggiava sugli alti tacchi a spillo. Ecco dove spendeva tutti i soldi di mio padre. -Cosa ci vuole a badare a una casa?-

Come se fosse poco. –Lo so, lo so, sono un vero disastro!-

-Almeno lo ammetti- bofonchiò Anne.

Mi chiesi come avrebbe reagito se avesse saputo che avevo passato il tempo con il suo ragazzo. Sentii un brivido di soddisfazione, così mi misi a canticchiare e corsi in cucina. Avrei riversato tutta la mia rabbia nei piatti, come sempre.

-La cena stasera è molto buona- commentò la mia matrigna, affondando la forchetta nel pasticcio di carne condito con la rabbia e la frustrazione

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-La cena stasera è molto buona- commentò la mia matrigna, affondando la forchetta nel pasticcio di carne condito con la rabbia e la frustrazione. –Ammetto che è... Anne! I gomiti giù dal tavolo!- gridò, rivolta alla figlia.

Anne borbottò qualcosa, la bocca piena. Io mi concentrai sul mio piatto, la mente che volava lontano. Avevo imparato a rifugiarmi in altri mondi, luoghi in cui sarei stata più felice. Algol. Perché continuavo a pensare a quell'odioso di Algol? Deglutii. Dovevo andare alla gara.

Sparecchiai in fretta e lavai i piatti molto rapidamente. Passione, soppesai la parola. Era sia la parola che aveva usato Algol, sia la preferita di Merce. Forse la passione era davvero tutto... allora perché non riuscivo a trovare la strada che mi rendesse appassionata? Scossi la testa. Troppi pensieri. E la mia mente volò alla tomba. Il nome inciso sopra era Christina Walker. Walker. Avevo scoperto così il cognome di mia madre -se era quello vero, perché la tomba non era certamente la sua. Non avevo mai conosciuto nessun membro della famiglia di mamma. Se solo mio padre fosse stato a casa... ma lui era a New York, intento a progettare chissà quale nuovo macchinario. Non chiamava quasi mai quando era via. Sospirai. Mi ripromettevo sempre che al suo ritorno sarei stata più fredda, che gli avrei fatto capire quanto male faceva essere ignorata. Alla fine però non ci riuscivo mai. Sospirai e misi a sgocciolare l'ultimo piatto, quindi mi tolsi i guanti e andai di sopra, dove mi misi a frugare tra le cose di mia madre. Parrucche, abiti, tutto quel mondo che sapeva di lei. Affondai le dita in un costume di seta. Mia madre era stata un'attrice? Mi piaceva immaginarlo. Mio padre si era sempre limitato a dirmi che era ricca di famiglia, insomma che non aveva bisogno di lavorare.

Baciami, poi ti spiego (a Cinderella story)Where stories live. Discover now