18. NELLA TANA DEL LUPO

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L'idea di recarmi al maniero mi turbava più di quanto volessi ammettere. Le intenzioni di Algol mi confondevano. Cosa voleva realmente da me? Non lo sapevo, ma temevo che lo avrei scoperto prima di quanto avessi voluto. Passai la giornata in ansia. Perfino lo stupido scherzo di Betty -un serpente di gomma nello zaino- non mi scompose. Riuscivo solo a pensare alla villa.

Fu una donna alta e molto magra ad aprirmi la porta quando bussai. I capelli biondi le ricadevano sul viso severo. Aveva un'età indecifrabile che poteva andare dai trenta fino ai sessant'anni. Era, nel complesso, un po' inquietante. Sarebbe stata benissimo come domestica della famiglia Addams... o come fidanzata di zio Fester. Mi sforzai di sorridere, ma quella donna di ghiaccio rimase immobile, neppure l'accenno a un'espressione. Ero nervosa, molto nervosa. Avevo percorso la strada più lunga, nella speranza che una camminata potesse farmi rilassare. Non era stato così, continuavo a essere nervosa, molto nervosa.

-Sì?- mi chiese la donna, che vestiva completamente di nero. La camicetta le stava alla perfezione e la gonna frusciava. Profumava di detersivo.

-Sono una compagna di scuola di Algol- esordii, costringendomi a parlare –dobbiamo fare un lavoro di gruppo-

La donna mi squadrò da capo a piedi, con due occhi che sembravano fatti di ghiaccio. Mi sentii piccola sotto quello sguardo, una bambina che sta nascondendo qualcosa. Mi resi conto che ero sotto esame. Perché non le piacevo? Normalmente il mio primo impatto con gli adulti era sempre positivo.

-La stavo aspettando, Susan-

La voce di Algol. Mi costrinsi a restare immobile, a non fare nessun movimento. Non volevo che quella donna di ghiaccio comprendesse cosa provavo veramente. Susan mi scrutò con più attenzione, come se improvvisamente fosse curiosa di sapere che strana creatura fossi per essere attesa da Algol, quindi si spostò di lato e io potei entrare. L'ingresso era buio, con enormi candelabri e il pavimento che scricchiolava. Non dovetti avanzare più di un paio di passi per vedere Algol. Se ne stava appoggiato languidamente allo stipite di una porta, l'espressione imperturbabile, le braccia conserte, le caviglie incrociate.

-Bentornata- disse, fissandomi con i suoi occhi viola.

-Non fingere che sia felice di vederti- lo freddai immediatamente, incurante della presenza di Susan –mettiamoci subito al lavoro-

Algol sospirò teatralmente e alzò gli occhi al cielo, come se fossi una bambina dispettosa e lui l'adulto disperato. –Va bene, va bene, visto che vuoi andare dritta al punto, io non posso fare altro che cedere- si voltò e mi fece strada, senza neppure voltarsi a controllare che lo stessi seguendo.

Allungai il passo, decisa a stargli dietro. Lo vidi sparire dentro una stanza, dove entrai a mia volta.

Era grande con enormi divani. Lo stile era più moderno rispetto al resto del maniero. Un tappeto a pelo lungo frusciò sotto i miei passi.

-Accomodati dove preferisci- m'invitò.

Lo presi alla lettera. Mi tuffai sul divano, bianco e invitante. Era morbido esattamente come sembrava e mi parve di sprofondare dentro dei cuscini.

-Da dove si comincia?- chiesi.

Algol mi si avvicinò. La sua figura era imponente, il suo passo elegante. Mi ritrovai a pensare che fosse bello, dolorosamente bello. Scacciai il pensiero.

-Allora?- lo incalzai, la gola secca. Algol riusciva sempre a mettermi a disagio

-Beh, dobbiamo trattare la figura del trickster, dell'ingannatore- esordì, la voce lenta, carezzevole. Praticamente dovevamo parlare di lui.

Annuii piano, quindi estrassi dalla borsa il quaderno e una penna. –Da dove s'inizia?-

Lavorammo abbastanza rapidamente, anche se, dovevo ammetterlo, discutere con Algol era sfibrante. Cercava il motivo per contraddirti, per affondare le unghie nella mia carne, per logorarmi. E la cosa lo divertiva immensamente.

Baciami, poi ti spiego (a Cinderella story)Where stories live. Discover now