61. UN CAVALIERE NEL BUIO

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Ferma in giardino chiusi gli occhi, nel disperato tentativo di trattenere le lacrime. Respirai a fondo, sforzandomi di sopprimere i singhiozzi. Certo, la mia vecchia vita era orrenda. La mia matrigna non mi avrebbe mai difesa, per lei ero solamente un peso, colei che impediva alle sue figlie di usufruire a pieno del patrimonio della nuova famiglia, però neppure questa vita era brillante come avrei potuto immaginare un tempo. Avevo bisogno di tempo. Senza indugiare oltre sgusciai più lontano, tra gli alberi. L'aria notturna mi fece sentire subito un po' meglio. Avanzai nel giardino illuminato solo dalla spettrale luce della luna. Stavo cambiando, proprio come la bambola viaggiatrice. Era diventata insofferente a ogni cosa, a ogni pensiero, a ogni sensazione.

-Una bella serata per passeggiare-

Sobbalzai, sorpresa. Non avevo bisogno di voltare la testa per sapere che era lui. La mia follia, il mio tormento, la mia ossessione. Il mio unico amore. Il mio cuore fece le capriole, io cercai di dissimulare. Era venuto dunque. Beh, quella era la felicità.

Algol fece schioccare la lingua. –Per te però non è una bella serata, eh?-

-Non sei alla festa di Anne?- dissi solo, il cuore che batteva furiosamente.

Lo sentii avvicinarsi, silenzioso come un'ombra. Un attimo dopo le sue mani erano posate sulle mie braccia, poco sotto le spalle. La sua stretta era decisa. La stretta di un amante che brama la propria amata. La mia schiena si adagiò contro il suo petto. Lussuria, desiderio, passione. Deglutii, la gola secca. Ormai ero così a mio agio con lui che mi dimenticavo che Algol era pericoloso, molto pericoloso. Un tentatore, un ingannatore, un trickster. Però la cosa non mi dispiaceva.

-Non voglio Anne, credo che tu l'abbia capito- sussurrò, la voce bassa e roca. Un attimo sentii le sue labbra posarsi nell'incavo del mio collo. Un brivido bollente mi percorse, facendomi inarcare la schiena e sfuggire un gemito. Cosa mi stava succedendo? Possibile che non riuscissi a controllare il mio corpo?

-Cosa vuoi da me?- chiesi piano, appena un soffio.

-Io voglio te- dichiarò, le labbra premute contro il mio orecchio.

-Me?- domandai, ironica.

-Sì, voglio te- mi strinse contro il suo petto.

-Sei un bugiardo- protestai, ma non riuscii ad allontanarmi.

Voci lontane ci avvisarono che qualcun altro stava uscendo in giardino. M'irrigidii. Non potevamo farci vedere lì, dovevamo andarcene subito.

-Vieni- sussurrò Algol, spingendomi dolcemente verso la zona più buia del giardino. Mi lasciai condurre, le mie ballerine che affondavano nell'erba. Non parlammo, non ci scambiammo neppure una parola. Era strano lasciarmi condurre così da Algol, in mezzo a quel luogo che sembrava quasi fatato.

Notai che c'era una moto posata contro il muretto. Compresi subito che era di Algol. Era rossa come l'altra ed emanava la stessa potenza. –Non vorrai portarmi in moto?- chiesi in un soffio.

-Certo che voglio- mi lasciò il fianco e mi precedette. Notai solamente in quel momento che indossava un giubbino nero chiuso fino al collo e un paio di jeans strappati.

Mi fermai. –Ne sei certo?- chiesi. Dopo l'incidente ero sicura che non avrebbe più cavalcato uno di quegli splendidi cavalli di carrozzeria. Algol però era imprevedibile.

-Io sono sempre certo, ma tu puoi scegliere- disse Algol, mentre sollevava il sedile e recuperava un altro casco, oltre il suo –o vieni con me oppure resti a questa stupida festa, insieme a tanti sciocchi... se vieni con me invece sono certo che non te ne pentirai- mi porse il casco, rosso come il suo –la vita è tutta una questione di scelte, sta a te decidere-

Fissai il casco, il cuore che mi martellava forte nel petto. Mi sembrava quasi che in quell'oggetto ci fosse l'essenza di tutte le scelte della mia esistenza. Prima una vita a fare da sguattera per la mia matrigna, a sopportare i soprusi delle mie sorellastre, poi una vita da principessa, in cui mi ero trovata chiusa in una gabbia dorata, ora una corsa nella notte con quel principe oscuro.

-Allora?- m'incalzò lui, il tono divertito. Sapeva già cos'avrei scelto. Era un patto con un una creatura demoniaca. Lo era stato fin dal principio. Il pensiero mi turbò profondamente. Non potevo negare che ci fosse qualcosa di oscuro in Algol. Alzai lo sguardo e fissai i suoi viola, che al buio sembravano quasi dei pozzi neri. –Non posso attendere tutta la notte- disse, ma ero certa che avrebbe atteso. Era questo che facevano i cacciatori, attendevano fino a quando la preda non finiva dritta nella loro trappola. Mi sarei chiesta per molto tempo se quella fosse stata la scelta giusta. Forse no, oppure sì. Non avevo una vera alternativa. Avevo scelto da molto tempo. Afferrai il casco e me lo infilai.

-Aspetta- si affrettò a dire Algol –non voglio incidenti, me ne è bastato uno- le sue dita lo agganciarono rapidamente sotto il mio mento, pizzicandomi leggermente.

-Ahi, è stretto- mi lamentai, facendo il broncio.

-Deve esserlo- s'infilò rapidamente il suo, quindi saltò agilmente sulla moto. In lontananza potevo sentire la voce squillante di Anne. Cosa stavo facendo? Ignorai i miei scrupoli e salii sulla moto, attenta all'abito troppo lungo, mettendomi dietro ad Algol, che mi dava istruzioni su come sistemarmi. –Le braccia strette alla mia vita, hai capito?-

-Certo, certo- ubbidii, abbracciandolo. Le mie mani sfiorarono i suoi addominali, che si sentivano anche sopra il giubbotto e la maglietta. Beh sarebbe stato meglio sfiorarli senza quell'ostacolo. –Cerca di non emozionarti troppo- dissi.

-Con te?- chiese, avviando il motore –Praticamente è inevitabile- e sfrecciammo nella notte.


NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao!

Algol dove porterà la nostra Sherry?

A presto

Baciami, poi ti spiego (a Cinderella story)Where stories live. Discover now