12. UN VISO RIFLESSO

223 14 13
                                    

Avevo registrato il video da pubblicare il giorno precedente, quando Megan e Anne erano a fare shopping. Non mi fidavo a farlo quando c'era qualcuno in casa. Era meglio essere prudenti, sempre. Nel video mostravo come si preparava una torta di cioccolata alla fragole –una delle ricette più amate di Merce. Non sapevo esattamente il motivo per cui creassi quei video di cucina. Probabilmente perché volevo portare avanti la tradizione di famiglia... oppure semplicemente perché volevo ricercare la passione che non avevo. Non per le ricette perlomeno. Ripensai a Merce, la carnagione olivastra, la voce sempre bassa, come se non potesse far altro che sussurrare. Era la sorellastra di mia nonna, ma loro due -a differenza di me e di Anne- erano sempre andate d'accordo. La madre di Merce era un'elegante spagnola, seconda moglie del mio bisnonno. Su di lei giravano varie voci, come quella secondo cui fosse una strega. Oh, le storie di famiglia!

Premetti invio e caricai il video, il mento appoggiato sul palmo della mano destra, lo sguardo che vagava sulla carta parati staccata dal muro, che mostrava l'intonaco scrostato sotto di esso. Avrei dovuto sistemare un po' quell'ambiente, in fondo era la mia stanza. Ripensai con dolorosa nostalgia alla mia cameretta, quella con le pareti rosa e il pavimento ricoperto di morbidi tappeti a pelo lungo, su cui mi sdraiavo per osservare le stelle che brillavano sul soffitto. Scrollai la testa e un paio di ciocche mi finirono davanti agli occhi. Le tolsi con un sospiro. Il video nel frattempo era stato caricato. Sorrisi e appoggiai il tablet sul tavolo. Il ricordo di Algol mi aggredì in quel momento e mi percorse come un brivido. Perché non avevo reagito? Oh, lo avrei recuperato! Sì, mi sarei vendicata di lui. Ci poteva giurare. Mi passai una mano tra i capelli, uno strano turbamento che mi scuoteva. Il mio sguardo volò all'armadio, dentro cui c'erano le lettere, ancora chiuse. Non volevo pensarci. Non in quel momento, non in quel giorno. Prima la rosa, poi la tomba e infine Algol. Ero confusa. E avevo bisogno di riposo. Molto riposo, magari una vacanza. Sì, non era male come idea. Un viaggio al mare, senza complicazioni... sarebbe stato ideale... e certamente non reale.

Ora la cosa che mi serviva di più era una bella doccia, poi mi sarei rifugiata sotto le coperte, in un mondo in cui Anne e Megan non mi avrebbero potuto fare nulla. Il mondo dei demoni. Il luogo in cui viveva Algol. Deglutii. Il Lilu sarebbe venuto a farmi visita? Passai di fronte alla catasta di parrucche e abiti di mia madre. Fu inevitabile per me fermarmi e fissarli. Possibile che fosse un'attrice? Per quale altro motivo avrebbe infatti dovuto avere tutte quelle cose? Ora non lo sapevo più. Non sapevo più nulla. Non ero nemmeno sicura su che fine avesse fatto. Scossi la testa. Ero stanca, dovevo farmi la doccia e poi andare a letto. Semplice. Il viso di Algol comparve improvvisamente nella mia mente, scuotendomi. I tratti aguzzi, la bellezza accecante e crudele, capace di rimanere impressa come una bruciatura. Deglutii, la gola secca e dolorante. Mi fermai e mi stropicciai le palpebre chiuse con il dorso delle mani nel tentativo di scacciare i suoi occhi viola. Occhi che promettevano tempesta, che conducevano in una notte senza stelle. Ero stanca, molto stanca. Procedetti verso il bagno, il passo trascinato. Non mi dispiaceva averne uno tutto mio, pensai, spingendo la porta cigolante. La stanza era piccola, con una doccia, un lavandino e un water. Le piastrelle erano verde chiaro. Una piccola finestra rotonda faceva bella mostra davanti alla doccia. Mi spogliai lentamente. Mi era sempre piaciuta la sensazione degli abiti che scivolano lungo il corpo. Qualche volta avevo perfino immaginato che ci fosse qualcuno a togliermeli. Un pensiero che mi faceva arrossire... soprattutto perché spesso sorgevano nella mia mente gli occhi brillanti di Algol. Sempre lui. Quando terminai posai gli abiti sul davanzale, l'unico posto in cui avrei potuto farlo, quindi aprii l'acqua ed entrai dentro la doccia. Mi sfuggì un sorriso. Era bollente al punto giusto, proprio come volevo io. Mi sfiorava le spalle, la vita, le gambe, le braccia, scivolava giù, dandomi la sensazione di benessere che non provavo da molto tempo. Chiusi gli occhi e cercai di rilassarmi.

Quando uscii mi sentivo molto meglio. Allungai una mano e presi un asciugamano, quindi me lo avvolsi intorno al corpo. Mi voltai, stiracchiandomi, e mi resi conto che il vetro della finestra era appannato. Con un sorriso mi spinsi in avanti e lo pulii con le dita, non potevo proprio sopportare i vetri appannati. Ricordai, con una fitta di dolorosa nostalgia, che da bambina li usavo come basi per fare dei disegni. Una vita fa... la bambina sorridente e spensierata era ormai scomparsa da tempo e... un volto. Sentii i miei muscoli irrigidirsi. Chi stava guardando dietro il vetro appannato? Un attimo dopo era scomparso. Arretrai confusa. Chi poteva essere? Sbattei con la schiena contro il box della doccia, ma non ci feci quasi caso. Continuavo a pensare a quel volto sfocato, dai tratti confusi. Algol, assomigliava un po' ad Algol. Ma cosa ci faceva lì sotto? E poi quegli occhi non sembravano viola e... un brivido mi percorse tutta la schiena dorsale, mentre comprendevo la folle verità. Mi voltai di scatto, tanto rapidamente che sbattei nuovamente contro il box. Il dolore questa volta esplose lungo la mia spalla. Non c'era nessuno, ma la porta era spalancata. L'avevo lasciata io aperta? Non lo ricordavo. Mi affrettai ad andare in soffitta. Nulla, non c'era nessuno. Con il cuore che batteva all'impazzata mi lasciai cadere a terra, afflosciandomi sulle mie stesse gambe, come una bambola di pezza. Perché avevo compreso l'orribile verità. Il volto non era fuori, no, il volto si era riflesso nel vetro della finestra ed era dietro di me. Sentii qualcosa spezzarsi. Uno schianto nel profondo della mia anima. Quella notte chiusi a chiave la porta della soffitta.

L'incubo fu più lucido e intenso del solito. Fu il fruscio delle tende ad annunciarlo. Sollevai le palpebre, il cuore che batteva furiosamente nel petto. Potevo vedere il soffitto, no, anzi, potevo vedere le stelle che vegliavano su di me, che mi osservavano fredde e curiose, in attesa di lui. Algol arrivò facendosi annunciare da una folata di vento che mi accarezzò i capelli, il corpo, l'anima. Era un essere fatto di tenebre, una creatura che proveniva direttamente dal buio e dall'incubo. Ed ora era lì per me. Per strapparmi il cuore dal petto. Per prendere la mia anima. Per dannarmi fino alla fine dell'eternità. Non potevo scappargli. Era finita.

Mi svegliai con il cuore in gola, il respiro affannoso e la folle certezza che qualcuno mi stesse osservando.


NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao!

Di chi potrebbe essere il viso riflesso nel vetro? È reale o solo un'illusione? Nel prossimo capitolo ci sarà qualcuno ad aspettare Sherry fuori di casa.

A presto

Baciami, poi ti spiego (a Cinderella story)Where stories live. Discover now