33. UNA LAMA NEL CUORE

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-Il vestito è quello messo peggio- dichiarò Penny, cercando d'ironizzare. Non appena aveva visto in quali condizioni mi trovavo si era subito offerta di aiutarmi. Io in realtà avrei voluto stare con Algol, ma lui si era subito rifugiato in camera sua. Mio padre lo aveva ferito. Ingoiai la rabbia. Non lo avrei perdonato.

-Credi che Algol stia bene?- domandai. Ero seduta sul letto della stanza di Penny... un luogo che si adattava perfettamente a lei. Il colore che dominava era il viola, che colorava le pareti, il copriletto, perfino il pavimento. E poi c'erano piccoli teschi appesi ovunque e bambole dall'aria vittoriana che troneggiavano sul letto sulla scrivania in legno di mogano, sulla libreria. Se il momento fosse stato meno drammatico, beh, avrei guardato tutto con più ironia.

Penny aprì l'anta del grande armadio e ci sparì dentro. -Certo- esclamò la voce attutita -ogni tanto si chiude lì dentro-

-Dovrei parlarci- tentai. Mi sembrava quasi sprofondare nel letto. Erano successe troppe cose in quelle ultime ore e mi sentivo esplodere.

-Appena ti avrò trovato un abito adatto... per fortuna abbiamo la stessa taglia... eccolo!- spuntò fuori tenendo un attaccapanni al quale era appeso un vestito viola, molto semplice, con le maniche a sbuffo -che te ne pare?-

-Direi che è perfetto- e poi non avevo molta altra scelta.

-Allora vediamo come ti sta- disse, il trucco pesante che le splendeva sul viso pallido.

Lo provai subito, attenta a non mostrare la schiena. Non volevo che vedesse le cicatrici. Il vestito di Penny mi era un po' corto ed era leggermente largo di spalle. Nel complesso però, pensai, mentre mi ammiravo allo specchio, non era male. Feci un giro su me stessa, procurandomi un senso di vertigine che mi strinse il petto. Respirai con calma.

-Perfetta- decise Penny, battendo le mani con fare infantile. Ciocche di capelli le ricaddero sul viso.

Mi girai verso di lei e le sorrisi, sforzandomi di sembrare calma, quando dentro di me era in corso una tempesta. -Credo di dover andare da tuo fratello-

-Oh certo... se ci vado io scommetto che mi butterebbe fuori, fa sempre così... però è un bravo ragazzo- si affrettò a dirmi.

Le sorrisi. -Lo so- e lo pensavo davvero. Algol era veramente una brava persona, nonostante quello che credeva mio padre.

 Algol era veramente una brava persona, nonostante quello che credeva mio padre

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Restai un attimo impalata di fronte alla porta di Algol. Era una porta marrone, assurdamente normale. Nessuno avrebbe potuto pensare che fosse il suo rifugio. Inspirai a fondo e mi costrinsi a bussare. Silenzio. Attesi, il tempo scandito dal pulsare del mio cuore. Uno... due...

-Avanti- la sua voce mi scheggiò l'anima. Trasmetteva un dolore a cui non avrei saputo dare un nome. Possibile che Algol potesse soffrire?Afferrai la maniglia, gelida, quindi l'abbassai e aprii la porta.

Lui era seduto sul letto e mi dava le spalle. Restai ferma un attimo, lasciando scivolare lo sguardo sul parquet chiaro, sul grande armadio stile impero, sulle pareti con la tappezzeria azzurra. La sua essenza era ovunque. Alla fine tornò alla sua figura, immobile e forte. Imponente. Alieno. Non umano. Mi avvicinai a lui e mi lasciai cadere al suo fianco. Solo a quel punto iniziò a parlare.

Baciami, poi ti spiego (a Cinderella story)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora