45. A PALAZZO

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-Spalle dritte- mi ordinò Jane, la governante di palazzo, nonché colei che doveva occuparsi della mia educazione da principessa. Sì, perché le principesse devono allenarsi e non immaginatevi cose da principesse della Disney, come cantare insieme agli uccellini e ballare. No, la maggior parte delle lezioni riguardano l'etichetta... e il portamento.

Strinsi i denti. Il libro che avevo in equilibrio sulla testa barcollò con me. La stanza, con qualche divano e uno scaffale di volumi, tremò. Ingoiai la frustrazione e proseguii. Ero a palazzo da appena una settimana e già mi sentivo stanca, esausta, stufa di tutto.

-Spalle dritte- ripeté Jane, il tono acuto. Per essere una donna di mezz'età, beh, sembrava molto giovane.

No, non sarei mai riuscita ad avere un buon portamento. Potevo anche rinunciarci subito. Il libro, come per darmi ragione, scivolò giù dalla mia testa. Scattai per prenderlo, ma si schiantò per terra, con un tonfo. I capelli mi sferzarono il viso. Mi sfuggii un sospiro esausto. Cos'avevo fatto di male? Non ero evidentemente adatta a quel ruolo.

-Su, principessa- esclamò Jane, affrettandosi a raccogliere il libro.

-Sono stanca- mormorai. Ed era vero, ero molto stanca. Ero a palazzo da circa una settimana e avevo visto mia madre solo un paio di volte. A quanto pareva le regine non hanno tempo per i propri figli.

-Su, principessa, ancora una volta, poi potrà riposare-

Mi costrinsi ad annuire, quindi feci per ripetere la camminata, quando il mio sguardo cadde su una bambola che faceva bella mostra su una poltrona. –Che bella!- esclamai.

Jane seguì il mio sguardo, quindi le labbra le si piegarono nell'accenno di un sorriso. A quanto pareva le nobildonne non possono sorridere sguaiatamente –riporto il termine usato da Jane. –Sì, è un'edizione limitata- mi spiegò con tono orgoglioso, come se avessi fatto un complimento a lei stessa.

Mi avvicinai. Un'idea luminosa che sgomitava per farsi avanti. Mi piegai leggermente per osservare la porcellana bianchissima, l'abito a balze rosa, le scarpette in tinta. Boccoli scuri le ricadevano sul quel viso, dall'espressione eternamente sognante. Jane stava dicendo qualcosa sul fatto che la bambola fosse stata fatta con le sembianze di una cugina di mia madre. Avrebbe dovuto essere il suo regalo per il compleanno, ma poi c'era stato un qualche problema e si era optato per qualcos'altro.

-Da allora la bambola è rimasta qua- concluse.

Era perfetta. La presi, senza esitare oltre, quindi uscii dalla portafinestra spalancata.

-Principessa, principessa!- urlò disperatamente la governante.

La ignorai e continuai a correre, annaspando nell'erba, le scarpette che mi sfuggivano, una mano a sollevarmi l'abito, l'altra stretta alla bambola. Mi fermai solo quando fui vicina alla fontana. L'acqua che zampillava mi strizzò in viso e io non potei fare a meno di sorridere. Gli schizzi mi facevano pensare al laghetto al parco, a me e Algol. Al mio demone. Risi, posando la bambola sul bordo della fontana, incurante del fatto che il suo abito s'inzuppasse tutto. Incurante di qualsiasi cosa. Lei sì che doveva stare bene, lei sì che doveva essere felice. La completa non consapevolezza, ecco cosa rende lieti.

-Principessa!- la governante mi si fermò accanto, gli occhi sgranati –Cosa sta facendo?-

-Sto rispettando una promessa che ho fatto tempo fa- mi tolsi di tasca il cellulare e feci una fotografia alla bambola.

-Non capisco, proprio non capisco- disse lei, disperata.

-Certe cose non si devono comprendere- risposi.

Jane sospirò. -Beh, faccia in fretta, tra un'ora c'è la prova dell'abito per il gran ballo-

Un altro problema che si sommava agli altri.

Baciami, poi ti spiego (a Cinderella story)Where stories live. Discover now