64. AL BALLO

156 12 10
                                    

Le luci della sala mi folgorarono. Barcollai, abbagliata, e dovetti sbattere le palpebre per riuscire a mettere a fuoco l'ambiente circostante. La vecchia palestra era stata completamente sistemata  per il ballo. Ragazzi e ragazze che ballavano. Luci colorate. Musica ad alto volume. Pesci, sirene, alghe come decorazioni che pendevano dall'alto soffitto. Il pavimento era stato rivestito da una specie di moquette che sembrava fatta d'acqua. Mi sentivo tremendamente fuori posto, anima e corpo. No, non potevo tirarmi indietro, non ora. Lasciai scivolare lo sguardo, alla ricerca di quell'unica persona che riusciva a strapparmi l'anima. Lo vidi quasi subito, fu come se i miei occhi fossero attirati da lui. Se ne stava in piedi, con una camicia bianca con le maniche arrotolate e un paio di jeans neri. Eravamo magneti che si attiravano. Avanzai, decisa come mai la ero stata in tutta la vita, dando gomitate e spallate a chiunque non osasse farmi passare. Il mio abito frusciava contro il pavimento. Non mi ero mai sentita così spumeggiante e desiderosa di finire tra le sue braccia. Algol mi attendeva fermo alla base delle scale, un braccio indolentemente posato alla ringhiera, quei due occhi che poteva tenerti sveglia tutta la notte. C'erano più cose in quel reciproco sguardo che in tutta una notte d'amore, mi resi conto, con il cuore che mi pulsava follemente in gola.

-Non ti scomodare a venirmi incontro- lo ripresi bonariamente, fermandomi di fronte a lui. La testa mi girava, il respiro mi mancava e le ginocchia mi tremavano. Avevo però la sensazione che non fosse importante. Nulla era importante, a parte noi due, in mezzo a quella festa, unico punto luminoso in mezzo alle tenebre. No, non eravamo luminosi. Eravamo luce e ombra. Ora e per sempre.

I ricordi mi si accalcarono nella mente. Algol che percorreva i corridoi del liceo, lo sguardo che ricercava sempre il mio. Algol che faceva di tutto per rendermi la vita impossibile, eppure mi difendeva quando avevo più bisogno di lui. Algol che mi baciava come se non ci fosse un domani, come se fossimo nati solo per quel momento.

-Ti stavo aspettando- disse solamente, incurvando le labbra.

Non trattenni più il mio desiderio. Mi gettai in avanti e fui accolta dalle sue braccia che si aprivano. Mi strinse con forza, come se da me dipendesse la sua stessa vita. Avrei dovuto raccontargli ciò che era successo, ma non ci riuscii, non in quel momento che sembrava tanto perfetto da brillare. Era solo un momento isolato in una vita che di perfetto non aveva nulla. Le cose con Algol probabilmente non erano destinate a durare, perché solo un folle può sperare di combattere la realtà e vincerla. Un folle oppure un innamorato. Però in quel momento volevo illudermi che sarebbe durato per sempre.

-Siamo nati sotto stelle avverse- sussurrai senza rendermene conto. Erano le sue parole, ma erano anche le mie.

Gli occhi di Algol scintillarono e io potei vedere mondi che mai avevo immaginato. –Sì- mi assecondò –ma noi esseri umani siamo nati per combattere il destino-

Gli sorrisi. Erano parole così belle che mi toccavano il cuore, no, anzi, me lo graffiavano. Lasciavano cicatrici dal sapore dolce, anche se leggermente amaro.

-Che ne diresti di un ballo?- mi chiese, la voce talmente morbida che non era la sua.

-Non desidero altro- risposi. Avrebbe potuto essere il nostro ultimo ballo, ne ero perfettamente consapevole. Oh, stavo diventando drammatica! Cosa poteva andare male in quel momento? Incurvai le labbra lasciando che lui mi avvolgesse nel suo abbraccio.

Mi avvolse nel suo abbraccio e mi condusse al centro della sala. Il cuore mi tremava, le ginocchia erano molli, sentivo il pavimento aprirsi sotto di me. Nulla aveva reale importanza. Avevamo gli occhi di tutti addosso. La cosa non mi dispiaceva, al contrario, mi sentivo davvero importante. Non ricordo quale musica ci fosse. Non aveva semplicemente importanza. C'eravamo solo noi due, con i nostri corpi che si completavano. Eravamo i nostri reciproci rifugi.

-Hai occhi che brillano come gioielli- dichiarò –e sei eterea, come se fossi fatta di vetro... come potrei non amare una creatura così perfetta?-

Ero commossa. No, commossa era un eufemismo. Quella storia era stata strappata a una fiaba. Una pagina che non sarebbe stata dimenticata. Algol era la mia roccia, la mia stella, il mio nord e il mio sud. Ero felice e frastornata. Forse però l'amore è questo.

Non so quanto ballammo. Ho solo un vago ricordo. Frammenti di una gioia senza nome. Smettemmo solo quando fummo esausti. Le ginocchia mi tremavano, ma ero felice. Assurdamente felice. Mi sentivo invincibile.

Ci avvicinammo al muro, fianco a fianco, la mia mano stretta nella sua. Amavo la sua pelle calda. Amavo ogni cosa di lui. Questa consapevole era perfino dolorosa. Come potevo amarlo così tanto? Più della mia stessa vita?

-Vuoi qualcosa da bere?- mi chiese in un soffio, avvicinando le sue labbra al mio orecchio.

-Sì- sussurrai. Perché no?

-Vado... prima però passo un attimo in bagno- mi strizzò l'occhio, mi accarezzò il fianco –un incendio che s'irradiò lungo tutta la gamba- e si alzò. L'osservai farsi strada tra i presenti, alto ed elegante, perfetto come solo un personaggio uscito da un romanzo potrebbe essere.

Una ragazza mi passò vicino, sbattendo contro di me. Non mi disse nulla e proseguì. Mi spostai, certa che fosse solamente un caso. Un'altra botta. Trasalii, il dolore che mi esplodeva nella schiena come una pugnalata. Cosa stava succedendo? Una parte di me però lo sapeva. La vendetta di Anne. Certo, ci aveva messo molto, ma poi era arrivata. Un'altra spinta. Mi spostai, il cuore in gola, volevo solo andare via. Sentii delle risate. Spostai lo sguardo... e vidi che alcuni ragazzi mi fissavano dal fondo della sala. 

Mi mancava l'aria. Mi appoggiai al muro, confusa. Perché tutti mi fissavano in quel modo? E perché ridevano? Ero sicuramente l'oggetto di qualche scherzo... dove volevano arrivare? Il mio cuore prese a battere più forte. Mi voltai e corsi via, infilandomi nella prima porta che trovai. Ci misi alcuni istanti a comprendere che era il bagno. Appoggiai una mano alla parete per sostenermi. Avevo bisogno solo di un po' di tempo. Mi avvicinai traballante al rubinetto. Un po' d'acqua fredda sul viso, ecco cosa mi serviva... e fu così che li vidi. Anne che si premeva contro Algol. Il tempo si ghiacciò. Sentii le gocce cadere dal rubinetto. Vidi la luce del lampadario sfarfallare. L'immagine era confusa, ma mi bruciava le retine. Anne che gli buttava le braccia al collo. Algol immobile, la schiena contro il muro, il viso in ombra, le braccia lungo i fianchi. Lanciai un grido e arretrai, come se fossi stata colpita da qualcosa. Algol spinse via Anne, mentre lei si girava verso di me, il volto una maschera di crudeltà. Mi fissò, gli occhi che lampeggiavano.

-Sherry- chiamò Algol, tremulo. Era pallido, il viso teso.

Non lo ascoltai, mi voltai e corsi via. Lacrime calde cominciarono a scendere lungo le guance fredde.

-Aspetta, Sherry- Algol mi ricorse, i passi che rimbombavano sul pavimento. Non mi fermai, non mi potevo fermare al suo richiamo.


NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao!

Cosa ne pensate del colpo di scena?

A presto

Baciami, poi ti spiego (a Cinderella story)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora