20. DALLA FINESTRA

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C'era un posto dove mi nascondevo quando ero triste. Lo studio di mio padre. Ero rannicchiata sul tappeto, un libro stretto in mano e la luce della luna che filtrava dalla finestra illuminava le parole sulla carta. Avrebbe potuto essere una serata come molte altre, ma quella volta non riuscivo ad andare oltre la prima riga. Le parole si accavallavano e perdevano il loro senso. Il mio pensiero continuava a volare ad Algol, alla sua mano che indugiava, ai suoi occhi viola su di me, come se volesse accarezzarmi in quel modo. Scossi violentemente la testa e mi posai una mano sul viso, che ritrassi subito, sorpresa. Ero bollente. Non riuscivo proprio a comprendere cosa mi stesse succedendo... io dovevo odiare Algol, le nostre famiglie erano nemiche... e poi Algol era inaffidabile. Giusto Anne poteva frequentarlo. Una vocina in fondo alla mia mente mi sussurrava che tutti gli uomini erano inaffidabili. Perfino mio padre. Non lo sentivo da giorni... però sapevo che chiamava sempre Megan. Cercai di scacciare questo pensiero.

Un colpo mi fece sobbalzare. Lasciai cadere il libro, che affondò nel tappeto con un suono sordo. Stava arrivando qualcuno. Mi affrettai ad appiattirmi contro il caminetto, nella speranza di essere nascosta nella sua ombra. Restai in silenzio, tra gli alti scaffali pieni di libri e la grande scrivania. Il colpo si ripeté qualche istante dopo. Non proveniva dal corridoio, compresi, ma dalla finestra. Qualcosa stava sbattendo sul vetro. Uscii dal mio nascondiglio e mi alzai. Fuori non sembrava esserci vento. Mi avvicinai con attenzione alla finestra e scostai le tende. Qualcosa si mosse, una figura dalle fattezze umane. Un brivido gelido mi corse lungo la schiena, poteva...

-Sher-

Mi bloccai. Conoscevo quella voce. Oh, come la conoscevo! E la odiavo pure!

-Sher!- un brivido mi scosse.

Algol. Ma cosa ci faceva lì? Un'esplosione nel petto... di cosa non avrei saputo dirlo.

-Sher, dai, so che sei là dietro... non avrai paura che ti mangi, vero?-

Una frase sciocca, ma adatta a un lupo. Restai immobile. Non volevo parlargli, non capivo cosa ci facesse lì. Non gli era bastato ferirmi?

-Sher, ti affacci oppure devo venire su io?- la voce era determinata.

Non risposi. Non sarebbe salito fin su.

-L'hai voluto tu-

Uno strano rumore mi convinse che, forse, la cosa non era tanto assurda. Poco dopo Algol era accucciato sul davanzale esterno e batteva una mano, il palmo aperto, contro il vetro della finestra, facendolo vibrare. –Sher? Ora ci credi?-

Fui scossa da un brivido. I suoi occhi viola ardevano nel buio. –Cosa vuoi?- gli chiesi, furiosa.

Algol mi sorrise dietro il vetro. Sembrava un predatore in gabbia. No, non solo lo sembrava, lo era. No, era un principe... oscuro come le ombre che lo avvolgevano. Sembrava che fosse stato strappato direttamente da un incubo. –Apri, non mi vorrai far stare qua fuori in bilico sul nulla, vero?-

Incrociai le braccia. –Perché no?-

-Se dovessi cadere, cosa succederebbe? Tutti saprebbero che ero qua per te... lo urlerei a tutti- sostenne, la voce ipnotica.

-Certo, se tu fossi ancora in grado di urlare- sospirai, poi mi decisi e aprii la finestra. Stavo facendo entrare il mio incubo. A mio rischio e pericolo. Un brivido gelido mi percorse la schiena. Dovevo mantenere la calma.

Algol balzò dentro, elegante come un gatto. Indossava una felpa e un paio di pantaloni, entrambi neri. Sembrava più trascurato rispetto al solito.  Fece un profondo inchino. –Voilà!-

-Non sei spiritoso- controbattei. Il cuore mi batteva forte. Cosa dovevo fare? Avrei dovuto spingerlo fuori. Oppure tirargli il libro in testa. Il ricordo di Algol che sfiorava la coscia di Anne si fece di nuovo strada nella mia mente. Lo scacciai con difficoltà, ma lasciò dietro di sé una strana sensazione di fastidio e di qualcosa che non sapevo definire.

Baciami, poi ti spiego (a Cinderella story)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora