65. SOTTO LE STELLE

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Percorsi rapidamente la sala gremita di persone, il loro sguardo che s'incollaca su di me. Spinsi le porte a vetro, quelle stesse porte in cui mille volte mi ero scontrata con Algol.

-Sher, mi ha ingannato!- urlò lui.  Disperato.

Volevo credergli, non desideravo nulla di più che credergli. Non importava comunque. Continuai a correre. La caviglia, traditrice, cedette all'improvviso, mentre scendevo le scale. Lanciai un grido e atterrai sulle ginocchia. Le sentii bruciare. Mi sforzai di tirarmi su, nonostante il dolore alla caviglia. Vidi solo in quel momento, con gli occhi che mi bruciavano per le lacrime, che il mio piede era scalzo. La mia scarpetta era a qualche metro da me, in fondo alla scala.

-Sher, stai bene?- sentii Algol chinarsi al mio fianco. Il suo respiro s'infranse contro la mia guancia, facendo formicolare la pelle.

-Non lo so- gemetti, con la voce che mi tremava. Era vero, non sapevo come stavo.

-Ti sei storta la caviglia?- Algol mi cinse la vita con un braccio e mi aiutò a sollevarmi. Io traballai, sentendomi avvolta dal calore del suo tocco. Avrei voluto correre via, ma sapevo di non potermi muovere con una caviglia che non mi sosteneva. Lasciai che mi accompagnasse poco distante, che si chinasse, che mi tastasse la caviglia, come se fossi una povera e indifesa fanciulla.

-Perché non torni da lei?- chiesi, debolmente. Volevo risultare provocatoria, invece fui solo patetica.

-Perché io non voglio tornare da lei... Anne mi ha seguito in bagno e mi ha baciato... possibile che tu sia così sciocca, che tu non capisca la verità? Lei vuole dividerci!- era furioso.

-Sciocca?- domandai –Io non sono sciocca!- lo spinsi via.

Lui si sorprese e arretrò di qualche passo. –Sher, ti prego, ragiona... -

-Addio- scesi, zoppicando per i gradini. Avevo un doloroso groppo in gola e la testa mi girava. Non mi voltai per vedere cosa stava facendo Algol, non volevo guardarlo in faccia, perché questo avrebbe indebolito la mia decisione. Non potevo cedere, non dovevo cedere. Non mi fermai neppure per recuperare la mia scarpetta. Non ne avevo voglia. Procedetti con un piede scalzo, il leggero tessuto dei collant che lo divideva dalla terra. Era tutto finito.

Non arrivai molto lontana. Semplicemente le gambe non mi ressero e stelle brillanti iniziarono a scoppiarmi davanti agli occhi. Io non ero la bambola viaggiatrice. Io non sapevo viaggiare. Mi lasciai cadere su un muretto, lo sguardo rivolto verso l'alto, a cercare rifugio in quelle stelle brillanti che sembravano così indifferenti al destino umano. Come potevano brillare davanti al mio cuore spezzato?

E poi sentii dei passi. Non dovetti voltare la testa per sapere che era lui. Algol.

-Lo sai cosa penso?- chiese piano.

Non risposi. Non volevo rispondergli, non volevo farlo sentire ascoltato o compreso.

-La nostra storia è eroica, catastrofica, uccide, fa a pezzi, distrugge qualsiasi cosa trovi, ma noi siamo sempre qua, sempre insieme, sempre perfetti l'uno per l'altra, lo saremo per sempre, fino alla fine dell'eternità- esclamò, venendo a mettersi di fronte a me –non sai da quanto tempo ti guardo, da quanto tempo ti desidero... la nostra storia non guarda in faccia nessuno, non si ferma di fronte a nulla-

-Non è normale- sussurrai.

-Pensi davvero che l'amore debba essere da fiaba per essere perfetta? Non sei così ingenua, Sher, non la sei proprio... e poi non si scriverebbero i romanzi d'amore se l'amore fosse semplice... sono le coppie come noi che vengono ricordate, non i piccioncini che vanno sempre d'accordo- la voce gli mancò –noi siamo eterni-

-A volte però vorrei che fosse un po' più semplice, sai?- sussurrai, gli occhi che mi bruciavano per la tristezza.

-Le cose migliori non sono mai semplici- insistè.

Aveva ragione, ma non potevo sopportare. Forse c'era qualcosa di sbagliato in me, forse...

Algol alzò una mano. Nello stesso istante mi resi conto di essermi tagliata il dorso della mano. Sangue vermiglio sulla pelle bianca. Alzai lo sguardo e vidi la ferita rossa spiccare sulla sua pelle pallida, come un ghigno. Era nello stesso posto in cui c'era la mia. Era come se ci passassimo i dolori, un simbolo della nostra simbiosi.

-Io sono te, tu sei me, Sher, devi comprenderlo-

Scossi la testa. –Non è vero- mentii. Noi due eravamo la stessa cosa, lo sapevo fin troppo bene.

-Sì, invece- avanzò –siamo la stessa cosa, Sher-

Aprii la bocca per protestare, ma non ci riuscii. Algol mi precedette, tappandomela con un bacio. E io persi il contatto con la realtà. Ci baciammo sotto quel manto brillante di stelle come se nulla al mondo esistesse a parte noi. Quando ci staccammo vidi il suo sguardo brillare. E io mi sentii piccola e sciocca. -Voglio andare via- sussurrai, solo andarmene.

-Va bene... entro, prendo la giacca e ce ne andiamo, okay?-

-Sì- sussurrai, volevo solo andarmene. Lasciai che mi desse un leggero bacio sulla fronte, poi si alzò e si allontanò.

Mi alzai e attesi Algol, il cuore sussultante. Sarebbe andato tutto a posto. Non avrei più dovuto vedere Anne, sarei stata felice, sì, finalmente... un fruscio. Mi voltai, il cuore schizzato in gola, perché avevo proprio la sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato in quel momento.

-Buona serata, Sherry- esordì Tim, sorridendomi. Mi ritrovai a fissarlo. Alto, bello, pallido. Un brivido mi percorse la schiena alla vista delle sue labbra piegate. Il suo non era un vero sorriso, no, sembrava la parodia di un sorriso. Più mi sforzavo e meno capivo perché desiderassi solo voltarmi e correre via, perché all'improvviso avessi gettato via tutta la mia buona educazione. Indietreggiai, malferma sulle gambe. Il cuore mi batteva forte, tanto che temevo che mi sarebbe uscito dal petto. Algol, in quel momento avrei voluto avere Algol con me. E fui fulminata da una consapevolezza. Ora sapevo perché quel sorriso mi metteva i brividi, perché io lo avevo già visto su un'altra persona. Era lo stesso sorriso di Algol. Le ginocchia mi tremarono. Dovevo andarmene. L'urgenza mi faceva stare male.

-Sei molto bella questa sera- disse Tim, lo sguardo che scivolava lungo il mio corpo. Quegli occhi erano opprimenti, sembravano volermi divorare. Li avevo già visti. Sì, era lui che era entrato, quella notte ormai lontana, nella mia soffitta.

-Ehm, grazie... scusa, ma ora devo andare- dovevo correre via, dovevo raggiungere Algol.

-No, credo che tu non andrai proprio da nessuna parte- mi rispose Tim, il tono tranquillo di sempre.

-Ma io... - valutai le possibilità. Una voce mi urlava di correre via. Dubitavo però di potercela fare. Io non ero allenata. Non ebbi comunque tempo di riflettere. Tim mi si avventò addosso.


NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao!

Siamo arrivati a una svolta.

A presto

Baciami, poi ti spiego (a Cinderella story)Where stories live. Discover now