30. LA FOTOGRAFIA

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La giornata scolastica trascorse lentamente, tra le chiacchiere di Sarah e le domande di Naomi, che doveva assolutamente sapere ogni cosa sulla sparizione di Betty. L'unica nota di colore fu Algol, un incontro fuggevole, sempre sotto le gradinate.

-Sei pallida- mi disse lui, diretto come sempre. In lontananza si sentivano le urla dei giocatori di football.

-Sono stanca- gli risposi, appena un sussurro. Era una bugia e lui lo comprese.

Algol inclinò leggermente il viso e mi strinse a sé. Io affondai in lui, bisognosa di sentire la sua calda presenza. Sarebbe stato così per sempre? Io e lui...  un legame che ci stringeva, che rischiava forse addirittura di soffocarci.

Arrivai a casa abbastanza presto, visto che ero riuscita a saltare la lezione di ginnastica adducendo come scusa un terribile mal di testa. E poi lo vidi.

Mio padre era fermo sulla soglia. Mi bloccai, come se improvvisamente le mie gambe non ubbidissero più, come se fossi una statua. Non era possibile. Osservai il suo viso ovale, un po' troppo lungo, le labbra sottili, il naso a punta, i ridenti occhi azzurri. Indossava una delle sue camicie bianche e un paio di pantaloni neri. Per un attimo il mondo smise di girare e il tempo si fermò. Il mio cuore barcollò e lo stomaco divenne di ghiaccio. Mio padre. Era bello vederlo, dopo tutto quel tempo. Mi ero ripromessa che sarei stata dura, che non mi sarei più comportata come una bambina. Purtroppo non ci riuscii così. Forse era per quello che il mio rapporto con Algol era... sbagliato -potevo usare questo termine?- , il rapporto con il primo uomo della mia vita era... beh, meglio non pensarci.

-Non mi saluti, principessa?- allargò le braccia, come quando ero piccola e ingenua.

Il mio corpo reagì. Mi lanciai in avanti e lo strinsi forte a me. Lui mi sollevò e mi fece volteggiare in aria.

-Come stai?- mi chiese.

-Senza di te come il gatto di Schrondiger, né viva né morta- ammisi... e poi mi ritrovai a pensare che provavo la stessa cosa anche quando non c'era Algol... ero un caso disperato.

-Anch'io, principessa- strizzò l'occhio. Potei intravedere in quell'uomo qualcosa di Algol? Nelle pieghe del carattere di mio padre, c'era un barlume di Algol, un suo riflesso? Ingoiai le lacrime e il nodo che mi stringeva la gola. -Non puoi sapere quanto sono felice di vederti!- proruppe.

-Il lavoro come va?- improvvisai.

-Bene, anche se c'è stato un piccolo intoppo... che ne dici di parlarne davanti a una buona cioccolata?-

-Certo!- era proprio quello che volevo.

Il vecchio locale era pieno di clienti, come sempre. Prendemmo posto a un tavolino vicino all'ampia vetrata che dava sul giardino interno.

-Come procede la scuola?- esordì, dopo aver ordinato due tazze maxi di cioccolata con panna, insomma, quello che prendevamo di solito.

-Bene- cosa potevo raccontargli? Le cose più interessanti dell'ultimo periodo erano top secret.

-Anne ha vinto un premio come cheerleader- disse, un sorriso incoraggiante sulle labbra.

-Un anno fa- gli risposi infastidita. Perché si doveva sempre parlare di Anne?

-Ah, sì- cercò di recuperare, ma io lo precedetti, iniziando a parlare delle lezioni. Normalmente era un terreno abbastanza sicuro.

Fu solo quando la cameriera posò le tazze davanti a noi che decisi di agire.

-Cosa sai dirmi di mamma?- gli chiesi di punto in bianco.

Per poco la cioccolata non gli andò di traverso. -Di tua madre?- borbottò.

Baciami, poi ti spiego (a Cinderella story)Donde viven las historias. Descúbrelo ahora