Prologo

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Fissavo le mie unghie. Corte, con del sangue e residui di pelle sotto. Non avvertivo nessun dolore, ci avrebbe messo ancora un po' ad arrivare. Quindi affondai con i denti. Ah, eccolo finalmente. Dio, sì, liberami dai pensieri.


Aprii la porta di casa e feci passare Roby e Meringa. La prima, coi suoi movimenti goffi e ingombranti, fece innervosire l'altra, che la superò andando a controllare in balcone se ci fosse già la sua cena nella ciotola. Mio fratello Francesco, il secondo, di una decina d'anni più grande di me, guardava un documentario sugli animali in tv seduto sul divano. La tavola era già apparecchiata nel tinello.

Non mangio», comunicai a mia madre mentre versava il contenuto della padella nei piatti. Si girò a guardarmi con aria sconfortata, da lì poteva vedermi mentre tiravo dritta per andare in camera.

«Perché? Ho preparato ...»

«Mi dispiace ma ho un forte mal di testa», e imboccai il corridoio.

Mi cambiai alla svelta mettendomi il pigiama, con il terrore che qualcuno potesse entrare all'improvviso mentre ero ancora mezza nuda e trovarmi quei segni addosso. Mi infilai nel letto e li andai a cercare di nuovo. Segni di denti, segni di unghie. Piccoli tagli, ematomi, lividi.

Rimasi un'oretta imbambolata a letto, cercando di non fissare continuamente il cellulare che speravo squillasse, così da poter rimproverare con soddisfazione me stessa per essermi sentita senza motivo inutile e priva di valore per l'ennesima volta.

Mia madre bussò appena, entrando subito dopo in camera. Aveva un vassoio in mano con sopra una tazza di caffelatte e dei biscotti su un piattino. Le sorrisi grata di quel gesto, ma mi richiusi di nuovo in me stessa appena provò a chiedermi spiegazioni per il mio umore. Se ne andò via più triste di quando era entrata.

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