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20 dicembre 2000

Il giorno successivo andai a scuola, ma avevo già deciso che non sarei andata alle prove. Avrei evitato anche di salutare Keira che sarebbe partita per andare in Toscana da suo marito. Andava anche Damien? Non ne ero sicura ma supponevo di sì. O si sarebbe certamente trovato qualcuna con cui passare il Natale.

Flavia mi stava raccontando, durante la ricreazione, cosa era successo in sala prove durante la mia assenza. Ci raggiunsero Sara e Germana che riempirono di particolari l'accaduto.

In poche parole erano andate tutte contro Milena, tranne Gisella che, secondo Flavia, era a conoscenza delle sue intenzioni. Germana e Sara non erano d'accordo, Gisella non avrebbe mai fatto vedere un video in cui si esaltasse la mia bravura, era troppo invidiosa. Keira aveva detto la sua: Milena si era comportata male, non si sarebbe mai dovuta permettere di far vedere quel video a nessuno, non aveva avuto spirito di squadra.

«Ah, poi senti, ha detto che nella nostra vita incontreremo sempre persone più talentuose di noi e che dobbiamo averne stima e rispetto, non metterle in difficoltà», ridacchiò Germana. «Praticamente l'ha massacrata!»

Non mi sentivo di essere migliore, vedevo in ogni compagna tante di quelle qualità che io non possedevo da sentirmi inferiore a tutte. Questo continuare a parlare della mia bravura in canto o in ballo mi sembrava così fasullo che ne avevo la nausea.

Tornando a casa da sola ebbi un po' di tempo per riflettere. Pensare di aver discusso con Damien sarebbe stata una cosa esilarante, se avessi avuto voglia di ridere. L'attore che mi attraeva più di chiunque altro al mondo era arrivato dagli Usa, me ne ero profondamente innamorata, per poi discuterci tanto da farlo arrabbiare e andare via. Ero stata favolosa. Ma tanto quello era il degno finale di una storia che non avrebbe mai avuto un lieto fine.

Avevo due settimane per capire se continuare ad andare oppure no. E nel caso avessi scelto di farlo, avrei partecipato alle coreografie o mandato tutto all'aria? Quei quindici giorni sembravano lunghi in quel momento, ma sarebbero volati e mi sarei ritrovata senza una decisione.

«Tutto bene?» sentii chiedermi.

Mi accorsi di avere di nuovo la testa tra le mani e il viso bagnato dalle lacrime.

«Tieni», e la giovane donna seduta accanto a me mi porse un fazzolettino di carta.

La ringraziai piano.


Il giorno dopo non andai a scuola, erano iniziate le vacanze di Natale con un giorno di anticipo grazie a uno sciopero generale. Saltai anche le prove da Irma's, il mio stomaco si contorceva al solo pensiero. Rimasi chiusa in camera, rannicchiata sul letto, con le dita ripercorrevo i solchi lasciati dai tagli della sera precedente all'altezza delle anche, sotto gli slip. La pelle gonfia, sicuramente arrossata, aveva bisogno di essere disinfettata. Così evitavo di guardare, le mani nei pantaloni del pigiama mi accarezzavano piano. Un leggero pizzicore, in alcuni punti un dolore pulsante, mi ricordavano di quei momenti di pace vissuti, del silenzio nella testa. Il cervello libero che si doveva occupare di altro, del corpo, e non dell'anima. Ne avevo ancora voglia, quasi smania, però mia madre stava girando per casa e dovevo controllarmi. Oltretutto la parte vigile del mio cervello mi teneva a freno, tagliarmi era un lusso che potevo concedermi di rado. Le cicatrici non andavano via come gli ematomi che mi procuravo picchiandomi, solitamente in momenti in cui la lucidità mi abbandonava, rimanevano lì per sempre. Erano quindi ben posizionate, la maggior parte sulle gambe, accanto ad altre dovute a cadute da bambina. Mi tagliavo con coscienza e oculatezza, quando anche il senno dava ragione alla follia.

Liberi di viaggiare, i miei pensieri arrivarono a Marzio. Come aveva potuto lasciare che Dari mi trattasse in quella maniera sputtanandomi davanti a tutti? Perché Dari aveva quel potere su di lui? Era solo il rappresentante della società che si occupava di organizzarlo, si sarebbe dovuto occupare degli invitati, della location, dei vestiti, della pubblicità. Perché poteva mettere parola sulle canzoni, su cosa fosse giusto o sbagliato, su cosa dovessimo fare? I suoi non erano consigli, erano ordini, e Marzio non batteva ciglio, come se fosse alle sue dipendenze. Col trascorrere del tempo sembrava che passasse tutto nelle mani di Dari. Che mi odiava, oltretutto.


Trascorsero i giorni e arrivò la Vigilia. Da lì ci fu un susseguirsi di pranzi e cene per tre giorni e nonostante l'umore poco natalizio, non ebbi tempo per pensare e piangermi addosso. Un giorno mangiai così tanto torrone al gianduia con nocciole tostate che dovetti punirmi per averlo fatto. Persi il controllo e i segni sulle gambe mi rimasero per almeno una settimana. Nessuno se ne accorse, l'inverno e i suoi vestiti mi erano amici.


Superato il Natale c'era lo scoglio del Capodanno. L'avrei passato volentieri a casa da sola ma mia madre non me l'avrebbe permesso e avrebbe rinunciato a una delle poche serate danzanti che si concedeva con mio padre durante l'anno. Lele mi aveva proposto di andare con lui e gli altri del gruppo a casa di un nostro conoscente ma non ne avevo alcuna voglia. Di sicuro ci sarebbe stato qualcuno che mi avrebbe chiesto di Enea e non intendevo pensarci. Flavia e Viviana andavano in un locale, insieme ai loro fidanzati e altri tizi, ma declinai anche quell'invito, le mie amiche mi avrebbero ricordato troppo Damien e la situazione dalla quale volevo scappare. Scelsi invece di andare a casa della mia amica Stella per un pigiama party con lei e Gaia. Erano le altre mie amiche storiche, quelle che mi avevano accompagnato nella crescita. E durante le poste al trentacinquenne.

Con mia sorpresa a casa di Stella trovai anche il fratello con un altro paio di amici. Lì per lì rimasi spiazzata, non ero dell'umore giusto per far finta di essere di compagnia, e avevo proprio sperato di non doverlo fare quella sera con degli estranei. Mi ricredetti dopo dieci minuti, si dimostrarono molto simpatici e passammo la nottata a ridere semplicemente facendo degli stupidi giochi in scatola. Erano mesi che non stavo così bene. Mi sentivo libera, senza pesi addosso, non pensavo a nulla. Non dovevo dimostrare nulla.

Verso le 6 di mattina andammo a letto, felici. Circa un'ora prima avevamo fatto colazione insieme con latte e pandoro e poi i due ragazzi erano andati via. Gaia e Stella si addormentarono quasi subito, esauste. Io diedi un'occhiata al cellulare che avevo lasciato sulla scrivania in camera, per controllare se ci fossero dei messaggi di auguri ai quali avrei risposto con grande ritardo.

Ne avevo un paio dai miei fratelli, qualcuno dalle ragazze del coro, Lele, Patrizio e poi Viviana che mi salutava anche da parte di Flavia. Ce n'era poi uno da un numero non registrato, pensavo fosse pubblicità o qualcuno che ubriaco avesse sbagliato destinatario.

Buon Anno Nuovo. h. 00,01

Un tuffo al cuore. No, non dovevo illudermi, non era lui.

Anche a te. Ma non so chi sei. h. 06,07

Misi per terra il cellulare. Chissà se e quando mi avrebbero risposto per togliermi il dubbio, erano passate così tante ore dall'arrivo del suo messaggio. No, non dovevo avere nessun dubbio, non era lui. Chiusi gli occhi con l'intento di dormire qualche ora, prima di andare via.

La notifica dell'arrivo di un sms me li fece sbarrare. Sentii Gaia farfugliare qualcosa. Ripresi il cellulare in mano e tolsi subito la suoneria per non disturbarla. Poi, piano piano, andai a controllare il messaggio ricevuto. Stesso numero. Ok, si staranno scusando dell'errore.

Sono il migliore allievo di baci che

tu abbia mai avuto. h. 06,08

Rimasi senza respiro. Chi gli aveva dato il mio numero? Flavia.

Mentre il cuore mi batteva all'impazzata e il cervello sbraitava compiti ai vari organi per farli funzionare correttamente, nessuno badava alle mie mani che inviarono questo messaggio:

Ah, allora sei un allievo del primo livello,

ero sicura di aver lasciato il numero solo a

quelli dei corsi intermedi o avanzati. h. 06,08

Passarono un paio di minuti durante i quali rimasi a guardare il telefono come una scema. Cosa avevo scritto? Perché dovevo spingermi sempre troppo in là?

Un altro sms.

Posso prenotarmi per gli altri corsi? h. 06,10

Mi dispiace, sono tutti pieni. h. 06,10

Non scrisse più nulla. O si era stancato o avevo esagerato o era stato distratto da altro. Da un'altra.

Ovviamente non riuscii più a prendere sonno.

Rimasi sdraiata nel letto. Le mie amiche dormirono per qualche ora mentre io pensavo a Damien, ai momenti belli passati a parlare, alla sua bocca troppo vicino alla mia e a quanto facilmente perdessi la connessione con la realtà ogni volta che mi lasciavo trascinare dalle emozioni. Avrei solo sofferto, più di quanto non soffrissi in quel momento.  

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