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L'ansia si mischiava a un senso di sollievo che veniva però sopraffatto dalla disperazione di perderlo. Stavo semplicemente anticipando le cose, cercavo di convincermi. Avrei solo allungato l'agonia, non sarei mai stata in grado di vivere bene la sua vicinanza. Quella settimana l'avevo passata continuando a ripetermi che più ritardavo l'addio, più sarebbe stato impossibile superarlo. Oltretutto dovevo rispettare tutti quelli che avevano lavorato a quel progetto e le mie compagne dovevano avere il tempo necessario per imparare al meglio le mie parti. Avevo già sbagliato a non ritirarmi all'inizio, ero stata egoista sapendo che non sarei riuscita ad andare avanti fino alla fine. La storia delle coreografie era solo un pretesto, mi aveva aiutata a fare chiarezza. Ero quasi in debito con Milena da questo punto di vista. Non riuscivo neanche ad avercela con me stessa per averci provato, il che era strano. Vivevo una sensazione di apatia e calma che non mi si addicevano. Ero triste, sì, anzi distrutta, ma stavo andando incontro a una cosa inevitabile, a testa bassa.


Lunedì 8 saltai di nuovo la scuola. Non avevo voglia di affrontare le mie compagne, mi avrebbero fatto mille domande sulla mia decisione circa le coreografie. Avrei dovuto raccontare la verità, cioè che non avevo intenzione neanche più di cantare e non mi sembrava giusto farlo prima di parlare con Marzio. Durante le feste ero stata molto evasiva anche con Flavia e Viviana, stando attenta a non accennare alla visita di Damien. Avrebbero perso tempo a fare congetture su di noi e non avevo le forze per starle a sentire mentre dentro mi sentivo morire. Era vero, mi aveva chiesto di vederci comunque, ma ci credevo? No.

Decisi di andare direttamente da Irma's verso le 15, a quell'ora diverse compagne sarebbero state già lì ma non tutte. Damien probabilmente sarebbe arrivato dopo una mezz'ora e, se avessi avuto per una volta fortuna, sarei riuscita a parlare con Marzio senza incontrarlo. In fondo dovevo entrare, andare dritta in sala prove e parlarci cinque minuti al massimo. Anzi meno. Non c'era tanto da discutere, dovevo comunicare la mia scelta, scusarmi per il disagio arrecato, girare i tacchi e andare via. Ce l'avrei fatta. Magari per evitare di incontrare per strada Damien al ritorno sarei potuta andare nella direzione opposta e trovare un autobus che facesse un giro diverso ma che mi riportasse a casa comunque. Sì, avrei fatto così.

Varcato il cancello con il cuore che batteva all'impazzata, puntai dritta alla porta d'ingresso quasi la dovessi sfondare. Non potevo tentennare.

«Ciao! Sei tornata!» Vidi Steve uscire dalla sua auto, parcheggiata accanto a quella di Marzio.

Mi bloccai a un paio di metri dalla porta. Non avrei voluto essere interrotta in quel cammino verso la liberazione e al tempo stesso la perdita devastante.

«Sì beh», a lui potevo accennarlo, «ma non per molto.»

Steve mi guardò, la testa leggermente reclinata, mani sui fianchi e gambe divaricate. Aspettava che continuassi.

«Ero giusto venuta a dire a Marzio che lascio... lascio perdere. Tutto.» Continuò a guardarmi fisso e annuì pensieroso. Non aveva l'aria di rimprovero ma non era neanche allegro come al solito. Non poteva esserlo, gli stavo creando un grosso problema. Provare di nuovo tutto da capo con le altre non sarebbe stata una passeggiata.

Attesi qualche secondo per essere sicura che non volesse dirmi nulla, poi vedendolo assorto nei suoi pensieri decisi di affrontare quei due metri che mi mancavano per entrare. Al primo passo mi bloccai. Avevo udito bene? Mi girai di nuovo verso Steve con gli occhi spalancati.

«Sta morendo», ripeté.

«Come? Chi?» Senza accorgermene mi avvicinai a lui.

«Se viene a sapere che te l'ho detto mi ammazza.» Si sentiva i miei occhi fissi addosso che non gli davano scampo e guardava incerto intorno a sé, non sicuro se continuare. Poi tornò a fissarmi. «Ok, fanculo. Sta morendo. Marzio sta morendo. Ha un cazzo di tumore che se lo sta mangiando vivo e lui non sta facendo niente per curarsi perché... tanto è inutile. Almeno così dicono. O così dice lui.»

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