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Ma che cazzo mi era passato per la testa?

Glielo avevo preso in mano fino a farlo venire! Una pazza ero, ecco cosa. E se non fosse successo? Se non fosse venuto perché non gli piaceva? Pensa che figura di merda che facevo. Avrei dovuto continuare provando altro ma io, che rompevo tanto le palle con questa storia che non volevo baci, potevo andare oltre? Oddio, non avevo una spiegazione per quello che facevo. Mi partiva la testa e via. Eppure non ero neanche completamente partita, io sapevo benissimo quando fermarmi. Non gli avrei mai permesso di toccarmi il seno o baciarlo o perlustrare la zona più intima. Non ci sarebbe stata più possibilità di ritorno, non sarei riuscita a giustificarmelo, probabilmente avrei avuto un orgasmo prima di accorgermene, come era successo a lui. Sapevo che avrei smesso appena lo sentivo andare oltre. Però io, invece, avevo potuto prenderglielo in mano. Che cazzo di testa avevo?

Dio, per fortuna che era imbarazzato più lui di me in macchina e più lui lo era, più io mi sentivo forte e sicura. Ma il giorno dopo che sarebbe successo? Ne avrebbe voluto parlare? Avrebbe desiderato farlo di nuovo? Magari. No, che magari. Sì, magari. Oddio, era stato così eccitante, non potevo crederci di avergli fatto una cosa del genere. Mi misi a ridere. Dovevo essere pazza.

Gli avevo anche detto che avrei leccato il suo sperma via da me. Una principessa, proprio. Però quasi, quasi... solo per sapere che sapore aveva. Mi guardai il braccio con lo sperma secco e mi riaffiorò un sorriso sul viso. Dio, quanto era stato eccitante. Sentirlo diventare duro mentre mi strusciavo, i suoipantaloni leggeri non avevano ostacolato né sensazioni né movimenti. Le sue mani sul sedere, la lingua che scendeva giù fino al seno.

Niente, dovevo rimediare o non avrei mai dormito.


23 aprile 2001

Avevo avuto un sorrisetto sul viso per tutta la mattina, ma uscendo da scuola ebbi un attimo di esitazione, incerta su come lo avrei trovato. Se, lo avrei trovato.

Era al suo solito posto, camicia rosa aperta su una t-shirt bianca. Cercai di avvicinarmi senza fare espressioni eloquenti e lo studiai.

Mi salutò sorridendo, l'imbarazzo della sera prima era sparito.

Quando entrai in macchina, mi guardò la mano destra in cerca dell'anello.

«Già lo hai tolto?» Lui lo indossava ancora.

«Volevi che lo tenessi oggi a scuola e alle prove in teatro? Vuoi buttarci in pasto agli squali?» aggrottai la fronte.

«Non capisco perché toglierlo per gli altri.»

«Forse abbiamo delle culture diverse. Qui da noi, in Italia, se due persone si mettono degli anelli tipo questi, equivale a mettersi una fedina. Sono cose da fidanzati,» spiegai come se parlassi a un aborigeno di un'isola remota del Pacifico, «non fidanzati nel senso che sono già promessi sposi ma è come se fossero una coppia. Tipo me ed Enea prima. Quindi se andiamo in giro con gli anelli, pensano che stiamo insieme. Io dico che ti amo, tu dici che mi ami, per farla semplice.» Mi continuava a fissare. «Sarebbe una conferma di qualcosa che pensano ma che non è vera. Non potrebbero mai credere che le hai prese solo perché pensi che io sia un'assassina neanche se glielo giurassi su mia madre. Quindi, ce l'ho con me perché lo adoro, ma se lo mettessi davanti agli altri mi sembrerebbe di voler portare avanti una bugia.»

Il suo sguardo era ancora fisso e non aveva accennato a partire.

«Ok», presi l'anello che tenevo nel portafoglio e lo indossai.

Accese la macchina e partì con un mezzo sorriso sulle labbra.


Odiavo la pasta al sugo, ma avevo finito le ricette racchiuse nell'enciclopedia delle ricette presente nel mio cervello, composta da un volume di due pagine scritte grandi.

GinevraWhere stories live. Discover now