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5 dicembre 2000

«Questo sabato?» ero alla quarta serie di addominali.

«No, non hai ascoltato nulla questi giorni?» Marta aveva il respiro corto per via dello sforzo.

«Venerdì 15 dicembre. La settimana dopo, poi, Keira parte di nuovo, va in Toscana col marito per Natale e ci rimane un po', deve anche girare uno spot in Francia», Fabiana si era arresa lamentando dolori alla schiena.

Continuai in silenzio ad allenarmi, sempre più convinta che Keira e Damien non morissero dalla voglia di passare un'altra serata con noi. Le ragazze si erano fatte prendere dal solito entusiasmo, proponendo agli ospiti americani una cena interamente preparata da loro, da gustare da Irma's. Una scusa per stare insieme senza la presenza asfissiante di Dari.

Nelle ultime settimane, il mio umore era mutato. Quello che mi aveva fatto intendere Damien mi aveva scombussolata e, sebbene non avesse cancellato la mia insicurezza nei suoi confronti, il solo fatto che quella canzone non fosse dedicata a un'altra donna mi faceva stare bene. La gelosia mi aveva annebbiato ogni giudizio. Questo, però, mi aveva solo convinta ancor di più che dovevo continuare a mantenere le distanze prima di combinare qualche casino: se ancora non avevo ricevuto una batosta da parte sua, era solo questione di tempo. Il fatto che si fosse ricordato della canzone nel negozio lo valutavo un particolare ora. Ballare piano il lento e cantarmela quasi sulla bocca, era solo un modo per consolarmi perché, pur non comprendendo il motivo della mia reazione, mi aveva vista turbata. Nulla più. Avevo comunque ragione io, non Flavia o Viviana. Si comportava così per proteggermi e proteggere lo spettacolo dalla mia vulnerabilità.

Perciò, mi ero sforzata di mantenere lo standard qualitativo di canto che avevo mostrato. Certo, con i miei umori vacillanti era difficile, riuscivo giusto a mostrarmi più sicura e rilassata, però spesso fingevo alla grande. E quando notava che non era giornata, Marzio non mi faceva cantare, ormai mi capiva appena mi vedeva varcare la porta della sala canto. Certi giorni arrivavo tranquilla, sorridevo a Damien, parlavo con Keira, scherzavo con le ragazze. Altri, mi sentivo uno schifo e mi vergognavo a farmi vedere, avevo il muso lungo e stavo per conto mio. Non ci voleva molto a capire come sarebbero andate le prove.

Nonostante tutto, quello non era un giorno no. Quel giorno, c'era chi stava peggio di me. Infatti, finita la lezione di ginnastica, rimasi in sala mentre le altre occupavano le docce, insieme a me era rimasta solo Milena che continuava a provare e riprovare una coreografia che proprio non le veniva. L'avevo osservata durante le ultime prove e Mathias le stava particolarmente addosso. In realtà era severo con tutte, ma con lei lo era ancora di più, forse perché aveva insistito tanto per far parte di quel gruppo convinta di fare bene.

Seduta per terra con le spalle al muro la guardavo, sapendo bene dove sbagliava. Aveva un intoppo con una serie di passi che non riusciva proprio a schematizzare e imparare, ma il suo problema più grande era un altro. Mathias le diceva di muoversi in un certo modo e lei esagerava con i movimenti, cambiandoli del tutto.

D'improvviso scoppiò a piangere frustrata e si accovacciò a terra.

Decisi di avvicinarmi, le persone civili fanno così. Non ero una brava consolatrice anche perché non mi piaceva quando gli altri consolavano me. Per fortuna fu lei a iniziare a parlare.

«Non ci riesco! Ci provo ma non ci riesco! Eppure mi sembra di fare quello che dice lui!»

«Non ti innervosire altrimenti non concludi niente!» Che consiglione!

«Ha detto che se non la imparo in fretta è inutile che continuo a fare parte di questo gruppo, le sto rallentando troppo.»

«Lascialo perdere, fa così solo per spronarti. Non dice sul serio e dubito che sia l'unica coreografia che farete. Magari un'altra ti viene meglio.»

«No, era serio», e scoppiò di nuovo a piangere a singhiozzi. Sapevo bene cosa voleva dire non sentirsi all'altezza della situazione, mi si strinse il cuore a vederla così. Continuare a dirle che sarebbe andato tutto bene non avrebbe risolto nulla e io ero la prima a non volerlo sentire.

«Ti aiuto?» Alzò gli occhi speranzosa. «La facciamo insieme, ho visto la coreografia mentre provavate.»

Si tirò subito su in piedi. Mi resi conto che speravo dicesse di no.

Stavo per iniziare ma mi bloccai, andai a chiudere la porta della sala in modo che nessuno ci vedesse da fuori e mi guardai intorno: «Non ci sono le tue telecamere qui, vero?».

«No, no», rispose asciugandosi gli occhi.

«Ok», accennai ai passi che lei sbagliava per capire se dalla mia testa riuscissi a trasferirli alle mie gambe. «Partiamo.»

Iniziai a fare con lei i passi lentamente per poi aumentare di velocità. Era frustrante per davvero, si inventava i passi e i movimenti.

Per Mathias insegnare a quelle ragazze senza una base doveva essere difficile, in così poco tempo e con l'obiettivo di raggiungere un certo livello. Ancora più difficile era insegnare a chi credeva di averla, quella base.

Provammo e riprovammo e lei fu soddisfatta del livello raggiunto, tanto da chiedermi di provare anche il resto insieme. Sperai che le altre ragazze liberassero le docce per avere la scusa di andare e rimandare quella cosa a mai più. Tanto ormai era piuttosto convinta di saperlo fare.

Mise la musica dall'inizio e mi ritrovai a eseguire la coreografia per intero mentre lei ogni tanto si bloccava per poi cercare di recuperare i miei passi. Mi chiese di provare di nuovo e di nuovo, acconsentii. Mi sentivo quasi una missionaria, sapendo di esser ben lungi dall'esserlo veramente.

«Puoi alzarti la maglietta? Così da vedere meglio i movimenti?»

L'accontentai, tirandomela sotto il seno e facendo un nodo. Abbassai leggermente anche i leggings. Poi ci ripensai e feci scendere la maglietta fino a poco sopra l'ombelico, così ero meno esposta a me stessa. Avevo il terrore di specchiarmi e vedere i rotoli di ciccia, sarei entrata in crisi.

«Perché non hai voluto partecipare anche tu? Sei brava, avresti dovuto.»

«Allo spettacolo mi bloccherei, andrei nel panico.» Le feci segno di iniziare.

Trovavo quella coreografia facile, quei movimenti erano spontanei, era quasi impossibile non muoversi così con quella musica sotto. Mi divertii pure, per un attimo ero tornata a fare quello che volevo. Ormai non ballavo più neanche a casa perché quel poco tempo che ci passavo o studiavo o piangevo disperata.

Germana uscì dagli spogliatoi insieme ad altre tre ragazze e ci comunicò che le docce erano libere.

GinevraTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang