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15 dicembre 2000

Ancor prima di aver terminato la manovra, aveva notato, tra le tante già presenti, l'auto di Flavia. Oggi avrebbe cercato di nuovo un contatto con Ginevra, deciso. Aveva fatto passare già troppo tempo.

Mentre chiudeva la portiera, un taxi entrò nel cancello. Ne uscì Keira, che gli andò incontro con un grande sorriso stringendosi addosso il lungo cappotto marrone. Riusciva sempre a metterlo di buonumore.

«Pronto per questa seratina?»

«Ne ho affrontate di più impegnative.»

«Beh, è proprio da queste serate che si esce col sorriso. O col broncio», lo guardò come se gli volesse lanciare un messaggio. «I muri vengono abbattuti, si è più rilassati, si ha più tempo per chiacchierare davanti a tutti  senza dare nell'occhio.»

Sorrise, sapeva dove voleva arrivare.

Entrarono e subito li colpì un gradevole odore di cibo, appetitoso. Si affacciarono in cucina per salutare e, come promesso, lei non c'era. Keira si offrì di aiutare e fu accettata mentre lui fu cacciato via. Arrivò in sala canto e vide che c'era un lungo tavolo messo al centro. Ginevra entrò di spalle dal corridoio, portava sollevato un lato di una scrivania, quella dell'ufficio piccolo, all'altra estremità Simone, con i suoi capelli biondi rasati e l'abbigliamento attillato a valorizzare ogni suo muscolo. Si infastidì, sperava in qualcosa di più intimo.

Non si avvicinò subito e loro non fecero caso a lui finché qualcuno alle sue spalle non disse: «Ecco altre due braccia! Vieni a darci una mano». Si chiese chi fosse quel ragazzo abbronzato e muscoloso, immaginò un altro ballerino. Nel frattempo Ginevra e Simone avevano posato il tavolo accanto a quello già presente in modo da formare una tavolata più lunga. Lei si voltò e lo salutò piano, come al solito, quasi avesse paura di farsi sentire, di dare fastidio. Simone alzò una mano in segno di saluto al quale rispose. Li vide sparire di nuovo nel corridoio mentre il tizio abbronzato lo portò nello stanzino a prendere delle sedie da mettere intorno ai tavoli.

Li rivide tornare col tavolo che c'era nell'ufficio dove erano stati in isolamento per una settimana e gli tornarono in mente quei giorni trascorsi da soli, forse i migliori vissuti fino ad allora. Si avvicinò offrendole aiuto, lei rifiutò e corse di nuovo di là.

La seguì e la trovò nello stanzino a prendere altre sedie. Non disse niente e la imitò. Fecero avanti e indietro un paio di volte prima di veder arrivare altri due ragazzi, uno era sicuramente un ballerino e l'altro era il tizio delle telecamere. Entrambi la salutarono calorosamente con baci sulle guance, presero le ultime sedie e uscirono lasciandoli a mani vuote.

«Ci sarebbe da prendere questa», Ginevra indicò una lunga panca di legno che aveva alle sue spalle.

Si chinò e Damien lasciò scivolare lo sguardo sul suo fondoschiena.

«Mentre tu le guardi il culo, io l'aiuto a prendere la panca, va bene?» Simone gli passò vicino dandogli una leggera spallata.

Non riuscì a dire niente per giustificarsi.

*****

Avevo fatto proprio una bella figura. Eppure mi sembrava di essermi chinata in maniera composta, di certo era abituato a un genere di ragazza più fine e delicata.

«Che fai, ti vergogni? Sei tutta rossa!» mi schernì Simone quando Damien non poteva più sentirci.

«Non deve essere stato un bel panorama.»

«Scherzi? Era rimasto con gli occhi di fuori!» continuò ridendo. «Oggi lo faccio rosicare.»

Lo lasciai ridacchiare, senza chiedergli cosa intendesse.

Sparii in cucina, dove presi le tovaglie di carta colorate e iniziai a sistemarle sui tavoli. Luca, il cugino di Milena, mi aiutò continuando a parlare incessantemente. Era troppo appiccicoso e il suo modo insistente di fare mille complimenti mi stancò subito e presi a rispondergli facendogli battute cattive. Purtroppo sembrava non le capisse e il solo fatto che gli rispondessi gli faceva pensare di poter continuare. Andò così per tutta la preparazione dei tavoli.

Gli altri portarono nella sala le panche dello spogliatoio e anche il divano che avevamo usato io e Damien durante la nostra settimana rinchiusi nell'ufficio di Marzio - la settimana più bella - vicino a quello già presente in sala, andando a formare una specie di salottino.

Alcune ragazze iniziarono a portare degli antipasti a tavola, io presi le bevande in frigo aiutata dal fido Luca che con i suoi apprezzamenti sulla scollatura profonda finì per farmi sentire fuori luogo.

Nel frattempo i ragazzi avevano montato un grande schermo nella sala canto, nella parte opposta rispetto a dove erano posizionati gli strumenti. Lo aveva portato Marzio o uno degli altri della band arrivati da poco. Vedevo anche dei registratori, mille fili e casse. 

«Ci vediamo un bel film, stasera?»

«No, Dari mi ha chiesto di montarlo. Ci servirà più in là per vedere qualcosa.» Marzio stava infilando dei fili avanzati in una busta.

«Tipo?»

«Non lo so. Forse ci vorrà riprendere per poi farci vedere come siamo visti dall'esterno.»

No, questo proprio no.

«A tavola!» urlò Fabiana. Vidi i ragazzi lasciar perdere quello che stavano facendo e muoversi verso il tavolo. Per fortuna che lo schermo era già poggiato sul mobile altrimenti se ne sarebbero liberati lasciandolo cadere.

Io rimasi invece immobile, avevo già difficoltà a mangiare davanti a tutti, il solo pensiero di essere filmata mentre cantavo e poi di dovermi addirittura rivedere era un supplizio che non immaginavo di dover affrontare, mi aveva chiuso definitivamente lo stomaco.

«Dai, che non è niente. Ci farai l'abitudine», Marzio captò la mia angoscia.

«No, Marzio, dubito proprio. Non mi guardo neanche allo specchio, pensa se posso guardarmi mentre canto. Insieme a tutti gli altri, poi. Mi viene da vomitare solo a pensarci.»

«Allora non farlo.»

«Beh, certo, se non ci penso il problema scompare», mi urtai.

«Non è un problema, sei tu che lo vivi come se lo fosse», usò il suo tono pacato.

Misi la testa fra le mani, diventava ogni giorno più complicato.

«Venite voi due? Abbiamo fame!» Alessia era spazientita.

Marzio mi mise una mano sulla spalla facendomi pressione, come per farmi un leggero e brevissimo massaggio.

«Goditi la serata, dai.»

Lo seguii verso il tavolo sperando mi avessero lasciato un posto lontanissimo da Damien.  

GinevraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora