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7 novembre 2000

Il giorno seguente mi lasciarono andare da sola. Dopo la scuola Flavia voleva mangiare un pezzo di pizza e rimanere all'aria aperta seduta su una panchina in un giardino, visto la bella giornata, e Viviana pensò che fosse proprio un'ottima idea. E secondo loro io ero così scema da non capire che si erano messe d'accordo prima per farmi stare da sola con Damien, senza nessuno che girovagasse lì intorno.

Mentre mi facevo l'ultimo pezzo di strada a piedi, sussultavo ogni qualvolta sentivo arrivare un'auto. Se fosse stato lui avrei dovuto declinare di nuovo l'invito.

Arrivai davanti alla porta e notai solo l'auto parcheggiata della signora delle pulizie che mi fece entrare e andò via subito dopo. Ero in anticipo di almeno quindici minuti.

Mi affacciai in cucina tanto per abitudine ma non mi fermai, avevo mandato giù un pacchetto di crackers prima di prendere l'autobus. Non avrei mai permesso che mi vedesse mangiare lì da sola.

Andai direttamente nell'ufficio pur avendo considerato di aspettarlo in sala prove, sarei sembrata più professionale.

Cercai di non pensare ai compiti che dovevo fare per il giorno dopo, quella sera l'avrei passata sui libri. Ma sarei stata qualche ora con lui, cosa volevo di più? Valeva qualsiasi sacrificio stessi facendo per la scuola. Iniziò a riaffiorare il panico per l'incapacità di gestire la sua vicinanza ma mi sforzai di pensare al compito affidatomi e ragionai su come proseguire con la canzone.

Alle 14,30 in punto sentii dei passi e mi voltai verso la porta. Era lui o un serial killer che mi avrebbe fatta a pezzi? Era lui.

«Già qui? Spero di non averti fatto aspettare.»

«No, sei puntualissimo», sorrisi. Mi sentivo quasi calma e a mio agio. Poi mise sul tavolo un altro bicchiere di cartone chiuso.

Disagio.

Silenzio.

Silenzio che si sarebbe prolungato all'infinito se lui non l'avesse interrotto: «Milk-shake al cioccolato».

«Marzio lo adorerà.»

Di nuovo la sua espressione di sconcerto mascherata da un sorriso.

Feci passare un paio di secondi e: «Grazie, ma...».

«... ma dopo lo darai a Marzio,» si mise seduto vicino a me, «immagino sia inutile chiederti perché.»

«Hai ragione», mi veniva da ridere. Cercavo di trattenermi ma lui lo notò e sorrise a sua volta.

Mi venne un dubbio atroce: non stava mica pensando che avessi problemi di stomaco, pancia o qualcosa di indicibile? Rimediai immediatamente.

«Ti ringrazio, sei gentile, ma non c'è bisogno. Con me.» Mi fissò ma io portai subito l'attenzione sul testo da imparare. «Mi stavo chiedendo, tu l'hai ascoltata questa canzone?»

«Veramente no. Ma se a te piace, suppongo anche a me. Abbiamo dei gusti simili, sembra.»

Andai a cercare il cd in sala prove e tornai dopo qualche minuto.

Rientrando mi fece un effetto strano vederlo lì seduto. Era come se lo vedessi per la prima volta, la sua bellezza mi esplose addosso. Avrei voluto mettermi qualcosa di più carino ma nel mio armadio c'erano solo due tipi di abbigliamento: uno per andare a scuola e l'altro per uscire. E nessuno dei due era giusto per venire alle prove. O troppo casual o troppo appariscente. Avevo iniziato a mischiarli ma tendevo a non esagerare per non dargli la pietosa impressione che lo facessi per lui.

Misi il cd nello stereo vicino alla finestra e la musica partì. Sedetti di nuovo sulla sedia accanto a lui senza cercare un contatto visivo per lasciarlo concentrare. Appena terminò la canzone, la feci ripartire da capo utilizzando il telecomando dello stereo che mi ero portata dietro. Lui mi guardò e io mi sentii libera di canticchiare la canzone a bassa voce, senza sovrastare quella del cantante.

GinevraWhere stories live. Discover now